Chi c’è dietro la Russia di oggi? In questi anni abbiamo sempre sentito parlare del suo “uomo forte” al potere. Vladimir Putin, però, è solo il risultato di un sistema rigido che si è consolidato nel corso di un secolo: il KGB.
Secondo una tesi avvalorata da molti esperti, tra i quali figura anche Olga Kryshtanovskaya, sociologa russa entrata nello stesso partito di Putin (Russia Unita) nel 2010, l’FSB – ossia il successore del KGB, gli storici servizi segreti russi – è a capo del sistema oligarchico del Paese e attorno alla figura di Putin.
Questa tesi prende le mosse da un articolo di The Economist del 2007, anno cruciale per il consolidamento del potere di Putin, ad esempio per l’istituzione di Rostec, il colosso industriale russo, nonché ente di Stato.
La fondazione dell’FSB
Estate 1991. Fallisce il Putsch di agosto organizzato dai golpisti russi ai danni del governo Gorbaciov. A capo dei golpisti c’è Vladimir Aleksandrovič Krjučkov, il capo del KGB.
Il 22 agosto 1991 la folla si dirige verso il quartier generale dell’agenzia, mentre l’edificio si sta velocemente svuotando. La folla prende di mira la statua di Felix Dzerzhinsky, il fondatore dei servizi segreti.
All’interno del KGB operano in quel momento almeno 500.000 agenti che si sentono traditi. Vladimir Putin è tra questi. È la fine dell’agenzia segreta, sostituita nel corso degli anni dall’FSB (Servizio federale per la sicurezza della Federazione Russa). In quel momento, ci si aspetta che sia la fine del KGB; invece, Gorbaciov ed Eltsin cercano di riformarlo.
Il KGB, da sempre affamato di potere e influente, ha rappresentato per l’Unione Sovietica uno Stato nello Stato. Dal 1991 in poi, però, i suoi agenti vogliono vendicarsi, vogliono il potere, e così, nell’ombra, si realizza ciò che non hanno ottenuto con il Putsch di agosto, forse con un risultato addirittura migliore rispetto a quello auspicato.
Viene così fondato l’FSB, il cui direttore, nominato da Eltsin nel 1998, è proprio Vladimir Putin.
Lo stesso Putin – sempre secondo l’articolo di The Economist –, poco prima di diventare presidente, ammette ironicamente in una conversazione con i suoi ex colleghi dell’FSB che un gruppo di agenti è riuscito a entrare sotto copertura nel governo della Federazione Russa.
Per affermare una cosa del genere – seppure, pare, scherzosamente – il futuro presidente doveva avere non poche certezze su ciò che affermava: viene descritto da chi lo ha conosciuto come una persona rigida, ossessionata dalla lucidità (alcuni colleghi dicono di lui che non bevesse mai alcolici); è insolito che una persona così – in compagnia non di persone qualsiasi, bensì di colleghi – si lasci scappare una frase del genere.
La frase che pare sia uscita dalla bocca di Putin, in ogni caso, rispecchia pienamente la realtà. Gli ex colleghi del Presidente ricoprono, infatti, posizioni di potere nel Governo, nei media, nell’economia, nell’esercito e nei servizi russi.
Tuttavia, da chi è costituito questo gruppo di agenti? E come hanno fatto a ottenere questo potere?
La presa del potere, da Eltsin a Putin
Eltsin – nonostante non muova un dito per smantellare l’agenzia segreta – non si serve del KGB. È più probabile che l’organizzazione si serva di lui. Eltsin prende in mano un Paese in estrema crisi: la Russia ha bisogno di denaro e il libero mercato è l’unica via.
Egli si affida quindi a Vladimir Potanin, che sarà decisivo nei meccanismi economici di privatizzazione della gestione del Paese.
Il KGB viene a sua volta strumentalizzato da alcuni potenti – noti come oligarchi – che hanno privatizzato parti dell’agenzia per proteggersi dalla criminalità dilagante. Questi oligarchi, responsabili della privatizzazione del Paese, hanno quindi assunto uomini dei servizi come “consulenti”, e questi hanno accettato per le ottime paghe offerte.
Putin, succeduto a Eltsin (negli ultimi tempi in pessime condizioni, tanto che sembra apparire in pubblico ubriaco) nel 1999, viene inizialmente considerato dagli oligarchi come un progressista, esattamente come il suo predecessore. Sono convinti, in questo modo, di avere gioco facile, di poter continuare a speculare sulla gestione dello Stato per curare i propri interessi.
Ma si sbagliano. Putin si serve dei suoi contatti tra gli agenti per togliere il potere agli oligarchi che rappresentano una minaccia politica. In questo modo, per esempio, statalizza i canali televisivi per la sua propaganda. Putin ha un unico strumento: il terrore. Si mostra come l’uomo forte, l’unico in grado di combattere o controllare la corruzione degli oligarchi.
Così si spiegano i video e le immagini del presidente russo che lo mostrano impegnato in battute di caccia, a cavallo, a busto nudo. Putin ha in mano l’opinione pubblica e detta le regole. Gli oligarchi sono così costretti ad assecondare il volere del presidente russo, in quanto il regime elimina chi non si adegua.
Il gruppo al potere
Le decisioni strategiche vengono prese dal piccolo gruppo di soggetti intorno al Presidente. Tra questi ci sono Igor Sechin, ex agente KGB e amministratore delegato della compagnia petrolifera Rosneft, e Viktor Ivanov, ex ufficiale KGB a Leningrado e tuttora nel consiglio di amministrazione di varie aziende statali; Nikolaj Patrushev, capo dell’FSB, e Sergej Ivanov, fedele a Putin prima nel KGB e poi nell’FSB; e infine Sergej Chemezov (ve lo ricordate?), CEO di Rostec. E l’elenco dei nomi probabilmente potrebbe continuare.
Si è verificato, quindi, un trasferimento delle ricchezze dagli oligarchi nemici ai siloviki (coloro che rappresentano i servizi russi), che dovrebbero rappresentare in tutto e per tutto lo Stato e chi lo governa. L’obiettivo rivendicato sarebbe quello di ripristinare il potere dello Stato, ma – nella realtà delle cose – esiste anche un desiderio cinico e opportunistico di approfittare del rango di potere per un guadagno personale.
L’organizzazione, in ogni caso, sembra riuscita nel suo intento. Una domanda, però, sorge spontanea: che cosa rappresenta il sistema che si è costituito?
Un sistema funzionale a uno stratega – che è riuscito grazie ai suoi rapporti di fiducia ad impadronirsi del potere – e che quindi cesserebbe di esistere insieme al suo promotore, oppure un sistema edificato, come una piramide, da un’organizzazione intenzionata a rimanere ai vertici della Russia ben oltre il governo del suo primo rappresentante?
Riccardo Gardi
(In copertina, Nikolaj Patrushev e Vladimir Putin da AFP)