Il Terzo Polo, che nelle intenzioni di Azione e Italia Viva doveva dare una nuova casa politica all’elettorato moderato, è ormai solo un ricordo. Tornati punto e a capo, i due soci fondatori Renzi e Calenda sembrano aver preso strade totalmente differenti. E in tutto questo, un’alternativa seria al populismo di destra e all’inconcludenza delle altre opposizioni sembra latitare.
Un’opposizione fragile
Uno dei maggiori punti di forza del governo Meloni è individuato da molti osservatori nella debolezza delle opposizioni, frammentate tra loro e incapaci di “dettare l’agenda” del dibattito pubblico.
Tanti sono i motivi di questa situazione: molto banalmente, l’Italia è per ragioni storico-antropologiche un Paese tendenzialmente conservatore, nel quale la coalizione di centrodestra riesce a fare maggior presa.
A ciò si può aggiungere una maggiore efficacia comunicativa del fronte conservatore, nonché l’obiettiva maggior facilità per un’ideologia populista e semplicistica di conquistare le masse, rispetto ad un progetto pragmatico e approfondito.
A tali ragioni “profonde” ne va agiata una più “prosaica”: in questi anni l’unica proposta di “campo largo” delle opposizioni si è fondata su un solo pilastro, ovvero sull’opposizione alla destra imperante.
Proprio in tale prospettiva si è teorizzata (e per un periodo, quello del governo Conte II, è stata pure sperimentata praticamente) una coalizione che andasse dal centro di Renzi e Calenda fino alla sinistra di Fratoianni e Bonelli: formazioni incompatibili fra loro per vari motivi, dalla concezione dell’economia a quella del mondo del lavoro, fino alla visione dei rapporti internazionali, quanto mai importante nell’epoca della guerra in Ucraina.
Il Terzo Polo mai nato
Proprio in contrapposizione a tale potenziale bipolarismo, che del resto ricorda quello del ventennio berlusconiano, i leader di Azione e Italia Viva hanno messo da parte le reciproche diffidenze per far vita ad una lista unica per le elezioni dello scorso 25 settembre. I due partiti, presentandosi slegati sia dal centrodestra che dal centrosinistra, hanno scommesso sulla presenza di una “prateria” di elettori desiderosi di una classe politica dedita esclusivamente ai temi, lontana sia dalla spicciola demagogia che dalla pura e sterile opposizione a essa.
Una scommessa che ha portato i suoi frutti, con la lista unica capace di totalizzare il 7,8% alla Camera. Forti di tali risultato, i due partiti fondatori hanno dato il via a un processo costituente per un nuovo partito moderato.
Tale progetto, tuttavia, è miseramente naufragato nel giro di pochi mesi. Si potrebbe fare un lungo elenco di ragioni dietro a tale fallimento, dalle questioni economiche alle regole del congresso fondativo, senza contare la nuova avventura editoriale di Renzi come direttore del Riformista. È evidente tuttavia come l’orgoglio personale ancora una volta abbia prevalso sull’esigenza di dare una casa a una fetta consistente di elettorato.
Italia Viva
Vecchio vizio della politica italiana, quello dei partiti personali. Giovani leader ramanti, politici decaduti alla ricerca di una seconda giovinezza, o magari semplici parvenu alla ricerca di un posto al sole: questo l’identikit di chi si lancia nell’impresa di creare un nuovo soggetto a sua immagine e somiglianza.
Tutte effimere imitazioni dell’unico partito personalistico ad aver raccolto un vero successo: Forza Italia. E proprio la dipartita di Silvio Berlusconi potrebbe aver posto definitamente una pietra sul progetto del Terzo Polo. Forza Italia è attualmente accreditata intorno al 7-8% dai sondaggi recenti ma, al netto della nomina di Antonio Tajani a segretario, non sembra intravedersi un leader in grado di riportare il partito ai fasti del passato.
E tale frazione di elettori, spaesata tanto dalla perdita del loro carismatico leader quanto da un centrodestra sempre più estremista e reazionario, è divenuta una preda invitante per l’ex sindaco di Firenze, che dalle colonne del Riformista e non solo non manca mai di ammiccare al (fu?) popolo forzista.
Proprio le ultime mosse di Renzi sarebbero viste con perplessità dal alcuni dei fedelissimi: negli ultimi tempi si è vociferato addirittura che esponenti del calibro di Ettore Rosato, Elena Bonetti e Teresa Bellanova fossero pronti a lasciare IV. Sebbene tali dicerie siano state smentite, restano indicative del clima che si respira nel partito renziano.
Azione
Di tutt’altro segno, invece, le iniziative dell’altro ex partner del Terzo Polo. Azione ha firmato, assieme a PD, M5S, +Europa e Alleanza Verdi-Sinistra, una proposta di legge sul salario minimo.
Tale ddl, secondo alcuni, potrebbe essere il primo mattone per un campo largo alternativo all’attuale maggioranza, con tutte le controindicazioni di cui sopra. Il salario minimo è un tema rovente nel dibattito dell’ultimo periodo: lo stesso centrodestra, che all’inizio si era chiuso a riccio davanti alla proposta, proponendo persino un emendamento soppressivo, successivamente ha frenato aprendosi al dialogo.
Dire però che Azione sia avviato all’abbraccio “mortale” con PD e 5S sembra azzardato: lontane sono le posizioni su diversi temi, ad esempio sulla giustizia, con i calendiani schierati per l’abolizione del reato di abuso d’ufficio.
Un’occasione persa
Il progetto del Terzo Polo, quindi, sembra definitivamente morto e sepolto. I due soci fondatori sembrano aver preso strade completamente diverse, tanto che anche solo pensare ad una lista comune per le europee del 2024 (dove Renzi a settembre vaticinava che il Terzo Polo sarebbe stato la prima forza) sembra folle.
Al momento soltanto i gruppi parlamentari sono rimasti uniti, per mere ragioni di convenienza reciproca: ma le due anime sono di fatto separate in casa e non ci sarebbe da stupirsi se nei prossimi mesi anche quest’ultimo simulacro di coesione dovesse svanire. Resta il rammarico per aver sprecato un’altra occasione – l’ultima? – di dare un riferimento ad una parte consistente di elettorato, rivelatasi nel 7,8% conquistato da Azione – Italia Viva alle ultime politiche. È anche questa una causa della crescente disaffezione alla politica: il posizionamento dei partiti deciso secondo convenienza e non in base alle proprie idee.
Riccardo Minichella
(In copertina Carlo Calenda e Matteo Renzi, foto di La Presse)