In occasione della Giornata nazionale per la salute della donna, il 21 aprile scorso il Comitato prezzi e rimborsi dell’AIFA ha approvato la gratuità della contraccezione orale per tutte le donne, indipendentemente dall’età: una decisione storica in un giorno importante per il nostro Paese, subito contestatissima dal movimento Pro Vita & Famiglia e da esponenti della destra cattolica.
La posizione di Pro Vita e Famiglia
Era il 10 marzo 1971 quando la pillola anticoncezionale, a seguito di una strenua battaglia culturale e sociale condotta dal Partito radicale, dai movimenti femministi e da Aied, divenne legale anche in Italia: dopo più di mezzo secolo, la rivoluzione contraccettiva nel nostro paese ha ancora importanti passi da compiere. Il pronunciamento dell’AIFA è, in questo senso, uno scatto di civiltà.
L’Ufficio Stampa di Pro Vita e Famiglia ha provveduto immediatamente a dire la propria su una decisione inconcepibile, scandalosa, quasi eretica, pubblicando un comunicato in cui si afferma che “Non c’è nulla di più pericoloso per la salute delle donne che banalizzare temi che impattano sulla loro pelle, come aborto, contraccezione, gender e prostituzione”.
Al di là della svilente equiparazione tra argomenti distinti accomunabili solo in quanto afferenti alla sfera della sessualità – il vero cruccio del movimento cattolico –, la paternalistica preoccupazione per la salute delle donne risulta piuttosto stridente.
Secondo la definizione dell’OMS, “la salute sessuale e riproduttiva implica che tutti siano in grado di condurre una vita sessuale responsabile soddisfacente e sicura e avere la capacità di riprodursi e la libertà di decidere se, quando e quanto possono farlo”.
La contraccezione è il mezzo attraverso il quale poter regolare la propria fecondità, è uno strumento di garanzia della salute riproduttiva e come tale deve essere sicura, libera e accessibile.
Come indica una pubblicazione dell’ISTAT datata 2018, l’Italia è quasi in linea con altri paesi europei per l’utilizzo di qualsiasi metodo contraccettivo, pur essendo ampiamente distante da Francia, Gran Bretagna e Portogallo.
Invece, è nella parte più bassa della graduatoria sulla base del Modern Contraceptive Prevalence Rate, l’indicatore relativo all’utilizzo dei metodi contraccettivi moderni (tra i quali la pillola ha la massima efficacia, attestata al 99%).
La promozione di una sessualità consapevole
L’allarme acceso da Pro Vita e Famiglia sulla pillola libera e gratuita prosegue enfatizzando i “gravi effetti collaterali fisici e psicologici” che essa comporta: certamente, la pillola non è una caramella.
Si tratta di un farmaco che, in quanto tale, richiede di essere somministrato dietro prescrizione medica a seguito di un’appropriata valutazione, ma quella di Pro vita è una sterile demonizzazione.
La decisione sulla gratuità della contraccezione non “invita le ragazzine a bombarsi di ormoni” come il comunicato sostiene – per altro con una generalizzazione volgare e pericolosamente superficiale: non si tratta di un incoraggiamento ad assumere “bombe ormonali” (peraltro, le pillole anticoncezionali più recenti presentano un dosaggio ormonale molto ridotto e meno impattante), proprio perché non si mette in discussione l’indispensabilità del consulto medico a riguardo.
È necessario, invece, promuovere una sessualità consapevole e un corretto utilizzo degli anticoncezionali ormonali attraverso campagne di informazione ai giovanissimi e alle giovanissime, nonché spingere a un aggiornamento delle linee guida della somministrazione, che attualmente non considerano obbligatorie le analisi del sangue preliminari.
Tutto questo però – è evidente – non ha nulla a che vedere con la gratuità, quanto piuttosto con quell’educazione sessuale nelle scuole che proprio la destra si impegna ad avversare a tutti i costi.
Si dimentica, d’altra parte, che la pillola contraccettiva è un farmaco utilizzato per curare – o meglio, alleviare la sintomatologia – di malattie ginecologiche, nonché per sospendere le mestruazioni in circostanze in cui costituirebbero un problema per la paziente.
Assumere la pillola in modo continuato implica un carico economico ancora maggiore per le persone affette dalle “malattie invisibili”, che non godono di copertura dal Sistema Sanitario Nazionale e, anche in questo dibattito, finiscono per riconfermarsi tali.
Il ruolo della capacità procreativa nelle donne
Mentre Gandolfini, leader del Family Day, si dice sconcertato dalla decisione di AIFA, che “va nella direzione opposta al problema della denatalità”, e Pillon, ex senatore leghista, lo segue a ruota sulla sua pagina Twitter, Maria Rachele Ruio, membro del direttivo di Pro Vita & Famiglia, ha dichiarato che “la pillola anticoncezionale non costituisce una terapia per curare la salute della donna ma per impedirne il suo funzionamento naturale”, portando alla luce ciò che davvero dà fastidio al movimento Pro Vita e Famiglia.
Parlare di “funzionamento naturale” è tanto un motore ideologico potentissimo per la destra cattolica, quanto un dispositivo pericolosissimo per la libertà delle donne di scegliere per il proprio corpo e il proprio futuro.
Chiamare in causa la natura significa essenzializzare una funzione biologica, trasformandola in un destino, appunto, “naturale”, al quale non ci si può sottrarre.
La teoria della capacità procreativa della donna come base di una naturale vocazione alla maternità è stata abilmente rovesciata da Carla Lonzi, che si è battuta contro l’istituzionalizzazione dell’aborto come codificazione di un rapporto di dominio.
Lonzi, in Sputiamo su Hegel (Il Formichiere, 1974), sostiene che la procreazione è il risultato della sessualità penetrativa, finalizzata al piacere solo maschile, non della sessualità clitoridea, propriamente femminile, che al contrario non implica procreazione. Da far venire l’orticaria ai sostenitori della famiglia tradizionale.
La pillola come mezzo di libertà
Chiaramente la causa della denatalità italiana non è l’utilizzo agevolato degli anticoncezionali: ne sono perfettamente consapevoli anche coloro che criticano la gratuità della pillola reclamando di allocare le risorse per aiuti alle famiglie (eterosessuali, si intende).
È facile immaginare che l’aumento di gravidanze indesiderate dovute al mancato utilizzo di anticoncezionali possa causare un incremento nel numero degli aborti, soprattutto fra le donne giovanissime. Oppure di vite rovinate da una maternità non ricercata, anche se questo non desterebbe alcun turbamento.
La soluzione auspicata, quindi, dovrebbe essere quella di essere costrette a mettere al mondo figli non voluti? O piuttosto quella di avere rapporti sessuali solo a fini procreativi?
La concezione del rapporto sessuale come volto alla procreazione è frutto di una visione patriarcale del sesso nonché del corpo delle donne. È sufficiente chiedersi se la vendita gratuita dei preservativi avrebbe provocato uno scandalo simile – e la risposta credo sia immediata: l’uomo può avere un rapporto sessuale per piacere personale, alla donna non è concesso, a meno che contestualmente non si impegni a rimanere incinta.
Il motivo delle critiche, quindi, non risiede in una preoccupazione economica di gestione dei fondi dello stato, ma è ideologico e politico. La pillola nasce come strumento di empowerment femminile, attraverso cui la donna può decidere di sottrarsi a una gravidanza, è un mezzo di libertà e di autoconsapevolezza.
Ma il punto forse è proprio questo: una donna non può non volere essere madre (inaudito!); e, se proprio non vuole avere figli, che almeno non faccia sesso.
Eleonora Pocognoli
(In copertina e nell’articolo, immagini di Reproductive Health Supplies Coalition da Unsplash)