È tempo di accorgersi dei diversi problemi del mondo del calcio. Gli ingaggi impressionanti trasformano il gioco in puro business, i ritmi forsennati costringono i giocatori a sforzi straordinari ed il rapporto controverso tra squadre e agenzie di scommesse si rafforza di giorno in giorno.
Un calcio diverso
“La pelota no se mancha”, così disse Maradona alla sua partita di addio: il pallone non si sporca mai. Noi, invece, continuiamo ad inquinarlo.
Il calcio non è più quello di un tempo dove si giocava per la maglia che si indossava: sono scomparse le bandiere, quei giocatori simbolo di intere città. Oggi si gioca ogni giorno, i calciatori sono costretti a ritmi estenuanti e il numero di infortuni è cresciuto vertiginosamente.
Non c’è più l’attesa della partita per una settimana intera: anche il calcio è diventato scontato e ripetitivo. In aggiunta a questo, il gioco viene sottomesso a logiche di profitto sempre più invasive, evidenziate dal rapporto tra le squadre e le agenzie di scommesse.
Oltre 80 partite l’anno
Il calcio, ai suoi livelli più alti, è continuamente alla ricerca di nuovi introiti. Il campo rimane la fonte dello spettacolo di milioni di appassionati, ma dietro si muove la macchina del business.
Pep Guardiola ha invitato i calciatori a scioperare. “Troppe partite. Uefa e Fifa stanno uccidendo i calciatori, sono esseri umani”: così il tecnico spagnolo si è espresso per motivare il suo invito.
Allo stesso modo anche Erik Ten Hag, allenatore del Manchester United, ha parlato di un “sovraccarico” che i giocatori non sono più in grado di reggere, mettendolo in correlazione con la crescita impressionante degli infortuni nelle squadre.
Avvoltoi e condor, comandanti del pallone che da Basilea – sede dell’UEFA – muovono i fili, vanno in un’unica direzione: a novembre nuova pausa per le nazionali, poi la Supercoppa. A giugno gli Europei. Nel 2024? Super Champions League e Mondiale per club a 32 squadre.
Il Milan di Van Basten e Gullit, guidato da mister Arrigo Sacchi, si confermò campione d’Europa chiudendo la stagione 1989-90 con l’accettabile numero di 54 partite disputate.
Dal 2024-25, invece, i giocatori potrebbero arrivare a disputare oltre 80 partite all’anno: escludendo le sei canoniche settimane di pausa tra estate e inverno, la media sarebbe di più di un incontro ogni 4 giorni. Numeri spaventosi, che dovrebbero far riflettere.
Sirene arabe ed americane
Un’altra criticità del calcio è attualmente costituita dagli esagerati contratti dei calciatori.
Ogni anno ci sono squadre disposte a ricoprire di soldi gli atleti, con cifre monstre come quelle spese quest’estate per portare Neymar all’Al-Hilal o Messi all’Inter Miami.
Il pallone è stato dunque inghiottito da manager e procuratori che decidono le squadre dei calciatori, concludono affari e obbligano le società a comprare e vendere.
La scorsa sessione di mercato ha mostrato l’inesistenza di freni: da Benzema a Mané, da Mahrez a Koulibaly, passando per Milinkovic-Savic e Brozovic, fino al “pioniere” Cristiano Ronaldo. Oggi tutti stanno ai piedi degli emiri, e degli Emirati.
E se il denaro oggi muove il “Sole e le altre Stelle”, il campionato di Serie A – che un tempo vantava rose con i più grandi calciatori al mondo – ha perso fascino e qualità.
E con il ritiro dei campioni di un tempo è andato via anche il romanticismo, la vera essenza del gioco del calcio. Adesso è tutto rimandato a numeri, dati e statistiche riferiti alle singole prestazioni e non c’è più spazio per innamorarsi di bandiere come Totti, Zanetti o Maldini.
Calciatori e scommesse
Responsabili dei cambiamenti negativi nel mondo del calcio, tuttavia, sono anche i presidenti, i direttori di società e più in generale gli addetti ai lavori. Molti di questi, nella loro incompetenza, hanno un ruolo non secondario in vicende spiacevoli che coinvolgono questo sport, rendendo quest’ultimo degenere.
Per fare un esempio, parliamo del coinvolgimento di alcuni calciatori nel recente caso di calcioscommesse. Si è subito urlato allo scandalo, cercando i capri espiatori in personaggi come Fagioli, Tonali e Zaniolo, simboli e futuro della Nazionale italiana.
Appurata la loro controversa implicazione nel caso, non si può tuttavia dimenticare che in pochi negli anni hanno denunciato i rapporti commerciali tra le grandi squadre italiane e le agenzie di scommesse.
Prima, durante e dopo le partite siamo inondati da quote, gol su cui puntare.
Il Milan ha un accordo con SnaiFun, EurobetLive è partner di Juventus, Lazio e Monza. Roma, Napoli, Sassuolo e l’intera Serie B sono fedeli a Star Casinò Sport, Cagliari e Verona fanno pubblicità a Bwin Tv.
L’Inter ha messo Leo Vegas dappertutto: maglie, kit d’allenamento e cartelloni allo stadio. Tutti questi esempi dimostrano quindi come lo scandalo del calcioscommesse meriti un’analisi più complessa.
La Nazionale italiana rischia di stare fuori anche ai prossimi Europei e nessuno parla di riformare il calcio. Nessun cambiamento è stato preso dopo le mancate partecipazioni ai mondiali in Qatar e in Russia. Il calcio italiano oggi vale poco, ma ai piani alti nessuno mostra interesse al riguardo: finché la ruota gira e i soldi ci sono, il pallone può aspettare.
Uno sport da salvare
Cosa ci rimane, dunque, del gioco più praticato al mondo? Il calcio, da tempo, ha perso la sua “innocenza”: oggi è la grande giostra a cui tutti vogliono partecipare, la torta di cui tutti vogliono avere una fetta.
Il “Fútbol”, l’essenza più pura del pallone, fatta di passione, stadi pieni e tifo sfrenato sta scomparendo, o meglio sta venendo rimpiazzato da una sua replica pallida e fuorviante. Roberto Baggio, proprio esprimendosi in merito allo scandalo delle calcioscommesse, ha descritto perfettamente questa situazione.
Il vero sconfitto di questa squallida, brutta storia è il tifoso, che fa centinaia di chilometri per la sua squadra, acquista giornali, biglietti per lo stadio, si abbona alle pay tv. Il vero sconfitto è l’amore per il calcio.
Roberto Baggio
Adesso, più che a questo, si pensa alla Superlega, alla Nations League, ai vari trofei introdotti dalla Uefa e ai Mondiali con partite da oltre cento minuti. E ad aggravare la situazione contribuiscono le irrinunciabili offerte da capogiro e le cifre esorbitanti degli stipendi offerte per l’acquisto di certi calciatori.
Il calcio italiano è da anni con le spalle al muro, in continua fase di riabilitazione. A niente è servita la vittoria dell’Europeo: senza un progetto e senza obiettivi di riforma presto ci si è resi conto di quanto sia debole la struttura del sistema. Adesso che pure i nuovi giovani della Nazionale sono coinvolti in questa triste vicenda di scommesse, sembra davvero non esserci un ritorno.
È giunto il tempo di serie riflessioni, di profondi cambiamenti perché il calcio è gravemente malato e nuove soluzioni urgono affinché non entri in una fase terminale.
Alessandro Sorrenti
(In copertina, foto: Joshua Hoehne/Unsplash)
Schiavi di un calcio malato è un articolo di Alessandro Sorrenti. Clicca qui per altri articoli sui problemi del mondo del calcio.