Ho contato i giorni che mi separavano da questo momento da molto più tempo di quanto io ci tenga ad ammettere, ma finalmente eccoci qui. Zerocalcare, nome d’arte del fumettista Michele Rech, è tornato su Netflix con una nuova e attesissima serie, “Questo mondo non mi renderà cattivo”.
Il ritorno di Zerocalcare
“Questo mondo non mi renderà cattivo”. Sono subito stata attratta da questa frase, sin dal momento in cui è stato annunciato il teaser. È più che un semplice titolo accattivante, mi è sembrata una vera e propria promessa, un autentico atto di autodeterminazione nei confronti del resto della società.
Non ci tengo a soffermarmi troppo sul contenuto della serie, perché penso che vada vista tutta d’un fiato e assaporata in ogni singolo monologo, dettaglio e battuta.
I disegni sgargianti e l’animazione dinamica sono una vera e propria gioia per gli occhi e costituiscono una forma d’intrattenimento a sé stante; e spesso ho dovuto mettere in pausa per cogliere più easter eggs possibili.
Ho sempre adorato il fatto che, come forma di espressione primaria, Zerocalcare prediliga sempre la sua arte, anche a fronte dei monologhi carichi di contenuto che sono ovviamente protagonisti della storia.
I problemi del presente
A livello di contenuto, come per Strappare lungo i bordi, è presente una certezza inequivocabile: con Zero si ride, si piange e si ragiona (leggi anche la recensione di Maddalena Petrini). Tuttavia, tra la storia precedente e questa nuova uscita è presente una linea di demarcazione ben precisa.
Mentre Strappare lungo i bordi tratta temi delicati e senza tempo come la ricerca del rispetto per la vita, Questo mondo non mi renderà cattivo ha una data ben precisa, il presente. I dubbi e le ansie di Zero stavolta trovano come sfondo problemi altrettanto delicati, ma decisamente più condivisibili: l’odio verso lo straniero, la precarietà delle condizioni lavorative di molti, il dubbio e l’incertezza per il futuro, fino ad arrivare al sempre più attuale rischio del neofascismo nel nostro Paese.
La serie si apre su un manifesto strappato che recita “no alla sostituzione etnica”, certamente opera dei “nazisti”, come li chiama Zerocalcare. Nonostante possa sembrare un termine anacronistico e decisamente “demodé”, trova la sua giustificazione nel fatto che il termine “fascista”, visti i tempi, abbia ormai perso parte della sua accezione negativa.
“Il nazismo, invece, è l’ultimo baluardo che ancora fatica a trovar spazio nel mercato demografico, forse grazie agli ebrei che ancora stanno un po’ straniti per ‘sto fatto della Shoah”, spiega Zero nella serie, attraverso un’autentica rottura della quarta parete.
Quella del linguaggio è senza dubbio una delle scelte stilistiche che più mi ha colpita; mai scontato o eccessivamente politically correct, ma è comunque evidente una certa attenzione di fondo nel trattare temi sociali di questa portata.
Zero, Secco e Sarah
Quello che forse non tutti sanno è che la storia è stata scritta quattro anni fa, ma purtroppo molteplici temi sono tornati ad essere attualissimi. La serie è una denuncia forte e chiara della violenza nazista di gruppi di estrema destra: questione piuttosto quotidiana, a portata di telegiornale.
Il punto di vista è quello di un qualsiasi ragazzo (più o meno giovane) che si affaccia sul mondo e che deve ripromettersi cento volte che non si farà snaturare dalla società che lo circonda.
Costa ammetterlo, ma spesso ci sono situazioni in cui questo non è possibile e la serie non manca di dimostrarlo, portando in primissimo piano spaccati di una realtà sempre più dura e filtrata dagli occhi di Zero, un personaggio turbato dall’overthinking e dalla sindrome dell’impostore.
Pur con dei disegni a due dimensioni, i personaggi hanno caratteri estremamente tridimensionali e profondi, a partire da Secco e Sarah, che nella scorsa stagione si presentavano semplicemente come gli amici di Zero.
La figura di Secco, ad esempio, è stata portata in primo piano e svincolata dal ruolo della semplice macchietta. Ora si può definire un protagonista a tutti gli effetti con una coscienza, con preoccupazioni e problematiche che fino ad oggi sembravano nascoste dal ridondante “annamo a pija er gelato?”.
La coscienza in forma di Armadillo
Penso sia necessario almeno menzionare la ritrovata presenza nella serie della coscienza a forma di Armadillo, con l’eccellente interpretazione di Valerio Mastandrea.
Il ruolo della coscienza anche qui è centrale e dà vita a numerosi scenari e siparietti che conferiscono una chiara idea del dialogo interiore travagliato dall’autosabotaggio del protagonista. D’altra parte, chi non vorrebbe un Armadillo sempre con sé, armato di onestà brutale e frasi scomode?
Globalmente, questo nuovo capitolo ha tutto quello che forse mancava al primo, già perfetto a parere mio (infatti, rimane sempre la mia prima scelta quando voglio guardare qualcosa che mi faccia commuovere come la prima volta).
Tematiche attualissime? Ci sono. Personaggi estremamente umani, ma talmente tanto che sembra di guardarsi allo specchio? Ci sono anche quelli. L’armadillo che ci insegna a vivere? Presente.
Non avrei potuto chiedere di meglio, se non magari una bella frase ad effetto finale… ah già, c’è anche quella.
…e l’ignoto
La corrente fa paura perché non sai dove ti porta, ma almeno vuol dire che non stai andando a fondo.
Sembra quasi superfluo ammetterlo, ma ovviamente questa frase ha fatto sì che versassi le mie ultime lacrime.
La paura per l’ignoto è un sentimento innato, un meccanismo di sopravvivenza che portiamo in noi sin dalla nascita del mondo, soprattutto di questi tempi in cui tutto è così veloce e precario che pochi sono i punti fermi a cui possiamo aggrapparci affinché la corrente non ci porti via.
Il sottotesto però è un messaggio di speranza, ci invita a rimanere uniti nelle avversità e a fare il possibile perché nessuno vada mai a fondo.
Federica Marullo
(in copertina e nell’articolo immagini tratte dalla serie Questo mondo non mi renderà cattivo, disponibile su Netflix)
Per approfondire:
- Questo mondo non mi renderà cattivo, un’analisi sociale, di Maddalena Petrini.
- Quello che mi ha insegnato Strappare lungo i bordi, di Federica Marullo.
- Strappare lungo i bordi, di Alessandro Leo.
- Guida a Zerocalcare scritta da una fan (gelosa), di Maddalena Ansaloni.