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Il segreto della felicità – Brianda Franco Salazar si racconta (3)

Brianda Franco Salazar

L’importanza dell’arte e della storia, la tenacia durante il difficile periodo del lockdown e la certezza che non è mai troppo tardi per cominciare a studiare: questi sono le sfide e i sogni che Brianda Franco Salazar affronta ogni giorno con passione per la sua Casa de Cultura.


Greta Murgia: C’è qualcosa in particolare in cui credi?

Brianda Franco Salazar: Ho sempre creduto molto nel valore della storia e dell’arte. In fondo, gli artisti sono come degli angioletti inviati da Dio per ricordarci che abbiamo dei sentimenti, mentre gli storici ci ricordano che, nel passato, i nostri antenati si sono sacrificati per lasciarci qualcosa.

Penso che sia molto importante conoscere il nostro passato: ci aiuta a renderci conto di quanto le persone ci abbiano amato, permettendoci così di vivere il nostro presente. Anche se spesso quello che abbiamo ci sembra insufficiente, dobbiamo chiederci perché lo abbiamo e considerarci fortunati.

Mi capita spesso, ad esempio, di pensare al mio bisnonno [Emiliano Zapata, eroe della rivoluzione messicana ndr] e ai suoi due figli, che sono stati torturati solo perché nascondevano dei documenti, ricevuti dal padre che distribuivano alle persone in difficoltà. Chissà cosa pensava Emiliano Zapata mentre stava sacrificando non solo la sua vita, ma anche quella dei suoi figli.

Mia nonna, poco dopo la loro morte, cominciò a indagare su chi avesse ucciso il padre e i fratelli: scoprì che qualcuno aveva minacciato suo padre di uccidere i due ragazzi qualora non avesse consegnato quei documenti; ma proprio uno dei suoi fratelli, Julien, lo aveva convinto a non cedere. 

Se nella mia famiglia le persone hanno fatto un tale sacrificio, dando la propria vita, allora sento di non poter fallire. La violenza non serve, la risposta è l’arte. Molti dicono che la mia vita è un racconto delle favole, una finzione. Ma in che altro modo pensiamo di poter cambiare questo mondo? Forse con più armi e più guerra?

Brianda Franco Salazar
Immagine di repertorio da Unsplash.

A volte dico a mio marito che, prima di incontrarmi, la sua vita era sicuramente più tranquilla. E lui me lo conferma: tante volte mi sono chiesta se si è pentito di avermi sposata. La nostra vita, in fondo, gira attorno alla Casa della Cultura. E occuparci di questo pezzettino di mondo in cui viviamo, anche se è poca cosa, ci rende felici.

Attraverso la cultura impari anche a rispettare il fatto che non tutti la pensano come te. Ogni forma di religione, ogni tradizione, ogni stile musicale non deve essere motivo di allontanamento, anzi di incontro.

Tutte le culture e le forme di conoscenza sono a loro modo fantastiche, e se la cultura del luogo in cui sono nata non mi piace ho il diritto di andarmene, di crearne un’altra. La cultura, così, ci aiuta a rispettare – e a trovare – la nostra individualità e, in questo modo, anche ad essere un po’ più felici.

G.M.: Cosa ami di più del tuo lavoro?

B.F.S.: Sai, spesso mi chiedono perché mi piaccia stare dietro le quinte di quello che organizziamo. Rispondo che certo, è bellissimo vedere l’evento; ma la cosa che amo di più è vedere tutti quanti felici.

Nella Casa de Cultura ho formato un gruppo che organizza eventi di storia, attività turistiche, corsi di apprendimento pratico, per esempio per imparare a fare le iniezioni. Ho concluso proprio recentemente un progetto per aiutare le persone maggiorenni a finire la Preparatoria [la scuola superiore messicana ndr]. Sono progetti per il sociale che, nonostante le difficoltà, mi stanno veramente a cuore.  

Quando ho deciso di dare lezioni di scuola secondaria con una specializzazione tecnica, la condizione era che partecipassero almeno 30 persone: all’inizio è stato molto difficile. A volte sono stata costretta a portare ai corsi mia figlia, altrimenti non sarei riuscita a tenerli, ma ad alcuni dava fastidio che la bambina piangesse.

Ho sempre incoraggiato le donne a studiare, dando la possibilità di lasciare i bambini alla Casa de Cultura con degli educatori che li facevano giocare, correre e dipingere.

Esperanza Franco (figlia di Francisco Franco e nonna di Brianda) e Anita Aguilar (autrice di “Así firmaron el Plan de Ayala” e “Emiliano Zapata: hombre de tierra”). Immagine da Flickr.

Ora le mamme che portano i loro bambini sono quattro, cinque se conto anche me. Inoltre, ho convinto a studiare alcune persone che lavorano molto e pensano di non avere tempo, sono convinte di essere ormai troppo vecchie.

Sono riuscita a convincere alcuni che non è mai troppo tardi per iniziare a studiare. In questo modo si è formato un gruppo di trenta persone che frequenta il primo semestre della Secondaria con la specializzazione tecnica.

G.M.: Che bello! Il tuo progetto ha avuto successo allora!

B.F.S.: Direi proprio di sì!  Andiamo avanti così da 6 mesi – credimi, è molto pesante – ma sono felice di vedere persone di 30, 40 anni – una anche di 60 – che scherzano e vivono ora ciò che non hanno avuto a 15 anni.

Quando avranno finito la scuola apriremo un’attività, perché stanno imparando a realizzare creme, formaggi, salsicce, chorizos e persino miele. Tutto questo non sarebbe possibile senza l’aiuto del CBTA, il Centro De Bachillerato Tecnológico Agropecuario, del municipio di Quito, che ci fornisce gli insegnanti formati.

Immagine di Brianda Franco Salazar relativa al progetto Ruta de Zapata.

Mi piacerebbe formare anche un secondo gruppo di studenti perché altre persone mi hanno detto che vorrebbero studiare. Si tratta in gran parte di mamme che vogliono essere d’esempio per la propria famiglia e per i propri figli. Vogliono essere un modello per il futuro, per crescere e poter ottenere, col tempo, un impiego migliore.

Sto formando anche un gruppo di guide turistiche. Molti mi dicono che è impossibile, ma io credo nel progetto. Abbiamo creato quattro percorsi e ci sono quattro ragazze che hanno accettato di dirigere il gruppo.

Come non bastasse, ho in cantiere anche un altro progetto: una galleria d’arte comunitaria. Se non fosse ancora chiaro, “comunitario” è la mia parola preferita.

In questa galleria ho pezzi di artigiani e artisti provenienti da diverse località di Morelos nonché da altri Stati. Si tratta però di un progetto che, nonostante sia stato pensato per aumentare il numero di visitatori alla Casa de Cultura, non sta raggiungendo i risultati sperati. Ma non dispero: magari in futuro andrà meglio!

Brianda Franco Salazar

G.M.: Come avete affrontato il periodo della pandemia?

B.F.S.: Siamo stati costretti a chiudere, ma abbiamo proseguito tutte le attività su Zoom. Abbiamo tenuto eventi, concerti, presentazioni di libri, tutti online: è stata un’impresa e ne stiamo uscendo soltanto ora , perché alcuni (anche tra i bambini) hanno ancora paura di contagiarsi

La segreteria culturale dello stato di Morelos ci ha appoggiato tantissimo, però ovviamente non ha tanti mezzi: con loro gestiamo un corso all’anno e organizziamo eventi, ma quest’anno è molto complesso perché dobbiamo sostenere vitto e alloggio per chi lo tiene, trovare un luogo adatto, noleggiare le apparecchiature foniche e così via.

Il municipio, per fortuna, ci sostiene sempre, ma non ho proprio voglia di dipendere dal governo: la comunità deve essere protagonista, altrimenti non ci sarebbe continuità e tutto dipenderebbe dalle decisioni del governo in carica. Fra l’altro, il presidente municipale ha un mandato di soli 3 anni, mentre io mi occupo della Casa de la Cultura da 7, avendo alle spalle (in tutto) 18 anni di attività culturali comunitarie.

Con la Casa de Cultura ho creato una sorta di bolla felice nella quale le persone davvero credono nei sogni e hanno fiducia di poter cambiare il mondo: siamo piccole gocce d’acqua, ma, cadendo così, a poco a poco, se ci uniamo tutte siamo in grado di scavare anche la pietra.

So bene di essere imperfetta, e non sono sempre di buon umore; però credo che il non avere talenti mi aiuti ad apprezzare chi li ha. Forse, alla fine, è questo il mio vero dono.

G.M.: Ci sono altre Casas de Cultura nella tua regione?

B.F.S.: Siamo l’unica Casa de Cultura del municipio di Ayala; nello stato di Morelos ce ne sono pochissime con una sede fisica, e noi siamo tra le poche fortunate. 

Immagine dei partecipanti a un gruppo per adulti scattata da Brianda Franco Salazar.

Io chiamo la mia comunitaria, perché tutti coloro che partecipano lo fanno su base volontaria: doni il tuo corpo, i tuoi sforzi, i tuoi spazi, le tue conoscenze, tutto insomma. Ci sono stati dei corsi a pagamento, ma sempre a basso costo: un esempio sono gli sportelli psicologici, dove a chi non ha molto chiediamo di donare dei prodotti per le pulizie

Altre Casas de Cultura si muovono tramite associazioni, dunque non chiedono denaro o offrono corsi a basso costo solo per mantenersi. Me ne viene in mente una meravigliosa, il Centro Cultural Pedro López Elías, che per me è la migliore di tutta l’America latina.

G.M.: Se potessi dare un consiglio alla te bambina, cosa le diresti? 

B.F.S.: Non smettere mai di sognare, e soprattutto di puntare in alto. Anche se ti spaventa cadere non smettere mai, perché il lavoro e il denaro sono mete, ma non sono sogni.

I sogni non sono quelli che ti fanno vestire bene e mangiare nei migliori ristoranti, ma sono quelli che ti rendono felice. Io ho ancora un sogno: un giorno voglio andare in Ecuador e conoscere la Casa de Cultura di Benjamín Carrión, toccarla con le mie mani.

I sogni si realizzano, ma tu devi aggrapparti a loro: gli altri ti diranno sempre che non puoi, ma tu non ascoltarli, ascolta invece la tua voce interiore. Non ti arrendere, perché sei così giovane, e, anche se tutti credono che i giovani siano bravi solo a perdere tempo, tu non gli credere, perché dentro hai ancora quella forza che loro non hanno più.

Brianda Franco Salazar
Un’immagine di Brianda Franco Salazar.

Quello che ti porterai dietro quando morirai sono i ricordi e le esperienze: le esperienze sono quelle che ti rendono felice, ma anche che ti fanno arrabbiare e soffrire. Tutte le esperienze e le emozioni ci rendono davvero umani, e per questo devono essere le benvenute.

Ricordati, infine, che i sogni si avverano sempre. E te lo dico perché il mio primo sogno si è realizzato.

[Fine terza e ultima parte]

Greta Murgia

(Intervista a Brianda Franco Salazar realizzata in spagnolo da Greta Murgia, trascrizione e traduzione di Beatrice Russo ed Emilia Todaro, editing di Eleonora Pocognoli; un ringraziamento particolare a Maria Grazia Di Somma; in copertina e nel testo immagini di Brianda Franco Salazar)


Per approfondire, leggi anche la prima e la seconda parte dell’intervista a Brianda Franco Salazar; gli articoli della serie Il Mio Messico, a cura di Greta Murgia; e la recensione del romanzo Il sale della terra di Jeanine Cummins, a cura di Diego Bottoni. Sulla Casa de Cultura di Brianda Franco Salazar si consiglia questo video:

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