Il 23 agosto 2023 un learjet Embraer Legacy 600 diretto a San Pietroburgo si è schiantato al suolo vicino al villaggio di Kuzhenkino, nella oblast’ di Tver, dopo aver percorso un centinaio di chilometri da Mosca. A bordo Evgenij Prigožin, leader del gruppo di mercenari Wagner. A due settimane di distanza facciamo il punto: qual è il futuro della Wagner?
Era un uomo dal destino complicato, e ha commesso gravi errori nella vita, ma ha ottenuto i giusti risultati.
Vladimir Putin, nella sua eulogia televisiva per Evgenij Prigožin.
Il Comitato Investigativo della Russia, che indaga sui crimini maggiori nel Paese, ha confermato il 27 agosto che fra le dieci vittime dell’incidente erano presenti anche i corpi di Evgenij Prigožin, Dmitrij Utkin e Valerij Čekalov, tutte figure chiave associate alla PMC (Private Military Company) Wagner.
La compagnia mercenaria finanziata dallo Stato russo è ormai nota a tutti per il proprio ruolo nella guerra in Ucraina e soprattutto per il suo ammutinamento poco più di due mesi fa, quando le truppe guidate da Prigožin si sono lanciate in una “marcia della giustizia” verso Mosca, incontrando pochissima opposizione dalle truppe regolari e fermandosi solo a seguito di negoziati mediati dal presidente bielorusso Lukašenko (leggi l’articolo Un putsch, anzi no).
Il modello d’aereo su cui i tre si trovavano in vent’anni di servizio ha subito un solo altro incidente, peraltro non dovuto a cedimenti strutturali ma ad un errore del pilota. Inoltre, i dati dell’applicazione Flightradar24 mostrano evidenti variazioni inusuali di altitudine prima dello schianto al suolo.
E le immagini del relitto e la distribuzione dei detriti, sparsi in un campo con il pennone dell’aereo a circa tre chilometri dal resto della fusoliera, hanno immediatamente puntato il dito verso un cedimento di un qualche tipo accaduto quando il velivolo si trovava ancora in quota.
Incidente casuale o omicidio premeditato?
Quando i primi video dello schianto hanno iniziato a circolare, insieme alla notizia che a bordo vi fosse il leader della compagnia mercenaria, un nutrito gruppo di scettici ha immediatamente dubitato della sua effettiva morte; già due volte infatti Prigožin, noto per il suo uso di passaporti falsi e di travestimenti, era stato dato per morto a seguito di un incidente aereo, l’ultima volta dopo uno schianto in Congo nel 2019.
La pubblicazione del manifesto di bordo, che comprendeva come passeggeri anche Utkin e Čekalov, da parte dell’agenzia di aviazione civile russa, la Rosaviatsia, ha però messo a tacere i primi scettici, lasciando spazio ai sospetti sulla natura dolosa dell’incidente.
Le tesi dell’intelligence occidentale in merito alle responsabilità si erano inizialmente orientate su indizi dati dai canali Telegram come Grey Zone, notoriamente affiliati alla Wagner, dove Prigožin era osannato come un eroe e un patriota russo, morto per mano di ignoti che il canale definiva “traditori della Russia”.
Era inoltre circolata la voce che l’aereo fosse stato abbattuto da un missile terra-aria di qualche tipo; alcuni si erano addirittura spinti a sostenere che Prigožin fosse stato abbattuto per errore dalla contraerea russa, in stato di allerta massima dopo l’attacco al Cremlino di maggio 2023.
La tesi principale su cui gravitano ora i principali analisti è la presenza di una bomba a bordo del velivolo, un deliberato atto di sabotaggio il cui mandante per molti non può essere che il presidente della Russia, Vladimir Putin.
La Wagner, da risorsa a spina nel fianco
La Wagner PMC fece la sua prima comparsa sulla scena mondiale nel 2014, quando i suoi uomini assistettero le truppe regolari russe nell’invasione della Crimea e del Donbass, sotto la guida militare di Dmitrij Utkin e sotto la gestione economica di Evgenij Prigožin.
La compagnia si è da subito guadagnata la reputazione di avere al suo interno forti correnti neonaziste, con il suo comandante Utkin a fare da eponimo dell’appellativo “Wagner”, affibbiatogli nei suoi anni da tenente colonnello nelle forze speciali russe proprio per le sue simpatie di estrema destra.
Negli ultimi anni, specialmente durante la massiccia campagna di reclutamento per la guerra in Ucraina fra i detenuti delle prigioni russe, le correnti ideologiche si sono però notevolmente diluite, lasciando spazio a una più consueta cultura cameratistica propria dei reparti regolari dell’esercito.
La Wagner ha da sempre agito come proxy per conto del governo russo, che ne è il principale finanziatore e sostenitore in termini di uomini e mezzi: gli schieramenti della PMC sono composti per la maggior parte di veterani provenienti dall’esercito regolare, equipaggiati con armi russe e trasportati e alloggiati mediante risorse e infrastrutture del Ministero della Difesa russo.
Con il compito di intervenire in tutte quelle situazioni in cui un coinvolgimento militare ufficiale della Russia all’estero avrebbe creato problemi diplomatici, la Wagner ha avuto l’incarico di sostenere le fazioni allineate alla Russia in numerosi teatri africani, principalmente nelle guerre civili in Mali, Repubblica Centrafricana, Libia e Siria.
La loro natura di “soldati fantasma”, senza alcuna bandiera e tutela legale, emerse in particolare durante la battaglia di Khasham, in Siria, in cui droni statunitensi aprirono il fuoco sulle forze del presidente Bashar Al-Assad e i loro alleati della Wagner, mietendo un centinaio di vittime. Il Pentagono si disse preoccupato per un’escalation, ma il Cremlino reagì a malapena alla notizia, limitandosi a negare un proprio coinvolgimento nella battaglia.
Il ruolo della PMC come strumento di proiezione del potere russo all’estero si è riassestato notevolmente nel 2022, con l’inizio della guerra su larga scala in Ucraina. La Wagner è divenuta a tutti gli effetti una grande unità dell’esercito russo, raggiungendo decine di migliaia di uomini e combattendo alcune delle battaglie più cruente, in particolare durante l’ormai celebre assedio e presa di Bakhmut.
Alla “ufficialità” di cui gode la compagnia mercenaria si è unita una straordinaria ascesa della popolarità presso il pubblico russo, come dimostrato dalle folle acclamanti durante la “marcia della giustizia”. L’ammutinamento di giugno ha sancito la definitiva emancipazione della Wagner dal passato, anche se non è per nulla chiaro quale sia il nuovo ruolo che dovrà interpretare dopo la ribellione e la decapitazione della propria leadership.
Il ruolo dell’oligarchia russa
Il panorama degli oligarchi russo è molto complesso e comprende troppe figure perché se ne possa dare una visione d’insieme, ma per meglio comprendere le ramificazioni della morte di Prigožin e Utkin è necessario richiamare in gioco la cerchia dei siloviki, ovvero tutti quegli oligarchi che per via delle posizioni che occupano detengono un monopolio legittimo sulla forza.
Fra loro si annoverano, ad esempio, il Ministro della Difesa Sergej Šojgu e il Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate Valerij Gerasimov, insieme al capo della Polizia Nazionale, al Ministro della Giustizia, al capo dell’FSB (erede del KGB) e a numerosi altri.
I siloviki si distinguono dalle altre due grandi categorie di oligarchi: gli imprenditori e magnati da un lato, arricchitisi negli anni di Yeltsin o a seguito di concessioni di Putin, e i criminali della mafia russa dall’altro, che fungono sostanzialmente da eminenze grigie nel panorama politico e non prendono parte attiva sulla scena.
Questi “securocrati” sono un gruppo poco coeso, caratterizzato dalla stessa rete di alleanze e clientele che attraversa tutta la Russia, ma sono uniti nell’intento di difendere le proprie prerogative e posizioni da elementi percepiti come esterni.
La Wagner era una creatura volutamente ibrida, controllata da un oligarca imprenditore come Prigožin e con una spiccata natura “commerciale”, ma comandata e composta sul campo da ex-militari, in teoria ancora fedeli ai propri patroni in cima alle gerarchie dell’esercito.
Negli anni del suo impiego come proxy nelle missioni all’estero della Russia si era rivelata uno strumento affidabile sia per i siloviki che per gli altri oligarchi imprenditori, ma il suo schieramento sulle linee del fronte in Ucraina ha spezzato i legami di fedeltà con i primi.
Prigožin si è trasformato da “cuoco di Putin”, come era noto in precedenza, a leader militare a tutti gli effetti, mostrandosi con elmetto e antiproiettile in video al vetriolo indirizzati a Šojgu e Gerasimov. Con i soldati della Wagner a lui fedelissimi, si è posto nei mesi precedenti la ribellione come un nuovo centro di potere, libero dalla cornice formali degli altri siloviki ma con il controllo di forze militari quasi equivalenti, oltre a risorse economiche molto più sostanziose.
Chi è ancora in gioco?
L’oligarchia dei securocrati avrebbe spinto per regolarizzare la Wagner, e la leadership della PMC avrebbe quindi strutturato un piano per contrastare le loro mosse. Le fonti d’intelligence occidentali ritengono che il piano originario prevedesse il rapimento di Šojgu e Gerasimov durante una loro visita ufficiale, contando sull’appoggio o quanto meno sulla passività degli ufficiali delle altre forze armate.
I piani sarebbero però stati scoperti prima del tempo, costringendo Prigožin ad anticipare la marcia e a concluderla al tavolo delle trattative al posto di una sfilata nella Piazza Rossa di Mosca. I negoziati non sono stati che mera formalità: le truppe Wagner coinvolte hanno firmato contratti con il Ministero della Difesa, mentre la leadership militare ha subito l’ira dei propri superiori.
Il Generale Sergej Surovikin, noto per essere la liaison fra le alte sfere del Ministero della Difesa e la Wagner, è ufficialmente “indisposto perché in vacanza”, ma molti sospettano che questa vacanza si stia svolgendo in un carcere moscovita più che in qualche località balneare sul Mar Nero. Il generale Yevkurov, colpevole di non aver fermato Prigožin durante la sua avanzata verso Rostov-sul-Don, è stato parimenti assente dalle ultime riunioni del proprio Stato Maggiore.
Il generale Viktor Zolotov, comandante della Rosgvardia e alleato di lunghissima data di Putin, è emerso decisamente rafforzato nella sua posizione. L’uomo è infatti responsabile di una sorta di “esercito interno” a metà fra una gendarmeria e le riserve dell’esercito regolare, un tempo sotto la gestione del Ministero dell’Interno ma ora direttamente sotto il controllo del Presidente della Federazione.
Putin, in seguito alla rivolta di Prigožin, ha autorizzato la Rosgvardia a far uso di mezzi militari pesanti e di armamenti precedentemente di appannaggio esclusivo del Ministero della Difesa. I siloviki dunque hanno visto, dopo l’affaire Prigožin, la propria posizione di preeminenza confermata e rafforzata.
Esiste un futuro per la Wagner?
La strada che Putin e la sua cerchia hanno delineato per la compagnia mercenaria dopo la ribellione è sempre più evidente. Le forze regolari hanno già riassorbito la maggior parte degli uomini della Wagner, riportandone i numeri a un livello accettabile e facilmente controllabile.
Inoltre, a luglio hanno spostato ciò che restava della compagnia in Bielorussia, sotto la protezione (e sorveglianza) del fedele alleato di Putin, Aleksandr Lukašenko. Da qui, Prigožin ha annunciato che il Gruppo Wagner non avrebbe più combattuto in Ucraina e sarebbe tornata al suo ruolo di agente degli interessi russi in Africa, riaffermati ad un summit a San Pietroburgo fra gli Stati del continente e la Russia, a cui Prigožin era presente.
Una volta riaffermato, per bocca del leader della Wagner stesso, il ritorno ufficiale della compagnia al servizio di Putin e dei suoi interessi, la residua utilità di Evgenij Prigožin e dei suoi comandanti è giunta a termine; ineluttabilmente, la vendetta dell’oligarchia russa non ha tardato a calare su di loro, eliminando anche ogni possibilità di ripensamento sulla resa e strozzando sul nascere il crescente culto della personalità di Prigožin.
I mercenari saranno addestrati in Bielorussia, lontano dalla guerra in Ucraina, e opereranno principalmente nell’Africa subsahariana, dove un’ondata di golpe anti-occidentali (in Mali, Niger, Chad, Sudan, nelle due Guinee, in Burkina Faso e per ultimo in Gabon, cinque giorni fa) ha spalancato le porte alla Russia e alle sue mire.
Spazzata via la leadership carismatica e unita di Prigožin per far posto a nuovi uomini più leali al potere di Mosca, la Wagner PMC tornerà ad essere quello che era in origine: un’unità di efferati e violenti veterani, inviati nei campi di battaglia più cruenti del mondo a battersi, senza gloria ma dietro lauto compenso, per gli interessi della Russia.
Iacopo Brini
(In copertina foto di STRINGER/EFE, da Larazon)