Caffè ScorrettoCultura

Dal primo sciopero della storia alla crisi dei sindacati


Partigiani

I sindacati in crisi

Non è un bel periodo nella storia dei sindacati. Da almeno trent’anni le organizzazioni che si occupano di tutelare i diritti dei lavoratori sono deboli e perdono iscritti in ogni parte d’Europa. Ciò nonostante, una qualche vitalità ancora è rimasta e in queste settimane si è manifestata in Germania, con i lavoratori dei trasporti; nel Regno Unito, con le proteste del settore pubblico; e soprattutto in Francia, i cui grandi scioperi contro il governo rappresentano ancora una volta un faro di speranza per il mondo intero. L’Italia, invece, dopo una lunga e proficua storia di rivendicazioni, è ormai stabilmente il fanalino di coda fra i grandi Paesi europei.

Al di qua delle Alpi i maggiori sindacati hanno abbandonato da tempo ogni sorta di conflittualità politica organizzata, subendo quindi un netto tracollo. I giovani, in particolare, spesso li hanno sentiti nominare solo al telegiornale o sui libri di storia e pure quei pochi che ne hanno conoscenza non vi riconoscono pressoché alcuna utilità. Qui in Italia la crisi d’identità dei sindacati si colloca in una generale crisi della politica come mezzo di emancipazione sociale collettiva.

In nessun altro luogo, forse, l’idea di una politica volta a migliorare progressivamente la vita dei comuni cittadini permettendo il pieno sviluppo della persona umana è giudicata dai più come incomprensibile, sciocca, o perfino ingenua, in quanto non terrebbe conto di presunte esigenze superiori.

Per contrastare la retorica della disuguaglianza mascherata da responsabilità, può essere opportuno ricordare il primo sciopero di cui abbiamo testimonianza storica. Un evento eccezionale, avvenuto in un’epoca assai distante nel tempo ma, visto il nostro recente regresso, non certo lontana in termini di mentalità. L’inestimabile documento in questione si chiama Papiro dello Sciopero ed è una delle tante meraviglie del Museo Egizio di Torino.

C’era una volta tremila anni fa

È circa il 1158 a.C. e sul trono siede Ramesse III, l’ultimo del grandi faraoni egiziani. Il suo regno si colloca ben quattordici secoli dopo la costruzione delle piramidi di Giza, in un Egitto uscito vincente ma stremato dalla guerra contro i cosiddetti Popoli del Mare, una confederazione di tribù provenienti forse dalla Penisola Balcanica che invase il Mediterraneo orientale intorno al XIII-XII sec. a.C.

Dopo aver salvato a caro prezzo il Paese, però, Ramesse decide di tornare all’ordinaria amministrazione, cioè di lanciarsi in maestosi progetti edilizi per esaltare la sua immagine di dio in terra. All’avvicinarsi del giubileo per il trentesimo anno di regno, di conseguenza, i granai sono ormai vuoti e questo rende difficile pagare regolarmente i lavoratori (che in un’economia pre-monetaria sono pagati soprattutto in viveri).

A subire i maggiori disagi sono gli operai della Valle dei Re, la necropoli reale nei pressi di Tebe. Questi lavoratori hanno uno status particolare: sono pagati bene perché svolgono un lavoro di grande rilievo; e tuttavia sono obbligati a risiedere con le loro famiglie per tutta la vita nell’apposita cittadina di Ser Maat, “il luogo della verità”, per conservare in eterno il segreto dei faraoni.

Già l’anno precedente i ritardi nei pagamenti li hanno indotti a nominare un “rappresentante sindacale” con il compito di negoziare con i funzionari cittadini. Questa volta, però, dopo diciotto giorni di attesa, gli operai sono ancora più decisi a farsi ascoltare. Tre mesi prima dell’inizio dei festeggiamenti scoppia la crisi: è il primo sciopero registrato della storia.

Papiro dello Sciopero, Primo sciopero
Il lato frontale del cosiddetto Papiro dello Sciopero (fonte: museoegizio.it).

Gli scioperi

Secondo il resoconto dello scriba Amennakht, gli operai lasciano in massa il luogo di lavoro e marciano verso il Ramesseum, il tempio funerario di Ramesse II nonché sede del più spazioso magazzino di grano di Tebe. Occupano la zona fino al tramonto e, rimasti inascoltati, il giorno seguente proseguono protestando tutta la notte. Neppure l’arrivo in mattinata del capo della polizia, un tale di nome Montumes, riesce a calmarli.

Montumes, sconvolto, va a consultarsi con il sindaco della città e al suo ritorno trova una scena ancora più sorprendente. Gli scioperanti sono intenti a trattare con i sacerdoti del tempio e con il segretario del governo locale. Minacciando di sollevare una crisi di portata nazionale, cioè di rivolgersi al Faraone in persona, riescono finalmente a ottenere le razioni del mese passato. È un primo successo, ma ancora non basta a dare loro sufficienti garanzie.

I lavoratori incrociano la braccia per altri quattro giorni, organizzando altre marce e perfino una fiaccolata notturna prima di ricevere le razioni promesse. Eppure, la loro lotta non si conclude così. La protesta esplode di nuovo due settimane dopo, con il “picchetto” all’ingresso della Valle dei Re, e raggiunge il culmine due mesi prima del giubileo.

Felici e contenti?

“Non torneremo indietro, ditelo ai vostri capi”, gridano gli scioperanti, ignorando gli ammonimenti dei superiori. Le loro lamentele ormai non si fermano a denunciare i ritardi ma mettono sotto accusa l’intera amministrazione corrotta, i cui funzionari che da tempo continuavano ad arricchirsi mentre il popolo soffriva per la crisi.

Abbiamo affrontato [lo sciopero] non spinti dalla fame, ma [perché] abbiamo delle serie accuse da fare: sono state compiute cattive azioni in questo luogo del Faraone.

Alla fine, la preoccupazione suscitata dagli scioperanti è tale che, almeno per la durata delle celebrazioni, i funzionari pubblici si occupano di consegnare le provviste per intero e con la massima puntualità. Un’attenzione che, naturalmente, dopo il giubileo scompare subito, innescando altre proteste nei decenni seguenti.

Anche se non risolutiva, la vicenda raccontata nel papiro di Amennakht rappresenta una fonte imprescindibile per ricostruire la storia delle rivendicazioni sociali. Per la prima volta i lavoratori prendono consapevolezza degli interessi collettivi che li uniscono e scelgono di agire insieme per difenderli sfidando senza paura il senso comune della loro epoca.

Federico Speme

(In copertina Foto di British Library su Unsplash)


Dal primo sciopero della storia alla crisi dei sindacati è il tredicesimo articolo di Caffè Scorretto, una rubrica di Federico Speme.

Erdoğan 11
Ti potrebbero interessare
CulturaInterviste

Shakespeare, e noi – Intervista ad Andrea Pennacchi

Cultura

Il nichilismo nei giovani: cos’è? come sconfiggerlo?

CulturaSport

Calcio e omosessualità (e non solo): fare coming out è ancora un tabù 

CulturaSport

Atleti senza confini: gli oriundi nella Nazionale italiana