
La Direttiva UE a tema case green sull’efficienza energetica degli edifici, nata per ridurre la CO2 del 55% entro il 2030, ha dei buoni propositi, ma non tiene in considerazione tutte le realtà degli Stati membri.
In vista della nuova direttiva UE appena approvata dal Parlamento Europeo sull’efficienza energetica (cosiddette “case green”) si è tenuto un convegno di Confabitare (Associazione Proprietari Immobiliari) con la partecipazione di personaggi illustri del settore per discutere sui dubbi e le speranze di questa direttiva.
L’Unione Europea ha sottolineato come gli immobili siano i “soggetti” a più alto fattore di inquinamento e come, secondo le linee guida, dovremmo abbattere le emissioni nocive provocate dalle nostre abitazioni.
La direttiva non tocca molto i Paesi europei del Nord, che per ragioni urbanistico-logistiche sono avanti con questa “green revolution“, ma si focalizza su Paesi come l’Italia, con abitazioni talvolta risalenti a tempi ben più antichi degli ultimi trent’anni e che sono basati su impianti arcaici per il riscaldamento e l’elettricità.
Nel nostro Paese certo non manchiamo di buoni propositi; ma, anche se la volontà c’è, la situazione è più complessa di quello che sembri, soprattutto quando in Italia il 40% del consumo energetico dipende dall’edilizia residenziale.

Cosa prevede la Direttiva UE
La nuova direttiva basata sul miglioramento delle performance energetiche degli edifici pone delle scadenze ben definite: tutti i nuovi edifici costruiti a partire dal 2026/2028 devono essere ad emissioni zero.
Inoltre, all’interno del testo normativo si prevede che tutti gli edifici esistenti debbano passare in “classe E” entro il 2030 e in “classe D” entro il 2033. Ci sono casi che vengono esclusi dalla normativa come i borghi, luoghi di culto, gli edifici protetti da pregio storico-architettonico e le seconde case.
La direttiva, poi, si pone diversi obiettivi: l’aumento del tasso di rinnovamento degli edifici; l’ammodernamento del patrimonio edilizio pubblico e privato; il miglioramento dell’ambiente e della qualità dell’aria; la realizzazione di significativi risparmi sul costo delle fonti energetiche.
Come nota Michele Roveri (architetto presso lo Studio Mario Cucinella), per stare al passo con le deadline della direttiva all’interno del territorio italiano:
Entro il 2023, se non vengo rivisti alcuni elementi di questa normativa, bisognerebbe ristrutturare 7400 case al giorno, il che sarebbe assolutamente impossibile.
Michele Roveri
La situazione economica-sociale in Italia
Nel “Bel Paese” il quadro generale è molto difficile per poter parlare di convergenza al green in tempi rapidi, soprattutto perché si andrebbe incontro a una crisi finanziaria non da poco.
L’Italia sta vivendo una situazione estremamente difficile, con l’innalzamento dei prezzi e i mutui alle stelle; per un giovane o per un anziano è già difficile arrivare a metà del mese. E stare al passo con una direttiva che prevede, nel giro di 5/7 anni, di adeguare ogni casa è molto irrealistico, soprattutto perché, in termini di dati, si parlerebbe di lavorare su oltre il 60% del patrimonio immobiliare italiano.
Molti italiani attualmente non sarebbero in grado di sostenere i costi delle ristrutturazioni, che in molte circostanze potrebbero richiedere più di un anno di salario. Inoltre, si dovrebbero aprire milioni di cantieri per arrivare appena a metà dell’obiettivo.
Già con il Superbonus 110 l’Italia ha rischiato di andare in default, poiché, con 385 mila cantieri, lo Stato ha speso fra 55 e 70 miliardi di euro. Un default imminente in caso venisse applicata la direttiva europea, che porterebbe non solo lo Stato e le banche in bancarotta, ma anche tutti i cittadini.

La discussione sul panorama italiano
Nel convegno del 14 aprile si è parlato molto di come l’Italia, da un lato politico e tecnico, possa o sia in grado di affrontare questa nuova normativa, che nuova non è. Perché, come ha ricordato Isabella De Monte (Deputato di Azione), la direttiva è una modifica abrogativa di una disposizione precedente del 2010.
Nella discussione si è messo in chiaro che tutti siamo per una visione green del futuro, ma ci sono molti fattori quando si parla dell’Italia che rendono la situazione più complicata: come la questione dei finanziamenti, dei materiali, dell’utilizzo ingente di energia durante la costruzione di nuovi edifici o la ristrutturazione o anche dei tempi.
Come specifica Marco Lombardo (Senatore di Azione) durante la conferenza:
Se noi consideriamo la casa un bene comune, dobbiamo chiedere anche che l’Europa ci aiuti a investire delle risorse per accompagnare questo processo di transizione. Ho calcolato che, se noi utilizzassimo la misura del Superbonus per raggiungere gli obiettivi richiesti dalla normativa europea, ci sarebbe un costo di circa 1300 miliardi di euro: la metà del debito italiano.
Marco Lombardo
Di sicuro si dovrebbe cambiare la modalità dei finanziamenti, ma si dovrebbero anche mettere in luce i punti ciechi che finora non sono stati menzionati in alcuna normativa, o peggio sono stati dimenticati. Si deve pensare anche all’implementazione di normative che vadano ad abbattere i costi e l’IVA sulle aziende che vogliano migliorare gli impianti e ridurre le emissioni. Lombardo, ancora una volta, si esprime sul tema degli impianti produttivi:
Noi stiamo venendo da un dibattito parlamentare in cui abbiamo chiesto al Governo di impegnarsi perché possa ripristinare l’industria 4.0 dal punto di vista della transizione energetica, ecologica e della formazione sul Revamping industriale.
Marco Lombardo
D’altronde, il panorama italiano è variegato e difficile da percepire nella sua totalità: non solo comprende complessi residenziali e persone che hanno molte volte poca liquidità, ma comprende anche i trasporti, le aziende e gli elementi naturali all’interno delle città.
Alcune architetture green per il tessuto urbano
Per il 2050 gli abitanti delle città saranno 6 volte quelli delle zone rurali. Quindi dobbiamo pensare alle città come l’elemento in cui le popolazioni vivono e vivranno sempre di più, città dove le persone devono vivere in abitazioni, ma a stretto contatto con la natura.
Anna Letizia Monti
Partendo da questa citazione di Monti (Ordine Dottori Agronomi e Dottori Forestali di Bologna), la principale sfida è riuscire a coniugare gli elementi botanici con un’urbanistica progettata ad hoc per ogni città e clima italiano. Ci sono già delle architetture private, presenti sul territorio italiano, che sono pensate per un efficientamento della vita urbanistica: come il Kindergarten a Guastalla o il Bosco Verticale di Milano.
Oltre a queste architetture innovative bisogna pensare all’inserimento di elementi che producano CO2 all’interno delle città, come ricorda ancora Monti:
Non c’è nessun elemento costruttivo che assorba CO2 e produca ossigeno, come lo sarebbe in confronto un albero. Quindi bisogna che cominciamo a pensare di trovare qualcosa che catturi e immagazzini la CO2.
Anna Letizia Monti
Per risolvere la situazione si potrebbero piantare altri alberi, ma il dispendio di forza-lavoro e lo spazio necessario sarebbero troppo ampi per quanto riguarda il suolo urbano. Attualmente ci sono delle ricerche e dei prototipi ibridi molto promettenti per la trasformazione di CO2, come LIQUID3.
LIQUID3 è un fotobioreattore urbano che utilizza il potere delle microalghe per rimuovere in modo efficiente la CO2 e produrre O2 e biomassa. Inoltre, sostituisce un albero adulto o 200 m2 di prato e funziona anche durante l’inverno.


Oltre a queste componenti innovative bisognerebbe riflettere anche su quelle attuali già utilizzate nel Superbonus 110, come la plastica utilizzata per i cappotti termici e i pannelli solari. La domanda da porsi è come si potrà smaltire questa plastica in futuro e come i pannelli solari impatteranno sull’ambiente circostante.
Secondo uno studio di David Sailor, della Arizona State University, i pannelli solari possono surriscaldare l’ambiente urbano e addirittura aumentare la temperatura di 10 gradi centigradi. Questi studi dovrebbero essere approfonditi dagli Stati membri per trovare delle soluzioni alternative green, che vadano a sostituire queste e altre tecnologie forse ormai superate.
Nicole Rupini
(Immagine di copertina da Il Sole 24 Ore)