“Non abbiamo ricevuto nessun segnale di pericolo”, afferma il Ministro Piantedosi difendendosi alla Camera lo scorso 7 marzo a proposito della strage di Cutro, in cui sono morte oltre 80 persone. Tuona il Partito Democratico: “il governo dev’essere indagato per strage colposa”.
Il M5S punta il dito contro Salvini: “scappa come un coniglio, si dimetta”. Cattaneo (Forza Italia) aggiunge: “serve una politica estera comune e un piano Marshall per l’Africa”.
Tra commenti, interventi e parole al vento, il riassunto preoccupante è che nessuno voglia occuparsi concretamente dell’immigrazione, né l’Italia, né tanto meno l’Europa. E, intanto, al largo delle coste italiane si continua a morire.
La strage di Cutro
Il mare restituisce, ogni giorno, i corpi delle donne, degli uomini e dei bambini naufragati lo scorso 26 febbraio, nel corso della cosiddetta strage di Cutro. Non saranno la rabbia, l’indignazione o le varie dichiarazioni di cordoglio a lenire lo strazio e il dolore.
“È tutto terribilmente triste. Io ho l’orrore di quei corpi nella testa, non riesco a dimenticare e loro (i politici, n.d.r.) non sono neppure venuti a dirci una parola di conforto”, dice Alidad Shiri, che nel naufragio ha perso il cugino diciassettenne.
“Anche se fossi disperato non partirei perché sono stato educato alla responsabilità di non chiedermi sempre io che cosa mi devo aspettare dal Paese in cui vivo, ma anche quello che posso dare io al Paese per il riscatto dello stesso”, sono le parole del Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi al termine del vertice nella prefettura di Crotone poche ore dopo la tragedia.
Tuttavia, nella settimana dei Premi Oscar, la statuetta più prestigiosa se l’aggiudica il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini (e chi se non lui!): assente alla discussione in Parlamento, lascia parlare di sé per il compleanno passato a cantare con la Presidente Giorgia Meloni La Canzone di Marinella di Fabrizio De André.
Il quadro normativo
“È essenziale chiarire che l’attivazione dell’intero sistema SAR non può prescindere da una segnalazione di una situazione di emergenza“, afferma Piantedosi. La sigla SAR (“search and rescue“, ovvero “ricerca e soccorso”) indica tutte le operazioni che hanno come obiettivo salvare persone in difficoltà in diversi ambienti (montagna, mare, dopo un terremoto, etc.), effettuate con mezzi navali o aerei.
Le autorità nazionali sono deputate a classificare o meno un evento come SAR e a decidere i mezzi da inviare: la Guardia di finanza, per le funzioni di polizia in mare con l’obiettivo di contrastare traffici illeciti, oppure la Guardia costiera – corpo specialistico della Marina, provvisto di motovedette più efficaci ed inquadrato nel ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – per l’organizzazione della ricerca e del soccorso in mare.
Secondo il Piano nazionale per la ricerca e il salvataggio in mare, predisposto nel 2020 dall’allora Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Paola De Micheli, un’operazione SAR deve essere attivata a seguito di una “notizia di pericolo per la vita umana in mare” che faccia anche solo “dubitare della sicurezza di una persona, di una nave o di un altro mezzo”.
Le condizioni che determinano uno stato di “incertezza, allarme o pericolo” di una barca in mare sono stabilite nel regolamento dell’Unione Europea sulla sorveglianza delle frontiere marittime esterne redatto dall’”Agenzia europea per la gestione della cooperazione operative alle frontiere esterne degli stati membri”, ossia Frontex (art. 9, § 2, lett. f, regolamento n. 656/2014).
Tuttavia, la richiesta di assistenza è solo uno dei nove fattori utili a determinare una situazione d’emergenza. Alcuni di questi elementi, come ad esempio “il numero di persone a bordo rispetto al tipo di natante e alle condizioni in cui si trova” oppure “l’esistenza e la funzionalità di dispositivi di sicurezza”, ricorrevano nella segnalazione di Frontex.
Circostanza compromessa
Nella richiesta di archiviazione relativa al caso di Carola Rackete, le imbarcazioni che trasportano migranti devono essere considerate sin da subito in una situazione di “pericolo attuale di danno grave alla persona” – “in ragione del fatto che sono sovraccariche, inadeguate a percorrere la traversata, prive di strumentazione e di personale competente”. Situazione nella quale si trovava il caicco, sulla base della comunicazione di Frontex.
Infine, è vero, come viene esposto nel citato disciplinare SAR del 2020, che in un sinistro in mare possono esservi tre fasi di emergenza – una prima di “incertezza”, una seconda di “allertamento” e una terza di “pericolo” – e solo al terzo stadio si prevede un pieno intervento operativo da parte della Guardia costiera.
Tuttavia, secondo il medesimo disciplinare, “la velocità di evoluzione degli accadimenti” potrebbe “configurare fin dall’inizio il livello superiore“.
Pertanto, lo sforzo dialettico del Ministro dell’Interno di far ricadere l’evento di Cutro nella prima o nella seconda fase non può escludere a priori responsabilità per mancati soccorsi.
Piantedosi ha anche affermato che, quando la Guardia di Finanza ha dato notizia all’autorità marittima del suo rientro “a causa delle pessime condizioni meteo marine in atto”, il quadro conoscitivo non era cambiato.
Questo è vistosamente falso: se il mare era proibitivo per le strutturate navi della Guardia di Finanza, figuriamoci per una barca sovraffollata e guidata da scafisti! La circostanza era quindi da ritenersi “compromessa al punto da rendere probabile una situazione di pericolo” (art. 9, § 2, lett. e, reg. n. 656/2014) con conseguente necessaria attivazione del SAR.
Conclusioni finali
Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), un’organizzazione intergovernativa collegata alle Nazioni Unite, dal 2014 a oggi oltre 26mila persone sono morte (o disperse) nel tentativo di attraversare il Mar Mediterraneo. Quasi l’80% dei morti e dei dispersi si conta nel Mediterraneo centrale, nella rotta tra il Nord Africa e l’Italia.
Dall’Europa all’Italia, dalla Presidente Von der Leyen a Giorgia Meloni, dai governi di sinistra, a quelli di destra, il messaggio è univoco: nessuno ha la volontà di occuparsi dell’immigrazione. Ognuno scarica la propria parte del barile, nella speranza di essere assolto.
Ecco quindi che il dito viene puntato ora verso gli scafisti, ora sugli stessi migranti rei di mettersi “in viaggio”. La cinica retorica del “meno sbarchi, meno morti” e dei “porti chiusi” suona come un terribile requiem.
I politici parlano tanto di responsabilità quando in realtà sono loro i primi a doversi ricordare che “ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione” (Articolo 67 della Costituzione). Dov’è questa consapevolezza nell’azione di Salvini e Meloni, assenti alla Camera, ma pronti a karaoke e torte di compleanno?
D’altronde, proprio come scriveva e cantava l’immortale Faber nella sua celebre Canzone del Maggio.
Per quanto voi vi crediate assolti
Fabrizio De André
Siete per sempre coinvolti
Alessandro Sorrenti
(In copertina foto da La Repubblica)
Per approfondire: Fenomeno migratorio in Europa e in Italia, un’analisi e un approccio libertario (un articolo di Alex Battisti) e I nostri “amici” libici – Quando la storia ci incriminerà (un articolo di Francesca Anigoni).