Viaggiare è la scusa migliore per procrastinare tutti gli impegni. Lavoro, studio, preoccupazioni varie si possono spingere un po’ più in là. “Ci penserò al ritorno” è la frase che accompagna ogni partenza. Così, in un periodo particolarmente saturo di impegni, sono scappata a Praga, la città degli alchimisti…
Per questo viaggio nella capitale della Repubblica Ceca sono partita in compagnia della mia fidata amica Alice, con cui ero scappata nelle Langhe a maggio dell’anno scorso. Perché Praga? Nessuna di noi l’aveva mai visitata, ma facendo qualche ricerca su internet le foto mostrano una città che rapisce al primo sguardo.
Consiglio vivamente, come abbiamo fatto anche noi, di prenotare i voli mesi prima per trovare delle buone offerte, e lo stesso per l’alloggio. In realtà, Praga è abbastanza economica, considerato che 1 euro vale circa 25 corone ceche. Io e Alice abbiamo preso un AirBnB a dieci minuti di macchina dalla città vecchia (attenzione: le case in affitto non hanno un’ottima fama dal punto di vista della pulizia).
Per circolare ci sono tutti i mezzi possibili e immaginabili: metro, tram, autobus, biciclette e monopattini a noleggio. Noi abbiamo utilizzato sempre Uber, un’app davvero comoda, veloce, sicura e anche molto economica lì a Praga (attenzione a non entrare nella macchina sbagliata… no figurati, non lo dico per esperienza).
A Praga quasi nessuno parla inglese, infatti comunicare è molto difficile perché quasi tutti cominciano a parlare in ceco a macchinetta, e non importa se la tua faccia è attonita. Eppure, conoscere almeno le parole base in inglese è fondamentale, quanto meno per farsi intendere.
Le attrazioni sono tutte abbastanza vicine e in due giorni si riesce a visitare praticamente tutto. Possiamo dire che Praga si divisa in due: la città vecchia e il quartiere di Malá Strana, al di là del fiume Moldava. È così che ho suddiviso i giorni di sabato e domenica.
A Praga la moneta corrente è la corona ceca, eppure molti posti accettano anche gli euro. In ogni caso vi sono molti sportelli per cambiare la valuta sparsi in giro per la città. Ultima accortezza prima di partire: occhio al meteo. Mentre a Milano già si circola in felpa, a Praga le massime davano 13°. Lì aprile è un po’ come il nostro marzo, quindi in valigia hanno trovato posto cappotto, cappello, sciarpa e ombrello (anche se poi il sole è spuntato ugualmente).
La prima cosa che ho notato durante il tragitto dall’aeroporto all’appartamento è stata la quantità di edifici storici. L’architettura di Praga (e me ne sono resa conto meglio visitando il centro) è un miscuglio di stili diversi, che stanno armoniosamente incollati assieme.
Dal romanico al gotico, rinascimentale, barocco, rococò, classico, imperiale, liberty, avanguardista. Lo stile gotico è senza dubbio il più spettacolare, perché gli edifici gotici praghesi sono caratterizzati da tetti e guglie di colore nero. Come se questi fossero carbonizzati, o come se fossero sotto l’incantesimo di qualche mago.
Giorno 1: sabato
(Percorso su Google Maps)
Orologio astronomico
La prima tappa è stata la piazza in cui si trova l’Orologio astronomico. Piacevolmente, io e Alice siamo state accolte da un odore di caldarroste che, unito alla giornata uggiosa, catapultava subito al periodo natalizio.
L’orologio fu progettato nel XV secolo dal maestro orologiaio Hanuš di Růže e dal suo assistente Jakub Čech. Si potrebbe fare un tour della città solo inseguendo le principali leggende, e si partirebbe proprio da qui.
Ci sono molte versione del mito, ma in generale si racconta che dei politici locali organizzarono un agguato al costruttore. Questi volevano rendere cieco il maestro orologiaio, così che non potesse riprodurre la sua opera.
Secondo una versione della leggenda l’agguato non andò a buon fine e il maestro distrusse l’orologio dopo aver scoperto i malvagi piani contro di lui. Secondo l’altra versione invece il piano riuscì, il maestro divenne cieco e sabotò comunque l’orologio, introducendo la sua mano tra i meccanismi.
Arrivando nelle prossimità della torre orologiaia si nota subito una gran massa di persone. Infatti, ogni giorno e allo scoccare di ogni ora, dalle 9 alle 23, l’orologio si anima. Al cambio dell’ora si aprono due piccole finestrelle, dalle quali si può vedere la sfilata di dodici apostoli. Ai lati del quadrante astronomico, dalla forma di un astrolabio, si animano anche delle figure, tra cui un simpatico scheletro.
Chiesa di Santa Maria di Týn
Io e Alice ci siamo presto accorte di una curiosa ricorrenza: qualunque strada prendessimo a partire dalla piazza dell’orologio, anche andando senza una meta, eventualmente ci ritrovavamo sempre lì. Come si suol dire, “tutte le strade portano all’orologio astronomico”…no? A pochi metri dalla piazza, però, si trova la Chiesa di Santa Maria di Týn.
Le guglie nere di questa imponente signora si vedono praticamente da ogni angolo della città vecchia, a stabilire la sua presenza austera e scura.
In effetti, le sue torri sono alte ben 80 metri. Per trovare questo edificio sacro, infatti, basta che i piedi seguano lo sguardo.
Questa chiesa in stile gotico fu costruita nel XIV secolo, e l’interno fu poi riedificato secondo lo stile barocco.
Al suo interno si trova l’organo più antico di Praga, costruito nel 1673, e ospita anche la tomba dell’astronomo Tycho Brahe, che lavorava presso la corte di Rodolfo II, personaggio importante per la storia della città. Le decorazioni che ornano la chiesa sono davvero stupefacenti, di una ricchezza incredibile.
Klementinum
Il Klementinum si trova un po’ nascosto in una piazzetta brulicante di visitatori. In quella via si trovano molti locali che attirano i turisti, e ogni volta che vi si mette piede si sente un forte odore di carne (in pratica, non si mangia altro). Il Klementinum, fondato nell’XI secolo, era la sede dell’istituito gesuita e dell’università.
Al suo interno si possono visitare la Cappella degli Specchi, che prende nome proprio dagli specchi appesi alle pareti; la Torre astronomica altra 68 metri, utilizzata da scienziati come Josef Stepling, per le proprie ricerche astronomiche; la Biblioteca barocca, dalla bellezza indescrivibile.
Purtroppo non avevamo pensato di prenotare in anticipo i biglietti e, andando lì piene di speranza alle 11:00 del mattino, l’unico posto disponibile per visitare la Biblioteca era alle 20:15 di sera. L’uomo che lavorava alla biglietteria, abbastanza scontroso e che non sapeva una parola di inglese, ci ha detto di inquadrare un QR code per acquistare i biglietti online. Il sito non era minimamente intuitivo, quindi abbiamo perso questa magnifica occasione (ma è solo l’inizio…).
Quartiere ebraico
In seguito a questa prima delusione, ci siamo buttate sul quartiere ebraico. Google sosteneva che il cimitero ebraico fosse aperto alle visite, quindi è lì che ci siamo dirette. Si tratta di uno dei più antichi cimiteri ebraici al mondo, la cui costruzione risale al XV secolo e per 350 anni è stato l’unico luogo di sepoltura per gli ebrei a Praga.
A creare l’atmosfera triste e lugubre di questo posto sono le 12 mila lapidi ammassate l’una sull’altra. Essendo l’unico spazio disponibile, vi sono casi in cui si sovrappongono fino a dieci strati di sepolture.
In ogni caso, arrivate di fronte all’ingresso, io e Alice abbiamo scoperto che il sabato per la religione ebraica significa Shabbat. Secondo la Genesi, dopo sei giorni impegnato nella creazione dell’universo, Dio avrebbe riposato il settimo giorno. “Shabat” significa proprio “smettere” e, per l’appunto, smettono anche le funzioni religiose e tutti i luoghi sacri ebraici rimangono chiusi.
Maledicendo la nostra sfortuna, io e la mia amica abbiamo accantonato anche l’idea di visitare le varie sinagoghe, ripromettendoci di tornare il giorno successivo.
Ponte Carlo
Ponte Carlo collega la città vecchia di Praga con il quartiere di Malá Strana. Si tratta di un ponte in pietra davvero affascinante e la leggenda riguarda proprio la sua costruzione. Fu voluto da Carlo IV, regnante molto interessato agli influssi astrologici e numerici, che fece applicare anche per edificare il ponte.
Importantissima è infatti la sequenza numerica che sta dietro a tutta la costruzione: l’ultima pietra venne posata il 9 luglio 1357 alle 5:31. I numeri sono in ordine prima ascendente, poi discendente, e sono tutti dispari. Sarebbe proprio questa particolare attenzione numerologica ad aver garantito la sua sopravvivenza per tutti questi secoli.
Un altro mito sul ponte racconta che lo strano Carlo IV, quando ordinò la costruzione del ponte, chiese agli abitanti dei paesi vicini di portare degli albumi d’uovo per impastarli con la malta e tenere saldi i pilastri. Tuttavia, gli abitanti di Velvary, per paura che le uova si rompessero nel tragitto, portarono uova sode.
A seguito di ciò, tutto quello che durante il giorno veniva edificato, crollava la notte. Allora l’architetto fece un patto col diavolo affinché lo aiutasse nella costruzione, consentendogli in cambio di prendere l’anima del primo che fosse capitato sul ponte la notte. L’architetto si credette più furbo del diavolo e la sera liberò un gallo sul ponte. Il demonio, per vendicarsi, prese l’anima della moglie. Il gallo compare proprio in cima a una delle statue.
Il ponte di giorno è davvero gremito, l’ideale sarebbe passeggiarvi la sera per goderselo appieno. Percorrendolo si assisterà a gesti scaramantici che riguardano le statue. Si dice che toccare la croce della statua di San Giovanni Nepomuceno porti fortuna. Indovinate? Era l’unica statua in ristrutturazione…
Castello di Praga
Attraversato il quartiere di Malá Strana, una scalinata che pare infinita conduce in cima al colle che ospita il Castello. La salita ricompensa, però, con una vista mozzafiato sulla città. Il castello domina tutto il circondario ed è ben visibile da ogni parte di Praga, tanto da diventare parte del suo inconfondibile profilo.
La superficie su cui si estende il castello è di 45 ettari e comprende palazzi, edifici ecclesiastici, fortificazioni, uffici e case abitabili. Il castello è stata la sede di principi, re, imperatori, capi di stato.
La sua costruzione è iniziata nel IX secolo, ma in seguito è stato riedificato in stile gotico, come si può vedere dalle caratteristiche torri nere. Girandoci attorno, col naso all’insù, si possono ammirare gli inquietanti gargoyle che si affacciano dalle colonne con le loro smorfie.
Monastero di Strahov
Arrivate le 16:00 del pomeriggio, non sapendo più che altro visitare, avevamo deciso di fare un salto al monastero di Strahov, pensando di consolarci con la sua biblioteca, ricca di manoscritti medievali, mappe e mappamondi. In circa 25 minuti si giunge al monastero, partendo dal Castello.
Ovviamente, la nostra magica fortuna non poteva di certo abbandonarci, e così abbiamo scoperto che la biblioteca chiude alle 16:30. L’addetta alla biglietteria, molto scocciata, sostiene che può venderci anche i biglietti, ma che non ne vale la pena.
Insomma, l’unica soluzione era rimasta concludere la giornata provando a recuperare una pozione alchemica in grado di donarci un pizzico di fortuna, così ci siamo dirette al Museo degli alchimisti e dei maghi dell’antica Praga.
Museo degli alchimisti e dei maghi dell’antica Praga
Questo piccolo museo si trova in una zona quasi sperduta del quartiere di Malá Strana, in una stradina ripida in discesa (che nemmeno Uber sembrava trovare). Devo riconoscere che l’unico bigliettaio simpatico (anche se pareva essersi bevuto qualche strana pozione) l’ho trovato qua. L’uomo, col suo mantello, ci ha dirette verso una stretta scala a chiocciola antichissima, la quale portava alla cosiddetta Casa All’Asino nella Culla, dove visse l’alchimista Edward Kelley.
Entrando, era in corso una visita guidata, e l’altrettanto bizzarro omino che faceva da guida ha gentilmente invitato me e la mia amica a partecipare, anche se il racconto era già iniziato. Dal suo inglese stentato e dal marcato accento slavo, abbiamo inteso una parola su dieci, ma è stato comunque molto coinvolgente e interessante.
Il tour mostrava la ricostruzione del laboratorio di un alchimista, tra ampolle, forni, scheletri, libri e gatti impolverati. Vi erano anche i manichini di alcuni personaggi rilevanti come l’alchimista John Dee, Rodolfo II, William Shakespeare.
Secondo giorno: domenica
(Percorso su Google Maps)
Sinagoga Vecchio Nuova
Finalmente, il giorno successivo allo Shabbat, i luoghi di culto ebraici erano di nuovo aperti. Dopo aver rinunciato a fare la fila per il cimitero ebraico, troppo lunga, abbiamo optato per la Sinagoga Vecchio Nuova, la più antica sinagoga dell’Europa Centrale. Non nascondo che il motivo principale per cui volevo visitarla era la leggenda del Golem.
Ancora prima della confinazione nel ghetto durante le persecuzioni naziste, già nel Settecento, il popolo ebraico di Praga era sgradito alla comunità locale. Leggenda vuole che per proteggere il proprio popolo dalle persecuzioni, il rabbino Loew creò un Golem, modellandolo a partire dall’argilla proveniente dalle sponde del fiume Moldava. Sulla fronte dell’essere dalle sembianze umane il rabbino incise la parola “emet”, ovvero “verità” in ebraico.
Attraverso questa scritta e un incantesimo, il Golem si sarebbe risvegliato e subito avrebbe garantito la protezione del popolo ebraico. Tuttavia, il mostro cominciò a diventare sempre più crudele e omicida ad ogni risveglio, così il rabbino sostituì la scritta “emet” con una significante “morte”, a patto che il Golem non perseguitasse più il suo popolo. Secondo il mito, il Golem fu rinchiuso, sotto uno stato di morte apparente, proprio nella soffitta della Sinagoga Vecchia-Nuova.
Purtroppo non si capiva come accedere alla soffitta, altrimenti avrei potuto verificare di persona…
Sinagoga di Gerusalemme
Ormai tutti avranno capito quanto io e Alice siamo baciate dalla fortuna, quindi, cosa poteva andare storto nella visita alla sinagoga con la facciata più pazzesca di Praga?
Esatto: proprio la facciata era in ristrutturazione.
Però bisogna ammettere che l’interno non aveva nulla di meno rispetto all’esterno. Appena entrati, infatti, si rimane sbalorditi dai colori vivaci che riempiono gli occhi: decorazioni blu, rosso e oro ornano le pareti. Ma questa non è l’unica cosa che distingue questa sinagoga dalle altre, generalmente spoglie e umili. Questa è infatti decorata in stile liberty viennese (si può parlare di stile pseudo-moresco).
Il grande rosone presenta all’interno il disegno della stella di David a sei punte, e il centro della facciata occidentale è ornato da una scritta ceca ed ebraica: “Questa è la Porta del Signore Iddio attraverso la quale passano i giusti. Non abbiamo forse tutti un unico Padre? Non siamo forse stati creati da un unico Dio?”.
Nella Sinagoga di Gerusalemme (o del Giubileo) c’è una mostra permanente di fotografie che presenta la storia della comunità ebraica praghese dal dopoguerra fino a oggi.
Kampa
L’isola di Kampa si trova al di là del Ponte Carlo, nel quartiere Malá Strana, separata dall’altra parte dal “canale del diavolo”. Si dice che il canale debba il proprio nome ad una donna indemoniata che viveva nelle sue vicinanze.
Le acque di questo canale servivano, nel XV secolo, a far girare il Mulino del Gran Priore, accanto al quale si trova una curiosa statua. Si tratta di un Vodnik, una sorta di folletto acquatico che, secondo il mito, rubava l’anima delle persone che affogavano nel fiume Moldava per rinchiuderle in cocci che teneva poi sul fondo. Pare che poi, col tempo, questi mostriciattoli siano diventati più amichevoli.
Kampa ha un’atmosfera romantica, data dal viale di alberi e panchine che percorrono la piccola piazza. Qua è l’ideale fermarsi per pranzare, godendosi la vista del ponte e la calma della zona, da non dare per scontato.
Muro di Lennon
Girato qualche angolo, partendo dalla piazzetta di Kampa, si trova il Muro di Lennon. Si tratta di un muro (neanche lunghissimo) dove, nel corso degli anni, i visitatori hanno scritto, e continuano a scrivere, messaggi di pace. Bisogna considerare che non si tratta di un’attrazione importante per la sua bellezza, quanto più per il significato che rivestiva nella Repubblica Ceca negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso.
I Beatles cominciavano a diventare celebri, portando da un Occidente progressista i loro testi votati all’amore e alla tolleranza, tutto ciò attraverso una musica nuova: il rock. Quest’aria di libertà era fortemente scacciata in Repubblica Ceca: era vietato ascoltare queste melodie. I Beatles divennero quindi, per la popolazione ceca, un vero simbolo di ribellione e di rivalsa, ascoltandoli era possibile trovare un foro d’uscita rispetto all’oppressione e alla censura.
Chiesa di San Nicola
La Chiesa di San Nicola si erge nella Città Piccola ed è la chiesa barocca più famosa di Praga, con una cupola enorme, dal diametro di 20 metri. Il suo interno è il più alto di tutta Praga, di ben 49 metri. Infatti, salendo sulla balconata e guardando giù verso la navata, tremano un po’ le gambe.
Principalmente lo stile dell’edificio è barocco, ma di notevole importanza sono le statue. Ce ne sono circa cinquanta, di un’altezza e bellezza che crea soggezione, provenienti dall’officina di Ignác František Platzer. Le più importanti sono le statue dei santi gesuiti che si trovano nei pressi dei pilastri della navata.
Via Nerudova
Via Nerudova è una strada lunga e in salita che porta fino al Castello di Praga, ed è interessante percorrerla per via dei suoi negozi e caffè. Camminando per questa via si possono incontrare case dalle particolari insegne, come Casa alla Chiave d’Oro, Casa del Gatto, Casa al Gambero Verde, e via dicendo.
Via Nerudova è piena anche di negozi di souvenir, di antiquariato, delle ambasciate di vari paesi, di negozi di marionette, e chi più ne ha più ne metta.
Ovviamente, la strada non c’entra nulla con lo scrittore e poeta cileno Pablo Neruda. Anzi, semmai è stato proprio lui a prendere il suo nome da quello dell’autore praghese Jan Nepomuk Neruda.
Che altro dire? Praga è un mood, uno stato d’animo. E io che pensavo che la città dello spleen fosse Parigi…
Certo, ci si può andare in onore della birra praghese e per divertirsi, come provano tutti i gruppi di addii al nubilato e celibato che abbiamo incontrato per le strade e anche in aereo. Eppure, credo che la città abbia qualcosa in più da dare se si è allineati con i suoi colori bigi. Non fraintendetemi, non è cupezza, è più quella sensazione che si prova quando fuori piove e ci sentiamo in pace. Quasi come se la città ti leggesse dentro.
In ogni caso, Praga merita una visita in qualsiasi stato d’animo vi troviate. Sarebbe bello ritornarci d’inverno, per assaporare un po’ di nebbiosa magia…
Blu Di Marco
(In copertina Lachlan Gowen da Unsplash)
Per approfondire: leggi gli altri articoli della sezione Viaggi e della rubrica On the road; sulle atmosfere di Praga, leggi la recensione di Divorzio di velluto, di Jana Karšaiová, a cura di Giorgio Ruffino.