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Cara Francia, sotto la Torre Eiffel ora si legge anche il Corano

Francia abaya

Il 7 settembre 2023 il Consiglio di Stato in Francia ha ribadito il divieto di indossare nelle scuole l’abaya, un abito lungo utilizzato da molte scolare musulmane. La presa di posizione, com’è naturale, ha suscitato molto dibattito nell’opinione pubblica, tra censure e approvazioni.


Cara Francia,

So che sei molto orgogliosa degli ideali che hai diffuso nel mondo grazie alla tua Rivoluzione.  Spiace però ricordarti che, diversamente da quella copernicana, la tua si chiama francese soltanto perché è avvenuta nel tuo territorio, e non perché ti ha posto al centro dell’universo.

So anche che non dev’essere facile accettare consigli da quella parte delle Alpi dove ci sono quattro mondiali in bacheca e un assassino non diventa un martire del libero pensiero, ma tant’è: dicono tutti che i nostri Paesi sono cugini, quindi suppongo che, per una buona volta, non sbandiererai a vuoto la tua fraternité.

Vorrei discutere con te di quell’altro principio, dico l’uguaglianza, in nome del quale, oggi, hai vietato in Francia alle tue scolare di indossare l’abaya. Dico, hai guardato bene? È un indumento largo, in definitiva una sorta di vestaglia da notte: ci trovi nulla di pericoloso?

Non ha niente a che fare con il velo – so che quello non ti andava a genio, e infatti l’hai già proibito per questioni di sécurité publique. Ma in questo caso di quale sicurezza stiamo parlando?

Laicità o pregiudizio?

Perdonami, quasi dimenticavo. Parlavi anche di laïcité e di sécularisme: nella terra del grande Comte è assurdo che un fanciullo mostri pubblicamente di appartenere a una religione.

L’ha ribadito lo stesso Macron: «Dalla materna fino alla maturità la scuola è laica e non c’è posto per i segni religiosi». Tuttavia, mi sembra che al tuo Presidente sfugga un dettaglio: per indossare l’abaya non c’è bisogno di essere musulmani, né tantomeno indossarla significa automaticamente pensare alla donna come a un oggetto.

Forse, allora, ti dà solo fastidio che qualcuno si vesta da mediorientale.

Francia Abaya
Emmanuel Macron nel 2017. Fonte: Wikimedia.

Non fraintendermi, cara Francia: non sono qui per tessere gli elogi di una presunta ‘cultura araba’. Sto solo cercando di dire che, forse, il tuo modo di vedere le cose non è sempre, né necessariamente, l’unico. Il velo e l’abaya possono essere simboli di oppressione, se privano chi li indossa della libertà di vestirsi come vuole; ma possono anche essere simboli di orgoglio per chi, costretto ad andarsene dalla propria casa, vuole rivendicare la sua diversità in un Paese che lo tratta come una minaccia.

Esiste un motivo esatto, in definitiva, per cui l’uguaglianza di cui ti fai accanita sostenitrice debba livellare le questioni religiose e non – pour parler, naturalmente – quelle economico-sociali? In effetti, sembra che la questione che proprio non ti va giù non sia che una ragazza viva all’interno dello squallore di periferia in cui tu l’hai relegata, ma che la suddetta rivendichi una qualche forma di identità. Identità che, inevitabilmente, finisce per essere l’esatto opposto della tua, che per anni hai fatto di tutto per tenerla lontana.

Abaya e Francia: una questione superficiale

L’impressione che ho, cara Francia, è che il tuo interesse egalitario si fermi sulla soglia dell’aula: poco conta che, usciti da quella stanza, alcuni tornino alle proprie sontuose dimore in un quartiere à la page, e altri comincino una lunga traversata di mezzi pubblici fino alla propria banlieue. A meno che, per te, la tanto amata liberté non sia la rassegnata accettazione delle diseguaglianze che passano tra ricchezza e cultura, povertà e ignoranza.

Non trovi ironico che proprio tu, la patria dei Lumi, abbia bisogno quanto mai di schiarirti le idee? Capiresti, in questo modo, che il motto dell’Unione Europea Uniti nella diversità significa che sì, la cucina, la lingua, la moneta (ti dice niente il Franco CFA?) e la cultura francesi sono incredibili, ma di certo non sono le uniche, né le sole a meritare rispetto. La vera Rivoluzione che ti serve, allora, è un cambio di prospettiva rispetto al tuo perenne francocentrismo: ti accorgeresti che i Paesi della Françafrique hanno conquistato l’indipendenza, che parlare inglese piuttosto che francese all’estero ti renderebbe più simpatica, e che sì, esiste una parte del mondo che trova ragionevole e finanche igienico l’utilizzo del bidet.

La teoria organicistica individuava tre fasi nello sviluppo di un impero: crescita, apogeo e decadenza. In quest’ultima fase, a volte persistono assurdi revival del passato, perché il vecchio ordine flette i muscoli, consuma i tendini cercando di arrestare il tempo che passa. Ma purtroppo gli anni si fanno sentire anche per i vecchi colonialisti: e così, anche se non ti piace affatto, sotto la Torre Eiffel ora si legge anche il Corano. Che sia il ritorno dell’Ancien Régime?

Francia Abaya

Francesco Faccioli

(Immagine di copertina da The Times of Israel; diritti di AP Photo/Youcef Bounab)


Cara Francia, sotto la Torre Eiffel ora si legge anche il Corano è un testo di Francesco Faccioli sul divieto dell’abaya in Francia. Leggi anche questo articolo, e questo, su educazione e religione in Italia.


Sull'autore

Nato nel 2001, vivo in montagna – e vista l'aria che tira non ho fretta di trasferirmi. Con ogni probabilità sono l'unico studente di Lettere Antiche ad apprezzare sia Tha Supreme che Beethoven. Da fuori posso sembrare burbero, ma in realtà sono il più buono (e modesto) della redazione.
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