La strage ferroviaria di Brandizzo, in cui hanno perso la vita cinque operai, ha tristemente riportato in primo piano la questione delle morti sul lavoro. Purtroppo nell’ultimo anno gli infortuni fatali sono cresciuti del 4,4% rispetto al 2022 e riguardano sempre più spesso giovani lavoratori di età compresa tra i 15 e i 24 anni. Siamo davanti ad una vera e propria emergenza che va affrontata al più presto se si vuole evitare un continuo e inutile spreco di vite umane.
Nella notte tra il 30 ed il 31 agosto sono stati travolti e uccisi ben cinque operai addetti alla manutenzione notturna della linea ferroviaria che collega Torino e Milano. Di fronte ad eventi del genere si cerca sempre di trovare dei responsabili nel tentativo di rendere giustizia alle vittime innocenti. Tuttavia si avrà giustizia solo nel momento in cui cesserà questa tremenda strage operaia che continua incessantemente ad insanguinare l’Italia e il resto d’Europa.
Un problema in espansione
Nei primi sette mesi del 2023 i morti sul lavoro in Italia sono stati ben 559 che corrisponde ad una media di circa 80 decessi al mese. Il dato più sconfortante riguarda proprio il numero di vittime registrate in occasioni di lavoro. Rispetto allo stesso periodo di rilevazione nel 2022, l’Italia ha raggiunto quota 430 morti segnando un aumento del 4,4%. I settori più colpiti da questa strage silenziosa sono quello dei trasporti, dell’edilizia e delle attività manifatturiere.
Per quanto riguarda gli infortuni in generale sul posto di lavoro, quest’anno si è osservato un calo del 21,9%. Si è passati, infatti, da 441.451 denunce di infortunio (luglio 2022) a 344.897 segnalate entro fine luglio 2023. Questi dati però non sono completamente attendibili. Infatti i numeri sono influenzati dal fatto che fino allo scorso anno molti di queste segnalazioni erano collegate al Covid-19.
Attualmente, invece, infortuni di questo tipo sono pochissimi. Bisognerebbe poi considerare tutti i lavoratori non in regola che spesso lavorano in condizioni di sicurezza precaria e che quindi vanno incontro a potenziali infortuni che però non possono essere registrati in quanto non regolari.
Altro dato interessante riguarda gli stranieri che lavorano in Italia. Infatti per questi ultimi si registra un tasso di 33,3 morti ogni milione di occupati rispetto ai 16,9 decessi tra gli italiani ogni milione di lavoratori. Tutto ciò prova come gli stranieri siano molto più esposti a lavori potenzialmente pericolosi, essendo sfruttati in situazioni meno sicure. Stesso discorso vale per i giovanissimi (15-24 anni) che, attualmente, hanno il doppio delle possibilità di morire sul lavoro rispetto ai colleghi di età compresa tra i 25 e i 34 anni.
Le ultime notizie sull’incidente di Brandizzo
Gli operai rimasti uccisi a Brandizzo, Michael Zanera (34 anni), Giuseppe Sorvillo (43 anni), Saverio Giuseppe Lombardo (52 anni), Giuseppe Aversa (49 anni) e Kevin Laganà (22 anni), erano tutti dipendenti dell’impresa Sigifer, con sede a Borgo Vercelli. L’opera di sostituzione di alcune rotaie sarebbe dovuta iniziare subito dopo il passaggio del treno in questione. All’origine dell’incidente sembra dunque esserci stata una mancata o errata comunicazione tra il cantiere e la sala di controllo. Insomma l’ennesima leggerezza in tema di sicurezza sul lavoro che ha portato ad una vera e propria strage.
In un primo momento la procura di Ivrea ha individuato due indagati: il tecnico di RFI, Antonio Massa e il caposquadra della Sigifer, Andrea Girardin Gibin. Dopo le prime indagini, tutt’ora in corso di svolgimento, dal 13 settembre risultano indagati anche quattro dirigenti della Sigifer. Per tutti l’ipotesi di reato è quella di omicidio colposo plurimo e disastro ferroviario.
Tutti quanti, abbiamo pensato come morire sul lavoro sia un oltraggio ai valori della convivenza.
Sono queste le parole usate dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante l’evento organizzato dal Comune di Torre Pellice in ricordo di Altiero Spinelli, noto pioniere dell’Europa unita. La condanna di tali tragedie evitabili però non è sufficiente; è giunto il momento di fare qualcosa di concreto per fermare questa inutile emorragia di vite umane.
I morti sul lavoro in Europa
Il problema delle morti sul lavoro, purtroppo, non è solo italiano. Infatti, in tutta l’Europa, si verificano costantemente infortuni gravi che costano la vita a moltissimi lavoratori. Se si considerano i numeri assoluti i Paesi con più vittime sono chiaramente quelli più popolosi come Francia, Italia, Germania e Spagna.
Tuttavia, per rendersi conto della gravità del problema, è utile riferirsi al numero di decessi rispetto ai lavoratori totali. Attualmente la media europea è di poco sotto a 18 morti ogni milione di lavoratori. I Paesi con i numeri peggiori sono Romania e Lussemburgo con una media superiore a 40 decessi ogni milione. Non va molto meglio in Lituania (35), Lettonia (33) e Bulgaria (31).
Per quanto riguarda l’Italia, siamo intorno a 22 vittime ogni milione di lavoratori, comunque sopra la media europea e ben al di sopra di altri Paesi più sviluppati e paragonabili al nostro. Infatti Finlandia, Germania e Olanda, ad esempio, registrano una media rispettivamente di 10, 8 e 6 morti per milione.
Anche nel resto d’Europa poi si presenta il problema della sotto dichiarazione degli infortuni meno gravi. Infatti, specie nei Paesi in cui si ha un più debole sistema di tracciamento, si tende drasticamente a sottostimare il numero assoluto di incidenti e infortuni nei vari ambienti lavorativi.
Un futuro per la classe operaia
Di fronte a questi dati sconcertanti è opportuno domandarsi se effettivamente sia sicuro recarsi al lavoro nel 2023. La risposta breve è che in generale i protocolli di sicurezza ci sono e anche le normative ma purtroppo, troppo spesso, si procede con negligenza e superficialità. Tutto ciò è inaccettabile; non si può continuare a morire andando a lavoro. Lavorare è innanzi tutto un diritto e come tale deve garantire un benessere, non di certo un pericolo per la propria vita.
A tutto ciò si aggiungono le condizioni economiche precarie di numerosissimi lavoratori in tutta Italia. Negli ultimi anni, infatti, sta crescendo un evidente clima di insoddisfazione. Salari troppo bassi, turni di lavoro usuranti e contratti precari hanno reso la classe operaia italiana sempre più impotente.
Questi aspetti potrebbero rappresentare degli ulteriori fattori in grado alimentare situazioni di disagio. Infatti sempre più lavoratori, pur di guadagnare qualcosa, si vedono costretti ad accettare lavori potenzialmente pericolosi in cui il tema della sicurezza viene spesso tralasciato per risparmiare denaro e tempo.
Se si vuole risolvere una volta per tutte la piaga delle morti sul lavoro bisogna quindi ripensare in generale le condizioni lavorative degli italiani, specie per coloro che fanno lavori usuranti. Sicuramente delle normative più rigide e dei controlli periodici da parte delle forze dell’ordine rappresenta una buona strada da seguire.
Tutto questo però non basta se non si procede contemporaneamente a migliorare la qualità della vita dei lavoratori, partendo da salari più equi e impedendo qualsiasi forma di sfruttamento da pare dei datori di lavoro.
Diego Bottoni
(In copertina il Manifesto)