Salvo per miracolo il calciatore Alexis Beka Beka: il giocatore del Nizza aveva minacciato di togliersi la vita gettandosi giù da un ponte di un’autostrada. I vigili del fuoco e gli psicologi, intervenendo sul posto, hanno persuaso il ragazzo, che è stato così tratto in salvo. Nonostante il “lieto fine”, questo fatto di cronaca porta a urgenti riflessioni in merito alla salute mentale degli sportivi.
Il caso
Siamo intorno alle 11 di venerdì 29 settembre, sul cavalcavia dell’autostrada A8: Alexis Beka Beka è sul punto di suicidarsi. Il ventiduenne si trova lì – apparentemente – a causa di una delusione amorosa. Per ore minaccerà di compiere il gesto estremo, finché sul posto, appena in tempo, intervengono i vigili del fuoco e Sophie, la psicologa del club.
Quest’ultima lo segue da tempo per una sindrome depressiva, la vera causa di questa triste storia. Passano diverse ore di estenuanti trattative prima che le persone intervenute riescano a convincere il giovane a non buttarsi. Poi, con un sospiro di sollievo da parte di tutti, la vita di Beka Beka viene messa in salvo.
Cosa ci insegna questo caso
I calciatori non sono dèi e nemmeno semidèi. Sono esseri umani normalissimi, con insicurezze, problemi personali e un’esistenza non necessariamente perfetta. La fama, i successi sul campo e gli stipendi faraonici non comprano la serenità: potersi permettere qualsiasi cosa e vivere in una casa da sogno, non significa abbandonare per sempre le difficoltà della vita.
Guardare la triste immagine del giocatore seduto sul ciglio di quel ponte non può che far pensare a tutto questo. In sala stampa, prima dell’incontro di campionato contro il Brest, il tecnico del Nizza Francesco Farioli ha ribadito con forza questo concetto. “Questi argomenti non devono essere tabù.
Quello che è successo deve essere un’opportunità per non nasconderci quando ci sono questi problemi”: così si è espresso l’allenatore italiano, chiedendo poi sensibilità e rispetto della privacy per il ragazzo.
Martino Giannone