Cultura

Perdersi tra amore e violenza nel “Continente bianco” di Tarabbia

Il Continente bianco

Il “Continente bianco(Bollati Boringhieri) di Andrea Tarabbia, candidato al Premio Strega 2023, si ispira ad un romanzo del 2004 di Goffredo Parise, “L’odore del sangue”. Partendo dai personaggi e dall’incipit di Parise, la storia prende una svolta molto diversa, conservando tuttavia un finale tragico.


L’incontro

Andrea, l’io narrante che ci accompagna per tutto il libro, è uno scrittore alla costante ricerca di una storia; il suo è un bisogno quasi ossessivo, rappresentato figurativamente da una serpe. Tra le sue abitudini, c’è quella di recarsi presso la casa del dottor P*** per delle sedute di terapia. Qui, si imbatte per caso in Marcello Croce, l’amante di Silvia, l’affascinante moglie del dottore.

Egli attira subito l’attenzione di Andrea per i suoi occhi frenetici e per la bellezza “insolita, insieme nordica e nevrastenica” e il loro primo incontro lascia nell’autore un vago senso di inquietudine. Del tempo dopo questo primo faccia a faccia, per puro caso, Andrea si imbatte in una manifestazione di un gruppo di estrema destra chiamato “Continente bianco” e, tra i partecipanti di punta, vede proprio Marcello.

Da questo momento in poi, per il protagonista scoprire chi siano e cosa facciano questi ragazzi vestiti di nero rappresenta una vera e propria ossessione; e avvicinarsi a loro per raccontarli una missione.

(Non) è tratto da una storia vera

Fascisti. Di questo parla la storia. Di neofascisti, se vogliamo essere corretti.

E poi di Marcello e dei suoi attacchi di epilessia. Dell’uomo che chiamavano Werner, un finto tedesco dalle mani piccole. Di Silvia, borghese e servile nel suo mondo ovattato.

Il loro è un palcoscenico popolato di forme umane, con debolezze e forze e, soprattutto, con un passato che ha portato la loro vita ad intrecciarsi con quella del Continente bianco.

Infatti, l’unicità di questo romanzo risiede proprio nel punto di vista.

Non è un fascista a raccontarci di fascisti, esaltati dai loro ideali e non è un antifascista convinto che denuncia.

Il Continente bianco

Gli eventi si dipanano come se li osservassimo attraverso una macchina da presa che riporta ciò che accade scorrendo sulle rotaie del tempo della narrazione. Ma, e qui sta l’inganno, un personaggio che commenta c’è e, più di una volta, ci ricorda come i suoi siano solo ricordi, invenzioni, supposizioni.

Tarabbia gioca col lettore creando così un’esperienza di lettura fluttuante, che prima lo tira dentro e poi lo rigurgita all’improvviso. E lo costringe a porsi delle domande sulla verità. Più volte, durante la lettura, sorge il dubbio che il romanzo sia tratto da una storia vera; a mano a mano che si va avanti con la storia, la sensazione è che Tarabbia in persona abbia vissuto le esperienze di cui parla.

Mentre, in realtà, il suo è un lavoro di riscrittura e rielaborazione di un romanzo preesistente, nel tentativo di renderlo moderno e di affrontare un tema che riguarda direttamente il presente.

Andrea Tarabbia di Andrea Tarabbia

Affrontare un tema come quello dei movimenti di estrema destra è sicuramente un impegno non da poco. Se ne è parlato e se ne parla in tutti i contesti, modi, toni, e dire qualcosa di nuovo o di interessante non è scontato. Soprattutto nel 2023, in Italia.

Ma, forse, la scelta più coraggiosa è stata la costruzione del personaggio narrante. Come già accennato, non si tratta di un militante di estrema destra, e neanche di un antifascista dichiarato. L’Andrea Tarabbia che vive tra le pagine del libro è un uomo che fa fatica ad agire, un ignavo. Entra quasi per caso nei rivoluzionari estremisti del Continente bianco e decide di farne parte, anche se per finta.

Nel giro di pochi capitoli viene coinvolto in una sequela di rituali, dimostrazioni di appartenenza e regole violente e, nonostante questo, non si ribella. Si limita a documentare, tanto che più avanti Marcello, il vero protagonista, gli chiederà di fare da memoria scritta del movimento, di renderli eterni.

Il Continente bianco si presenta ad Andrea attraverso un volantino enigmatico: lo stemma di un cane a fauci spalancate stampato su uno sfondo con la Zattera della Medusa di Géricault; la constatazione che una guerra è in arrivo, seguita dalla domanda ‘tu da che parte stai?’ e, alla fine del foglio, un sito web.

La Zattera della Medusa di Théodore Géricault (1818-19).

Spinto dalla curiosità, Andrea cerca il sito, ma l’unica cosa che compare sul suo telefono è uno schermo totalmente bianco. Una chiazza di luce epilettica che si riflette nei tuoi occhi e ti chiede cosa vuoi. E se davvero è il posto giusto per le risposte che cerchi, queste appariranno.

Andrea aspetta abbastanza da veder comparire una voce “Parole”. Una volta cliccato, si trova davanti un percorso antologico fatto di citazioni, versi, canzoni che vanno da Mishima a Keats, da Unabomber a Marinetti.

Solo attraversando questo viaggio ideologico a presentazione delle idee del Continente, si arriva alla frase “Se sei arrivato fin qui…” e al form da compilare se si vuole essere ricontattati per far parte del movimento. Un test che saggia la tua convinzione e determinazione ad andare fino in fondo, in tutti i sensi.

Silvia e i vortici di un amore

Il suo personaggio viene introdotto come una signora di mezza età ancora bellissima, che ama camminare in casa con i tacchi e affacciarsi alla finestra in vestaglia per farsi guardare dal giovane Marcello. Tra lei e suo marito non ci sono mai stati segreti e ognuno dei due ha sempre avuto la libertà di avere altre relazioni.

Ma il dottor P*** questa volta ha un brutto presentimento; secondo lui, Marcello la trascinerà verso il basso e le farà fare una brutta fine. Silvia è pienamente consapevole di quello a cui va incontro nell’accettare questa dinamica morbosa in cui lei è pura proprietà di Marcello. Si ritrova a dover concedere tutto ciò che lui chiede con prepotenza e accetta il suo destino con stanca rassegnazione.

Tra violenza e rari momenti di dolcezza, in cui l’amore che lei dimostra ha più il sapore di quello di una madre per un figlio problematico, la donna continua testarda a camminare a testa alta nelle quattro mura della sua casa sapendo che tutto ciò che la fa sentire così viva sarà anche la sua fine.

Ubu, nel segno della morte

La rassegnazione che caratterizza il personaggio di Silvia torna in modo diverso in un’altra figura emblematica del romanzo: Ubu.

C’è una grande differenza tra i due. In Silvia, l’abbandono si accompagna a una forma di consapevolezza che rende inevitabile il corso degli eventi. Ubu, invece, è un “ragazzone” capace di spezzare il collo di un uomo a mani nude, che da bambino ha perso un pezzo di cervello a causa di un trauma.

Anche per lui la morte è vicina, ma è come la lama di una ghigliottina che fluttua sulla sua testa e potrebbe cadere da un momento all’altro. Il fantasma di una minaccia che accompagna il personaggio nella sua vita fatta di violenze e allo stesso tempo così ingenua. Nella vita quotidiana, Ubu lavora al macello e uccide animali in modo meccanico. Proprio in queste bestie trova dei simili e delle vittime.

Immagina di non saper elaborare il fatto di essere un condannato ma, allo stesso tempo, di avere una vaga consapevolezza di esserlo […]. Che cosa faresti? Saresti ossessionato dalla morte, ma non dalla tua – poiché è un’idea troppo astratta, troppo dolorosa forse: da quella degli altri. Uccidere bestie lo calma, è una cosa che lo mette in confidenza con il suo destino: una volta mi ha detto che negli occhi degli animali che abbatte vede una calma, una pace, che lui non può avere.

Il continente bianco, p. 154.

L’incontro fra queste due forme di rassegnazione farà scattare la miccia che porterà all’implosione del movimento.

Ubu, quasi dolce e ingenuo nella sua forza, non ha mai fatto l’amore con una donna che non fosse una prostituta. Marcello, eccitato dal totale potere che esercita su Silvia, la costringe ad offrirsi ad Ubu permettendogli di avere la sua prima vera volta.

Da questo momento in poi, inizia la discesa verso la fine. Marcello non riesce più a fare a meno della sensazione di controllo che ha sulla donna e la costringerà a prostituirsi più e più volte, fino a quando nemmeno quello basterà a saziarlo.

Silvia rimane vittima della mania di possesso di Marcello e Ubu finisce per morire, manipolato dal movimento, nel tentativo di vendicare la dignità dell’unica donna che, seppur costretta, l’aveva accolto. Nessuno dei due si immola per la “causa” del movimento, ma, anzi, per ragioni puramente umane e, se vogliamo, universali.

Grida nel silenzio, ascolta

Come già detto, si parla di ideologie, di estremismi, di violenza, ma la forza che si percepisce tra le sue pagine risiede nel modo in cui Tarabbia approccia il mondo di questi personaggi (relativamente) senza giudizio.

Questo permette alla radice profonda dell’odio di emergere. È un mix di caratteristiche umane che vanno dalla sofferenza all’amore, dalla povertà alla malattia, dalla solitudine all’odio.

Foto di Nadine Shaabana su Unsplash.

Per quanto condannare sia importante, è fondamentale anche cercare di capire da dove emergano queste correnti, quali siano i motivi che permettono ai Marcello di questo mondo di avere consenso e ricevere potere. Non sono tutti ignoranti, non sono tutti deviati. Se non ci impegniamo ad ascoltare chi grida, loro andranno da chi grida più forte di loro.

Marcello, in questo senso, è un personaggio che si distingue per la sua intelligenza e consapevolezza. Sa come giocare con le emozioni e debolezze umane in modo da alimentare quell’odio che rende le persone cieche e quindi facili da guidare a proprio piacimento. Durante uno dei primi dialoghi con Andrea, gli mostra un video di un esperimento scientifico che si svolge così:

Quando parte la prima scarica, le bestiole, apparentemente indifferenti l’una all’altra, fanno quello che hanno fatto i primi due topi: cercano di scappare da quella macchina di dolore e morte. Per alcuni secondi corrono per la gabbia, mordono le sbarre, le graffiano, si sfiniscono. […] Ma poi, di colpo, si rendono conto l’uno dell’esistenza dell’altro e si risvegliano […] Le scosse terminano, i due topi si separano: ciascuno ricomincia a fare ciò che faceva prima della scossa […]. Ma sono vivi.

Il continente bianco, p. 57.

Una dimostrazione pratica di come funzioni il Continente bianco, fatto di persone che hanno bisogno dell’odio e di un nemico per sopravvivere.

È per questo che siamo qui. E perché sei qui anche tu. Per vivere.

Il continente bianco, p. 58.

Alice Nanni

(In copertina: Image by Сергій Марищук from Pixabay)

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