
“Il mago del Cremlino” (Mondadori, 2022) è il primo romanzo di Giuliano da Empoli, noto saggista e accademico italiano emigrato in Francia. Con grande raffinatezza, l’autore entra nelle memorie più intime di uno degli strateghi più importanti della Russia di Putin degli ultimi decenni. Lo scopo è far luce sul presente e sulle prospettive future che la contrapposizione tra l’imperialismo russo e l’Occidente possono produrre.
Leggendo Il mago del Cremlino si resta colpiti dalla cura narrativa con cui le vicende di personaggi realmente esistenti si fondono alla perfezione con elementi di finzione letteraria. In queste pagine si possono ripercorrere tutte le tappe più importanti della storia politica di Putin e di coloro che hanno consentito la sua ascesa e la consolidazione del suo potere negli anni.
Proprio grazie al potere della letteratura quest’opera ci consente di entrare, come mai prima d’ora, nella mente e nei pensieri di coloro che da anni animano i gabinetti segreti del Cremlino.
Nella mente dello stratega
Protagonista indiscusso della vicenda è Vadim Baranov, ex braccio destro di Putin ormai in pensione. Questo personaggio di finzione trae ispirazione da Vladislav Surkov che, dal 2013 al 2020, ha realmente ricoperto il ruolo di consigliere personale dello Zar per i rapporti con l’Abcasia, l’Ossezia del Sud e l’Ucraina.
Il romanzo si presenta come un lunga conversazione notturna, che ben presto diventa un monologo, in cui Vadim racconta se stesso e il suo ruolo centrale nella politica russa degli ultimi vent’anni. Baranov incontra il narratore nella sua residenza di campagna con l’iniziale pretesto di condividere dei pareri letterari sull’opera di Evgenij Ivanovic Zamjatin, celebre precursore del romanzo distopico.

Vadim approfitta di questa occasione per confessarsi riesumando il rapporto speciale che ha avuto con il nonno paterno che, nell’arco di tutta la sua esistenza, è stato per lui fonte di ispirazione. Dopo una prima parte in cui ricorda i sui amori di gioventù e i suoi primi passi nel mondo del teatro, Baranov si concentra nel narrare la sua personale ascesa nel mondo della politica. La fortuna di Vadim nasce dal suo incontro con Boris Abramovic Berezovskij, noto oligarca russo che ha contribuito in maniera determinante all’ascesa politica di Vladimir Putin.
Proprio grazie alla mediazione di Boris, Baranov incontra il futuro Zar per la prima volta, quando ancora era un funzionario dei servizi segreti. Sin da subito tra i due si istaura un’intesa unica che porterà Vadim ad essere il vero e proprio burattinaio del Cremlino. Gran parte delle decisioni prese da Putin, infatti, saranno proprio guidate e sostenute da lui che, come un fantasma, è riuscito per una ventina d’anni a muovere i fili del potere rimanendo nell’ombra.
La roulette russa della politica
L’autore, con questo romanzo in cui finzione e cronaca si fondono, ci permette di entrare lentamente nelle stanze segrete del Cremlino. Proprio grazie alla letteratura, infatti, è possibile cogliere gli aspetti più intimi e i lati nascosti dei vari personaggi che hanno animato la storia recente della Federazione Russa.
In quest’ottica quindi la finzione non rischia di mistificare la realtà ma la fa emergere in maniera più chiara. D’altronde in Russia il legame tra il mondo dello spettacolo e quello della politica è più che evidente. Con le parole di Vadim riusciamo veramente a comprendere come il potere politico sia in realtà un grande gioco di specchi in cui ogni partecipante ha un ruolo ben preciso che va ben oltre la sua persona.

Centrale nella narrazione è la ricostruzione del profilo psicologico di Putin, prodotta a partire dagli episodi riportati da Baranov. Il mago del Cremlino ci presenta lo Zar come un uomo schietto, a tratti glaciale, che, in un primo momento, sembra non volere cedere alle lusinghe della politica. In fin dei conti Putin era solo un agente del KGB.
Tuttavia, dal suo sguardo e dalle sue parole emergono quelle che saranno le chiavi del suo potere assoluto: l’imprevedibilità e la ferocia. Putin non fa sconti a nessuno; neanche i ricchissimi oligarchi che hanno sfruttato la privatizzazione in seguito al crollo dell’Unione Sovietica possono sfuggire alla sua autorità.
La politica russa si nutre quindi del caos. La storia di Putin ci fa capire come chiunque può raggiungere l’apice del Cremlino. Il potere dello Stato assorbe ogni cosa ed è animato dal caso e dalla mancanza di punti di riferimento.
La gente pensa che il centro del potere sia il cuore della razionalità machiavellica, mentre in realtà è il cuore dell’irrazionalità e delle passioni, un cortile di scuola, nel quale la cattiveria gratuita ha libero corso e prevale immancabilmente sulla giustizia o anche sulla pura e semplice logica.
Giuliano Da Empoli, Il mago del Cremlino, p. 151.
Un doppio sguardo
Il mago del Cremlino è un’opera estremamente interessante perché ci consente di rileggere il presente con una luce nuova. A differenza di un saggio o di un articolo giornalistico, infatti, ci consente di analizzare con il filtro della letteratura la mente dei personaggi che animano ancora oggi la politica russa. In un certo senso è come se riuscissimo a percepire le emozioni e i sentimenti che hanno segnato il popolo russo negli ultimi decenni.
Per capire la Russia di oggi è necessario tornare indietro e guardare alla caduta del regime comunista. Proprio in quel periodo sono state gettate le basi per l’ascesa di un governo autoritario come quello di Putin.
Negli anni ’90 l’apertura verso la civiltà capitalistica, fondata su un modello sfrenato di consumismo, ha condotto la Russia ad una situazione mai vista prima in cui lo Stato era ormai messo in secondo piano dal dio denaro. Questa ondata di “disordine” è stata la fortuna di pochi in grado di accaparrarsi ricchezze mai viste prima e la sfortuna di moltissimi a cui rimanevano solo le briciole.

Il clima di instabilità e il nuovo regime di disuguaglianza sociale hanno permesso a Putin di penetrare a poco a poco nella mente e nel cuore dei russi. Il suo successo si basa proprio su questo; con l’aiuto di un’azione di propaganda studiata ad hoc, Putin si è presentato al popolo russo come il semplice funzionario dedito allo stato, al bene comune, che avrebbe potuto riportare ordine e prestigio alla Russia.
Mossi da orgoglio e senso di rivincita contro un Occidente che rischiava di cancellare la tradizione, i russi si sono affidati a lui per ritrovare uno spirito di unità fondato sulla forza che sembrava smarrito.
L’incubo dell’Occidente
Tramite le parole di Vadim, l’autore traccia in maniera perfetta l’identikit di una Russia che, ora più che mai, si presenta agli occhi di tutti come l’antitesi perfetta del mondo occidentale, sia da un punto di vista culturale che politico. Putin ha fatto suo il potere di generare timore ricorrendo all’arma incontrollabile del caos. Dediti ad una esasperante ricerca di un equilibrio, gli occidentali si trovano spiazzati dalle mosse imprevedibili e feroci dello Zar.
In questo contesto nulla può scappare al potere assoluto dello Stato. Dai più ricchi agli emarginati, dagli uomini di cultura agli operai, tutti in Russia sono irrimediabilmente sottoposti alle macchinazioni del Cremlino. Lo stesso Putin è ormai prigioniero del suo ruolo e non può più sfuggire alla ferocia del potere.
La condanna a morte di un grande consola la moltitudine della sua mediocrità. Non avrò combinato un granché, si dice l’uomo della strada, ma almeno ora non mi ritrovo lassù in cima alla forca.
Giuliano Da Empoli, Il mago del Cremlino, p. 109.
L’invasione dell’Ucraina non è altro che una delle tante mosse fatte da Putin per affermare la rinnovata spinta imperialistica di una Russia che continua a porsi come la nemesi dell’Occidente. Se per anni è sembrato esserci un dialogo, una collaborazione sia politica che sociale, ora la situazione appare irrimediabilmente compromessa.
Dopo oltre un anno di guerra, la frattura tra il blocco costituito da Stati Uniti ed Europa, da una parte, e la Russia, dall’altra, ha raggiunto dimensioni simili a quelle di una rinnovata Guerra Fredda che forse non è mai stata dimenticata completamente.
Perché leggere Il mago del Cremlino
Il mago del Cremlino è a metà tra un romanzo storico e una sorta di biografia in cui Giuliano da Empoli ha reso leggibile a tutti un materiale molto complesso ed intricato. In questo senso quindi, l’opera ha un valore didattico importante in quanto permette a tutti i lettori di conoscere più da vicino personaggi e fatti storici recenti di difficile interpretazione proprio perché contemporanei.
Grazie alla lettura di quest’opera è più facile avere una visione più lucida e critica della situazione attuale. Sicuramente si riesce ad avere un quadro più ampio di quanto la questione del Donbass sia stata una vera e propria bomba ad orologeria nel cuore dell’Europa orientale che era destinata, prima o poi, ad esplodere.

Con una prosa molto elaborata ed elegante, l’autore ci ricorda quindi, ancora una volta, quanto la letteratura sia uno strumento con cui andare in profondità, nel tentativo di comprendere sia le vicende storiche che l’animo umano. Il potere della letteratura infatti sta proprio nella sua capacità di generare continui spunti di riflessione sul mondo, in grado di mettere costantemente in dubbio le proprie convinzioni.
Forse se si esercitasse in maniera più proficua l’arte di coltivare dubbi sulla realtà che ci circonda, si potrebbe combattere in maniera più efficace l’odio e la propaganda che, ancora oggi, tengono in piedi conflitti criminali come quello in Ucraina. Con la letteratura e l’arte in generale è possibile quindi aprire un dialogo come quello portato avanti da Vadim e il narratore che sicuramente potrà aiutare il genere umano a superare anche gli eventi più bui.
Diego Bottoni