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Mediterraneo, il mare d’Europa

Mediterraneo copertina1

Per gran parte della storia propriamente detta, il mar Mediterraneo è stato sinonimo di Europa. Le sue coste hanno plasmato la cultura occidentale (e quindi globale) fin dalle origini, favorendo la diffusione di conoscenze, lingue e religioni come in nessun altro luogo. Tuttavia, gli anni più recenti hanno stravolto gli equilibri sociali e politici.


In mezzo alle terre

Mediterraneus, letteralmente “in mezzo alle terre”, è l’aggettivo che meglio descrive questo specchio d’acqua, rivelando anche il segreto del suo successo storico. Un mare caldo e perciò ben navigabile, disseminato di isole e quindi di insenature, porti e città in costante contatto tra loro. Date le premesse, la fioritura di ricche civiltà è inevitabile.

Sono due le innovazioni più significative, tanto cruciali quanto antiche che si sono diffuse proprio grazie al Mediterraneo: l’agricoltura e la scrittura (per come la conosciamo oggi). Secondo le teorie più accreditate, entrambe le pratiche sarebbero giunte sul continente europeo dal Vicino Oriente, portati verosimilmente da navigatori in cerca di nuove terre su cui stabilirsi e da commercianti con i loro carichi di merci e tavolette.

D’altronde, i confini in epoche così lontane dalla nostra erano ben diversi da quelli che vediamo oggi. Gli stessi antichi Greci, che hanno plasmato la cultura occidentale, non sono stati che un insieme di popoli di origine “mediorientale”, o per meglio dire “mediterranea”.

In questa categoria rientrano non solo le società a noi più vicine e famigliari, ma anche sumeri, babilonesi, egiziani, fenici, persiani, arabi, tra gli altri; tutti da collocare in un sistema aperto che ha dato origine ad un sostrato culturale ancora oggi percettibile, nonostante le molte differenze.

Acropoli di Atene (foto: Leonhard Niederwimmer/Pixabay).

Le caratteristiche geografiche dell’Europa sono davvero invidiabili e hanno, in parte, permesso una serie di successi tecnologici e sociali senza precedenti altrove. Eppure, non ci si può crogiolare in un passato quasi mitico per poi dimenticarsi delle sfide del presente.

Il Mediterraneo e i suoi porti

A partire dal Novecento e fino ai giorni nostri, lo scacchiere geopolitico è drasticamente cambiato, e oggi si sono resi protagonisti altri Paesi. Il baricentro dell’economia globale tende verso i grandi porti asiatici che superano di gran lunga quelli europei o americani.

I porti mediterranei, nonostante siano in parte avvantaggiati dalla loro posizione a metà strada tra Oceano Indiano e Pacifico, hanno una capacità molto minore. I dati parlano chiaro: il centro principale dell’Europa meridionale è quello di Valencia con un traffico del valore di 5,4 milioni di TEU (misura standard della lunghezza dei container), mentre quelli di Shangai e Singapore registrano un traffico merci pari rispettivamente a 35,3 e 33,9 milioni di TEU.

Altri punti di snodo importanti si trovano in Marocco e in Egitto. Infatti, Tangeri Med nei pressi delle colonne d’Ercole e Porto Said a ridosso del canale di Suez godono tuttora di traffici intensi. La loro posizione strategica mantiene vivo un interesse politico ed economico non da poco.

Pur rimanendo entro i confini europei, si può notare come ad oggi i centri economici siano altri. Questi si trovano principalmente a nord del continente, proiettati sull’Atlantico, specchio d’acqua ben più ampio e con rotte di gran lunga più vantaggiose. Qui troviamo infatti centri portuali del calibro di Rotterdam, Amburgo e Anversa con valori in TEU tra i 9 e i 12 milioni. L’Europa moderna si è ancorata a largo delle coste settentrionali e la supremazia del Nord è palese sotto moltissimi aspetti.

Nel considerare la geopolitica in atto in questa regione del mondo va tenuto conto anche delle superpotenze che su di essa influiscono, Cina, Russia e Stati Uniti in primis. È nel Mediterraneo che la Cina ha investito per la realizzazione della nuova via della seta, che le permetterebbe un ruolo di prim’ordine nei commerci.

La Russia, dal canto suo, è da sempre interessata ad acquisire una sfera d’influenza nel sud dell’Europa. I suoi mari, infatti, sono troppo freddi perché vi si possa svolgere un’intensa attività economica. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, invece, sono ben note le manovre politiche in atto sul continente, per cui sarebbe superfluo dilungarsi.

La supremazia del Nord

I dati non lasciano molto spazio all’interpretazione: l’Europa viaggia a due velocità, in una situazione che per certi versi può ricordare il divario lungo l’asse Nord/Sud nel nostro Paese. La distanza tra le economie del Nord e quelle mediterranee è evidente. Se un tempo Aquisgrana e Parigi sono state le nuove Roma, oggi il panorama geopolitico non è molto diverso, almeno in superficie.

L’Unione Europea, fondata anche da un Paese mediterraneo come l’Italia, vede le sue sedi istituzionali localizzate tra Belgio, Lussemburgo e Francia settentrionale, e non è certo un caso. Come fece notare a suo tempo Predrag Matvejević, uno dei massimi studiosi dell’area mediterranea, l’UE non ha tenuto conto del suo mare interno.

L’umiliazione subita dai Paesi dell’Europa meridionale nel corso della crisi economica più recente ne è una chiara prova. La Grecia, massimo prototipo di Paese mediterraneo, è stata la vittima sacrificale di quella politica europea che assume i tratti di un nuovo colonialismo interno.

Le differenze culturali sono molte e probabilmente “vivere alla mediterranea” non è molto compatibile con i bisogni di un’economia in perenne competizione e segnata dall’avidità. Tuttavia, nulla di tutto questo giustifica le scelte, fatte da altri in uffici lontani da Atene, che hanno portato un intero Paese sull’orlo del baratro.

Il mediterraneo medio viene visto come pigro, poco incline alla disciplina e poco produttivo; cosa che ricorda l’immagine che in particolare inglesi e francesi avevano degli arabi e degli orientali in generale all’apice della loro supremazia coloniale.

Le spiagge cristalline, i monumenti antichi, la gastronomia piena di sapori e l’accoglienza mediterranea sono certamente apprezzati dai turisti tedeschi, danesi o olandesi. Turisti appunto, che vedono in questa sezione dell’Europa il loro luogo di villeggiatura a basso costo, per ritornare poi alla tanto decantata produttività del Nord, nei loro uffici a più piani. Pregiudizi di lunga data sui popoli mediterranei persistono ancora e si palesano anche in azioni politiche purtroppo concrete.

È forse il caso di accennare un’ultima considerazione: l’entrata di nuovi Stati d’area mediterranea (più precisamente balcanica) all’interno dell’Unione. Bruxelles di tanto in tanto dà fiducia ai possibili nuovi membri mostrandosi disposta ad accettarli, ma in che modo e con quale atteggiamento?

Il rischio che i loro bisogni, così come la loro cultura, vengano ignorati non è basso. Pensare ad un’Europa ignorando il Mediterraneo è, ad ogni modo, fuori da ogni logica, come ricorda in un’intervista il professor Vito Teti dell’Università della Calabria.

È ancora il mare nostrum?

Lo stivale italiano si adagia nel bel mezzo del Mediterraneo, una posizione strategica data la vicinanza sia con l’Europa continentale che con il Nordafrica, croce e delizia del nostro Paese. Se a lungo questo ha facilitato i commerci, in tempi più recenti si è rivelato essere un problema sociale e politico.

In mare si viaggia da sempre, ma nei giorni nostri le navi mercantili che un tempo hanno arricchito le casse delle repubbliche marinare, hanno lasciato spazio a imbarcazioni di fortuna su cui centinaia di disperati rischiano la vita portando con sé solo ciò che hanno indosso. Tutto ebbe inizio negli anni Novanta, quando l’Italia entrò definitivamente nel nuovo millennio subendo gli effetti dell’immigrazione.

Cimitero delle barche Mediterraneo.
Il “cimitero” della barche dei migranti (foto: tivissima da Pixabay).

Migliaia di chilometri di costa facevano, e fanno tuttora, gola a molti. Nell’agosto del 1991 la città di Bari vide avvicinarsi più di ventimila persone e si fece trovare – come è prevedibile – impreparata. Fu la prima grande immigrazione di massa verso l’Italia, che per la prima volta conosceva il proprio vicino arretrato e potenzialmente “pericoloso”: l’Albania frutto dell’utopia comunista di Enver Hoxha.

Sono poi giunti altri popoli, altrettanto sfortunati, che vedono anche oggi nel nostro Paese la porta verso destinazioni più appetibili, come Francia, Germania o Svezia. I nuovi flussi sono cambiati, vanno dal Nordafrica alla Sicilia o dalla Turchia alla Calabria, ma gli esiti sono sempre gli stessi, spesso drammatici.

L’Italia ha tentato più volte ad adeguarsi ai mutamenti sociali in corso, ma i limiti in materia sono stati da subito evidenti. Carenza di strutture, decisioni incerte e difficoltà a immaginarsi terra d’arrivo hanno portato a una crisi umanitaria che si protrae fino ai giorni nostri.

Una politica ancora priva di esperienza e poco lungimirante ha di fatto diminuito il prestigio del nostro Paese nel panorama internazionale. Ma forse non ci potevamo aspettare di meglio; d’altronde, fino a pochi decenni fa dai porti italiani si partiva soltanto.

Questo mare sembra oggi gravare sull’Italia, luogo in cui si incontra la miseria e nient’altro. Non più il mare nostrum dei romani ma poco più che una palude, gabbia geografica per i Paesi che si affacciano solo su di esso.

Dunque, una zona di periferia per i flussi economici mondiali, relegata nelle migliori delle ipotesi a luogo di villeggiatura. A molti verrebbe da dire che senza il Mediterraneo la situazione migratoria in primis sarebbe migliore o non esisterebbe affatto, e ancora una volta daremmo la colpa alla geografia e non agli uomini.

Jon Mucogllava

(In copertina Wikimedia Commons)


Per approfondire

  • Matvejević Predrag, Il Mediterraneo e l’Europa, Milano 1998.
  • Hofmanová Zuzana et al., Early farmers from across Europe directly descended from Neolithic Aegeans, «PNAS» 2016 [link].
  • Vernant Jean-Pierre, Mito e pensiero presso i Greci: Studi di psicologia storica, trad. di Mariolina Romano e Benedetto Bravo, Torino 1970 [1965, 1988].
  • Snell Bruno, La cultura greca e le origini del pensiero europeo, trad. di Anna Solmi Marietti, Torino 1963-2002 [1946]; nuova edizione a cura di Marta Rosso, Roma 2021.
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