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Riservatezza e social – Siamo davvero tutelati?

riservatezza social

Ti sei mai chiesto quali sono i rischi del web e in che modo potresti proteggerti? In un mondo digitale in continuo cambiamento, quanto vale il consenso degli utenti in confronto ai profitti delle piattaforme?


Riservatezza o identità personale?

Il diritto alla riservatezza consente di proteggere da interferenze esterne aspetti relativi alla sfera privata e difende l’individuo dalla divulgazione non autorizzata di dati personali (nome, indirizzo e numero di telefono) e sensibili (come informazioni mediche, orientamento sessuale, credo religioso e informazioni biometriche).

Ad oggi, la riservatezza è spesso coinvolta nel mondo social, in quanto si ribadisce la crescente importanza della protezione della privacy e la sua vulnerabilità. Infatti, la condivisione pubblica di informazioni personali, come la posizione geografica o la data di nascita, può facilitare pratiche di raccolte dati illecite o violazioni improprie della sicurezza da parte di terzi.

Per questo, il diritto alla riservatezza si sta rinnovando, per sfociare nell’ormai complementare diritto all’identità personale, che garantisce a tutti noi di essere descritti per come siamo e impedisce l’uso non autorizzato di elementi distintivi e attributi personali (come nome, immagine, voce e firma).

riservatezza social
Foto: Altalex.

Esso, quindi, non consiste più nella capacità di fermare i flussi illegittimi di informazioni che ci riguardano, ma nel governarli in modo da vederci attribuiti dati completi e corretti che indirizzino la percezione comune verso la realtà.

Questo cambiamento porta inevitabilmente con sé un ampio mondo di regole e garanzie, per attenuare, e idealmente eliminare, i rischi della rete e i pericoli che comporta l’esposizione ai dati.

Navigare in sicurezza

A volte, accettando di entrare in un social network, concedi al fornitore del servizio la licenza di usare senza limiti di tempo il materiale che inserisci on-line… le tue foto, le tue chat, i tuoi scritti, le tue opinioni […].

Garante privacy.

Come possiamo avere il controllo sui nostri dati?

Il controllo si esercita principalmente in due modi: da un lato, attraverso il diritto degli utenti di sapere quali sono i dati in possesso delle piattaforme e come verranno utilizzati; dall’altro lato, di poter richiedere la loro cancellazione o aggiornamento.

Inoltre, per un sicuro utilizzo dei social network l’utente deve impostare la privacy e avere a disposizione un’informativa completa, che garantisca in via preliminare la trasparenza e la correttezza del trattamento dati.

Risultato di un sondaggio condotto dal Pew Research Center
Il risultato di un sondaggio del Pew Research Center (maggio 2023) sull’autopercezione che gli americani hanno del controllo sui propri dati personali (Foto: Marketing Charts).

L’importanza del consenso

Quante volte ci è capitato di accettare le condizioni delle piattaforme che utilizziamo senza nemmeno leggerle? Di ricevere un’e-mail sospetta per un fantomatico pacco da ritirare? Per non parlare dei link di phishing.

Molto spesso è quindi lo stesso sistema in cui navighiamo che ci incoraggia ad adottare comportamenti imprudenti, mettendo a repentaglio la nostra sicurezza.

A tutela dell’utente e dei suoi dati personali ci sono leggi valide in tutta l’UE, come il “GDPR (General Data Protection Regulation).

Risultato di un sondaggio condotto dal Pew Research Center
Dallo stesso sondaggio emerge che circa un americano su sei accetta le normative sulla privacy senza leggerle (Foto: Pew Research Center).

Secondo questo regolamento, accettare i termini e le condizioni di una piattaforma significa dare il consenso a rendere pubblici i nostri dati, ma con la necessaria specificazione che la disponibilità dei dati on-line non ne legittima il trattamento per qualsiasi finalità.

Ad esempio, non può avere fini promozionali o di vendita senza un esplicito consenso che permetta all’interessato di tutelarsi e autodeterminarsi.

Un noto caso illustrativo ha come protagonista Facebook, sanzionato dal Garante della privacy per aver coinvolto la società Cambridge Analytica in una raccolta non autorizzata di dati personali, per influenzare le elezioni presidenziali americane.

Un brevissimo video esplicativo per recuperare lo scandalo Facebook-Cambridge Analitica.

I rischi per la riservatezza online

Giovanni Ziccardi, professore di Informatica Giuridica all’Università Statale di Milano, educa all’importanza della tutela dei dati personali allarmandoci su quanto sia semplice mettere a rischio la nostra sicurezza online:

È più semplice attaccare il cervello delle persone, per entrare nel loro computer o telefono, che il device informatico stesso.

Giovanni Ziccardi.

I rischi sono dietro l’angolo e vanno dalla discriminazione dell’individuo alla sua “catalogazione”. Dal social scoring (ossia il dare ad ogni individuo un punteggio, che incide sulla reputazione e sull’accesso ai servizi) alla perdita di controllo dei propri dati.

Il fenomeno della discriminazione, per esempio, è alimentato dallo sviluppo di nuove forme di intelligenza artificiale, tra cui la celebre ChatGPT.

Quest’ultima è stata protagonista di scenari discriminatori nei confronti di determinate minoranze, perché il suo algoritmo può essere addestrato a prendere decisioni automatizzate fondate su bias (ossia distorsioni nelle valutazioni).

Ad oggi, è importante costruire una consapevolezza per difendersi dai rischi del web, ma allo stesso tempo è lecito chiedersi quanto si vada realmente incontro agli interessi del singolo utente, piuttosto che ai fornitori dei servizi stessi.

La Corte di giustizia si è pronunciata sul tema, affermando come i diritti fondamentali alla tutela della privacy e dei dati personali debbano prevalere sugli interessi economici del responsabile del trattamento, eppure a volte sembra non essere così.

Un caso esemplificativo ha come protagonista la big tech Meta, sanzionata dal DPC (Data Protection Commissioner) il 4 gennaio 2023 per aver sfruttato i dati comportamentali online degli utenti al fine di mostrare pubblicità personalizzate (strategia del behavioral advertising), vincolandoli ad un’accettazione passiva.

Proviamo a difenderci!

La Corte di giustizia dell’Unione Europea ci consiglia di non sottovalutare i rischi della nostra esposizione online e il GDPR dovrebbe garantire la tutela dei nostri dati: ma davvero tutto gioca a nostro favore?

La trasparenza nei confronti degli utenti è realmente l’obiettivo chiave o viene aggirata in altri modi dalle aziende?

Sono tutte domande da porsi per agire più prudentemente perché, come abbiamo visto, i rischi sulla protezione dei dati personali sono dietro l’angolo, e chi promette di difendere i nostri diritti fondamentali è anche chi li mette ripetutamente a repentaglio per aumentare gli introiti.

È quindi vero che l’esposizione online può compromettere la nostra privacy, ma è da ricordare come il consenso diretto ha e continuerà ad avere un peso, perché la nostra identità è in continuo cambiamento, così come i nostri interessi e preferenze; e nessuno oltre a noi può cedere dati corretti e completi.

Camilla Massa

(In copertina, foto da Tripwire)


Per approfondire, leggi anche In arrivo a novembre versioni di Facebook e Instagram a pagamento, perché e quali sono i costi.

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