Cronaca

Il mondo al contrario del generale Vannacci

Mondo al contrario Vannacci

Nell’agosto 2023 il generale italiano Roberto Vannacci ha pubblicato il libro “Il mondo al contrario”, il che ha suscitato un dibattito tra chi ha criticato le posizioni omofobe e intolleranti e chi, al contrario, lo ha difeso inneggiando alla libertà di parola, criticando invece una presunta gogna politica.


“IL PIANETA LGBTQ+++”

È questo il titolo del nono capitolo del libro Il mondo al contrario in cui l’autore si lancia in argomentazioni sulla comunità LGBTQ+ che hanno generato  molto scalpore da parte dell’opinione pubblica.

Sono tanti gli spunti, le riflessioni e le considerazioni nate dopo aver letto questo libro, sicché mi è sembrato opportuno considerare le questioni più controverse sollevate da Vannacci.

Lungi dal denigrare le sue opinioni, questo articolo vuole essere un’analisi critica di alcuni passi del capitolo IL PIANETA LGBTQ+++, con l’auspicio che ne scaturiscano altrettante riflessioni.

Copertina libro "Il mondo al contrario"
Copertina del libro Il mondo al contrario, di Roberto Vannacci.

“L’omosessualità è sempre esistita”

“Una banalità universalmente riconosciuta”. In tal modo Roberto Vannacci inizia la sua lezione di storia dell’omosessualità. Ciò che lo stupisce è la tolleranza nei confronti della libertà di orientamento sessuale nel mondo classico, sostenendo che la “corretta interpretazione dell’omosessualità” sia quella riservata alla sfera dei gusti, del piacere e delle preferenze personali che sono insindacabili, e per questo autorizzate.

Tuttavia, nel momento in cui l’omosessualità entra nella sfera delle istituzioni pubbliche quali la famiglia, afferma l’autore, si levano le contestazioni e le perplessità da parte della società.

Le polemiche anche ai giorni nostri nei confronti dei gay non sono le disquisizioni circa i gusti personali e le preferenze all’interno di una camera da letto ma i comportamenti ostentativi ed esibizionisti e, soprattutto, l’elevazione di una questione relativa al gusto sessuale ad una pretesa di diritti familiari, civili e sociali.

Roberto Vannacci

Digitando su internet la parola “omosessualità”, tra i primi risultati troviamo la definizione che ci fornisce la Treccani nella quale chiarisce che l’omosessualità come categoria universale comune a tutte le epoche e società, non esiste, così come i comportamenti omosessuali descrivibili in termini assoluti.

“In generale, la contrapposizione eterosessuale/omosessuale è stata considerata essenziale, naturale e normale nel mondo occidentale soltanto a partire dall’età moderna”.

Un fenomeno circoscritto?

La seconda argomentazione che rende il suo approccio “razionale e scevro da condizionamenti” (così lo definisce l’autore) sussiste nella bassa percentuale di chi, in Italia, non si dichiara eterosessuale.

In Italia l’ultima ricerca ISTAT sul tema risale al 2011 lasciando evincere che solo un milione di persone si è dichiarato omosessuale o bisessuale […] Il fenomeno risulta pertanto estremamente circoscritto, limitato e contenuto soprattutto se raffrontato al clamore ad alla sensibilità che suscita.

Roberto Vannacci

A suo avviso il problema principale risiede nella “sovra-rappresentazione della comunità LGBTQ+ nei mezzi d’informazione nazionali e internazionali ed una ipersensibilità nell’affrontare l’argomento”.

Sorvolando sul fatto che la sua tesi è sostenuta da ricerche condotte più di dieci anni fa, quest’ultime fanno appello a chi, tra la popolazione, si dichiara apertamente omosessuale o bisessuale. Eppure quello italiano è un contesto in cui non si è esenti da discriminazioni. Va da sé comprendere quanto la popolazione sia reticente a dichiarare i propri orientamenti sessuali quando questi non rientrano nel canone dell’eterosessualità.

Inoltre, i dati che il generale Vannacci ci fornisce sono stime per difetto, perché tengono conto solo dell’orientamento omosessuale e bisessuale, non includendo il resto delle persone che rientrano nella comunità LGBTQ+ tra cui, ad esempio, quelle transessuali e transgender.

Che i numeri reali siano maggiori, o che potrebbero esserlo, lo dimostra anche il  fatto che, misurando il comportamento delle persone (e non l’appartenenza da loro dichiarata), la stessa ricerca ISTAT riporta che circa altri due milioni di persone hanno sperimentato l’innamoramento o i rapporti sessuali o l’attrazione sessuale per persone dello stesso sesso.

È bene ricordare che il tempo e il contesto in cui l’analisi è svolta, gli strumenti di rilevazione, il campione di riferimento, sono tutti fattori che influenzano i risultati delle analisi statistiche. Tralasciando i numeri, che per il generale Vannacci sono una fissazione, ritengo più importante marcare le costanti discriminazioni e atteggiamenti omofobi che rendono non solo necessaria, ma anche urgente, la grande “sovra-rappresentazione” e “ipersensibilità” nell’affrontare questo argomento.

Omofobia e stigma sessuale

Omofobia, lesbofobia, bifobia, transfobia: con questi epiteti si indicano, come se fossero affetti da una terribile patologia, tutti quelli che provano antipatia ed avversione o che dimostrano di non condividere le tematiche tanto care agli arcobaleno.

Roberto Vannacci

Uno snaturamento, secondo Vannacci, di chi esprime opinioni non positive nei confronti della comunità LGBTQ+. Esistono diverse ricerche che dimostrano come le persone omofobe presentino degli elementi che corrispondono alla psicopatologia, come rabbia, avversione, alti livelli di psicoticismo e uno stile di attaccamento insicuro.

Tralasciando la questione medico- psicologica, l’omofobia è un concetto complesso dato anche da altri fattori, tra cui il contesto sociale di appartenenza, l’ideologia politica, la religione e l’educazione. Infatti, secondo il ricercatore Patrick R. Grzanka, è la “stigmatizzazione implicita” che predispone le persone ad accettare determinati pregiudizi e crede che il modo per ridurre l’omofobia sia educare le persone su come percepiscono gli “altri”.

Normalità e consuetudini

Secondo il generale Vannacci, la strategia delle “lobby gay” che cercano di influenzare la società, è quella di far passare come “normale” ciò che non è etero.

Cari omosessuali, normali non lo siete, fatevene una ragione! Non solo ve lo dimostra la Natura, che a tutti gli esseri sani “normali” concede di riprodursi, ma lo dimostra la società: rappresentate una ristrettissima minoranza del mondo. Quando vi sposate ostentando la vostra anormalità la gente si stupisce, confermando proprio che i canoni di ciò che è considerato usuale e consuetudinario voi li superate.

Roberto Vannacci

È questo uno dei passi che più di tutti ha destato indignazione e polemiche. Per Il mondo al contrario del generale Vannacci, l’omosessualità è un’anomalia che non può divenire consuetudine poiché esiste una “normalità nei gusti e nelle preferenze”.

È proprio questo il punto: parlare di normalità, significa parlare di una scelta operata dalla collettività entro cui si è educati e si vive. Agire diversamente da quello che viene ritenuto “normale” significa essere etichettati come “devianti” o malati, portando l’individuo ad avere una diversa percezione di sé stesso e della sua identità.

Ad una pluralità di culture con valori, abitudini e significati differenti corrispondono diversi comportamenti ritenuti come opportuni e convenienti. Interpretazioni e significati variano da cultura a cultura e, con il tempo, variano persino all’interno della stessa a causa della tensione verso una costante innovazione e rimodernamento dell’essere umano.

L’inclusione dovrebbe essere un modo di liberare il concetto di “normale” dai limiti della sua presunta normalità. In questo modo la diversità diviene normalità, perché esistono sempre delle differenze fra le persone.

Il potere della visibilità

Sconcertante è l’attenzione spropositata, anche da parte della TV di Stato, a queste forme di gender che vengono presentate e replicate con frequenza sproporzionale alla loro reale consistenza ed esistenza.

Roberto Vannacci

Nonostante alcune eccezioni incoraggianti, la comunità LGBTQ+ riceve una copertura mediatica nel peggiore dei casi offensiva, nel migliore dei casi stereotipata.

Accendere i riflettori per combattere discriminazioni e violenze ed aumentare la visibilità, insieme a campagne educative e di informazione, sono strumenti fondamentali per promuovere l’autoaffermazione e la dignità dei diritti della comunità LGBTQ+.

Una delle manifestazioni a sostegno della causa è proprio il Pride (e non più Gay Pride) che l’autore definisce una “grande kermesse” ricca di “sconcezze, stravaganze, blasfemie e turpitudini”. Il Pride è un movimento e, come tale, deve smuovere le coscienze in una società nemica delle minoranze.

Essere fieri di ciò che si è nonostante i pregiudizi, porta a un sentimento di rivendicazione potentissimo: l’orgoglio. Sarebbe assurdo se questo fosse rappresentato da una manifestazione contenuta e conforme, poiché il messaggio del Pride è vantare la propria identità allo scopo di abbattere il modello normativo imposto dall’istituzione etero- cisnormativa che reprime tutte le personalità non conformi.

Colpevolizzare la vittima

L’esagerazione, l’ostentazione, l’esibizione, tuttavia, porta a delle conseguenze che chi le pratica dovrebbe accettare: se vai in giro vestito come un pagliaccio non ti lamentare se poi qualcuno ride né pretendere che tutti si vestano come te o che si cospargano le vie di statue di pagliacci per far sembrare le pagliacciate parte della normalità.

Roberto Vannacci

Con queste parole il generale Vannacci giunge alla conclusione del capitolo. Una soluzione facile e comoda perché convince chi legge che a determinati comportamenti seguono determinate conseguenze. Tale approccio prende il nome di “colpevolizzazione della vittima”.

Ciò consiste nell’addossare le colpe dei crimini commessi a chi li subisce, sbarazzando l’interlocutore di tutte le responsabilità che lo riguardano. Questo atteggiamento è pericoloso e manipolatorio perché porta la vittima ad accettare come “naturali” forme di crudeltà e sopraffazione, rassegnandosi difronte a comportamenti umilianti.

Tutto questo conferma l’importanza di una maggiore sensibilizzazione in una società che privilegia l’eterosessualità.

A che punto siamo? Negli ultimi anni si sono fatti molti passi avanti per scardinare pregiudizi, stereotipi e rappresentazioni, ma è evidente che non si è fatto abbastanza. Consapevolezza e conoscenza sono strumenti necessari per cambiare strutturalmente e socialmente i meccanismi di violenza e discriminazione. Perché non è accettabile che la discriminazione sia normale.

Maddalena Petrini

(In copertina, per Il mondo al contrario di Roberto Vannacci, Randy Jacob da Unsplash)

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