Cultura

“Patria”, di Aramburu – Un viaggio nella storia dei Paesi Baschi


Vincitore del Premio Strega Europeo nel 2018, “Patria” di Aramburu (Guanda, 2017) è un romanzo corale in cui le vicende di due famiglie di un piccolo paese nell’entroterra di San Sebastian si intrecciano con gli eventi tragici legati al terrorismo indipendentista basco. Grazie a questo capolavoro possiamo riscoprire la storia di un intero popolo che, nonostante una fortissima identità culturale, viene spessissimo dimenticato.


A metà tra una saga familiare ed un romanzo storico, in Patria Aramburu ripercorre tutte le tappe principali della storia recente dei Paesi Baschi.

Con questo romanzo è possibile entrare nel cuore pulsante dei Paesi Baschi; l’intera vicenda ruota attorno ad un popolo forte, ancorato ad una tradizione antichissima, ma che non è riuscito ad identificarsi in una nazione.

Partendo dalla narrazione delle sventure di due famiglie per sempre legate da un filo invisibile, l’autore ricostruisce passo passo il clima di instabilità che ha perturbato per decenni i Paesi Baschi.

Copertina di Patria, di Fernando Aramburu.

La trama

Il romanzo si apre nell’ottobre del 2011 in un piccolo paese sulle colline retrostanti a San Sebastián (Donostia in lingua basca), nota località balneare del nord della Spagna, a confine con la Francia.

L’ETA, organizzazione terroristica di matrice indipendentista, ha appena annunciato che cesserà la lotta armata contro il governo spagnolo che, dal lontano 1958, ha prodotto numerosissimi attentati e spargimenti di sangue.

Proprio in seguito a questa dichiarazione storica Bittori, moglie di Txato, piccolo imprenditore locale assassinato proprio dall’ETA molti anni prima, decide di tornare a vivere in Paese.

Dopo la tragica uccisione del marito infatti, i suoi figli, Nerea e Xabier, avevano spinto la madre a trasferirsi proprio a San Sebastián, in modo tale da allontanarsi dalla realtà malata del loro paese d’origine.

Infatti, gran parte delle persone che vivono in paese sono logorate da un nazionalismo becero e appoggiano la causa dell’ETA nella vana speranza che con la violenza si possa un giorno costituire uno stato basco indipendente.

Il ritorno furtivo di Bittori in paese accende gli animi di Miren, feroce sostenitrice della lotta armata. Un tempo le due donne erano care amiche e trascorrevano molti pomeriggi insieme. Anche Txato e Joaxian, marito di Miren, erano amici e si ritrovavano sempre per delle lunghe escursioni in bicicletta o per animate partite di carte al bar.

Purtroppo però questo forte legame fra le due famiglie è destinato a rompersi inesorabilmente. Infatti Joxe Mari, uno dei figli di Miren e Joaxian, diventa un militante dell’ETA, mentre Txato, essendosi più volte sottratto alle estorsioni di denaro da parte dei terroristi, viene identificato come nemico della patria.

Quando tutto sembra ormai sepolto nei ricordi, il ritorno i paese di Bittori riapre ferite che forse non si erano mai rimarginate.

La donna, con grande determinazione, vuole vederci chiaro sulla morte del marito.

È stato forse Joxe Mari a sparargli? Miren o Joaxian conoscono la verità? Inseguendo questi quesiti, Aramburu ricostruisce la drammatica storia di queste due famiglie, per sempre segnate da dolore e incomprensioni.

L’ETA e il terrorismo basco

ETA sta per Euskadi Ta Askatasuna che, letteralmente, in lingua basca significa “Paese Basco e libertà“. Questo movimento militare terroristico nasce infatti durante la dittatura di Francisco Franco che, con la sua politica di Stato centralista, aveva abolito ogni forma di autonomia per i Paesi Baschi.

Tuttavia, gli attentati ai danni dello stato spagnolo sono continuati anche dopo la morte del Caudillo. Tra i più sanguinosi ricordiamo sicuramente l’esplosione dell’autobomba nel centro commerciale Hipercor di Barcellona del 1987 che causò ben 21 vittime e molti feriti.

In Patria Aramburu fa emergere il lato più oscuro e meschino dell’ETA. Il sentimento di patriottismo che anima i militanti è profondamente malato e sfocia nell’odio incondizionato.

In linea di principio lo scopo dell’organizzazione è del tutto lecito. Infatti, come emerge dal romanzo, i baschi hanno una fortissima tradizione culturale e una propria lingua, l’euskera, che li identifica come popolo.

Non ci si può quindi meravigliare che i Paesi Baschi aspirino all’indipendenza e alla creazione di uno stato nazionale.

Tuttavia la strada da percorrere non è di certo la violenza del terrorismo. I giovani militanti non sono altro che ragazzi animati da illusioni e speranze ma che alla fine si ritrovano ad essere latitanti assassini ricercati dalla polizia.

Molti di loro vanno anche incontro ad un crudele destino poiché sono spesso torturati dalle guardie civili nel momento della cattura. L’autore mette a nudo l’assurdità degli atti di terrorismo dell’ETA. Le vittime dell’organizzazione infatti non sono solo poliziotti o uomini di potere spagnoli.

L’ETA uccide anche cittadini baschi come Txato che, nonostante sia sostenitore della patria e sia “euskaldun“, sappia cioè parlare l’euskera, non si è piegato ai ricatti di una banda di terroristi che, anziché unire il popolo basco, ha solo seminato odio, sangue e disperazione.

Frammenti di vite spezzate

Il ritmo del romanzo è incalzante e scandito da capitoli brevi in cui Aramburu segue una narrazione frammentata.

I continui flashback dei personaggi ci permettono di ricostruire le vicende delle due famiglie che si intrecciano come i pezzi di un puzzle.

Infatti La trama si sviluppa seguendo il punto di vista dei singoli protagonisti che, evocando il passato, diventano attori di un’unica narrazione corale.

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Immagine di elCarito da Unsplash.

Tutti i personaggi sono direttamente o indirettamente connessi tra loro e tutti, in un modo o nell’altro, sono vittime delle atrocità commesse dall’ETA. La morte del marito ha logorato Bittori, nonostante la sua immancabile forza d’animo, ed è come se la sua vita si fosse fermata al giorno dell’attentato.

  • Nerea non ha mai accettato la morte del padre, al punto tale da non essere nemmeno riuscita a partecipare ai suo funerale.
  • Xabier, dietro la sua brillante carriera da medico, nasconde depressione e alcolismo e si è ormai autocondannato ad una forma di infelicità perenne.
  • Miren, che ricopre il ruolo della perfetta antagonista di Bittori, è apparentemente imperturbabile. Tuttavia anche la sua stoica fedeltà alla causa dell’ETA cela un profondo senso di rancore dovuto alla lontananza di Joxe Mari che ha abbandonato per sempre la famiglia.
  • Joxian invece è vittima della sua stessa vigliaccheria. Non riesce infatti ad opporsi alla moglie in nessun modo, non è riuscito a difendere l’amico in pericolo e ormai si rifugia solo nell’alcol.

La narrazione di Aramburu si concentra sulla vita di persone diverse, con caratteri completamente differenti, che sono state ugualmente lacerate dal clima di odio che la lotta armata dell’ETA ha generato.

Io non riesco a capire il fatto che dei tipi che dicono di difendere l’euskera ammazzino degli euskaldunes. Dicono che vogliono costruire Euskadi, e poi ammazzano dei baschi.

La ricerca dell’unità

L’espressione Euskal Herria può essere tradotta letteralmente con “il popolo che parla la lingua basca”. Tuttavia quando ci si riferisce ad Euskal Herria si indica anche il territorio geografico in cui abitano i baschi.

Di fatto è come se esistesse un’unica parola per indicare l’Italia come luogo fisico e il popolo italiano. Questo fatto è particolarmente evocativo in quanto sta a sottolineare come i baschi si sentano effettivamente uniti da una lingua e una cultura.

Allo stesso tempo però sono come un popolo nomade privato di una legittima patria. L’area geografica compresa in Euskal Herria è costituita da sette province nella regione dei Pirenei a cavallo tra Francia e Spagna.

Immagine di electomagazine.it.

Leggendo Patria ci si sente letteralmente proiettati in questa regione dimenticata d’Europa che ha una radice culturale antichissima di cui si conosce davvero poco.

Se da un lato Aramburu denuncia fervidamente gli orrori del terrorismo dell’ETA, dall’altro si fa portavoce di un intero popolo che non ha ancora trovato una vera e propria identità nazionale. Particolare attenzione è rivolta al tema dell’identità linguistica.

Questa tematica fondamentale è sviluppata grazie al personaggio apparentemente secondario di Gorka, fratello di Joxe Mari. Infatti il giovane Gorka è uno scrittore di talento che usa l’euskera per comporre le sue opere letterarie.

Il suo lavoro è dunque fondamentale per rafforzare il processo di unificazione culturale necessario per la costituzione di una forte identità basca. Con l’esempio di Gorka, l’autore mette in evidenza il potere della letteratura che, in quest’ottica, è decisamente più potente delle tragiche bombe dell’ETA.

Perché leggere Patria

Patria di Aramburu è un romanzo denso di emozioni in cui non c’è un vero e proprio protagonista che domina la scena. Tutti i personaggi recitano la loro parte e affrontano un destino comune in maniera diversa. Ognuno di loro esprime, con parole e fatti, il proprio punto di vista sulla lotta armata dell’ETA, ognuno ha una sensibilità differente.

Nonostante le evidenti contrapposizioni tra i singoli protagonisti, tutti sono alla ricerca di un’identità smarrita. Il vero protagonista del romanzo è quindi il popolo basco nella sua totalità che, in un modo o nell’altro, continua a lottare per affermare le proprie origini.

Da questo punto di vista Patria può essere letto anche come una romanzo politico che getta le basi di un nuovo futuro per Euskadi. Aramburu mette una pietra definitiva sopra al passato terroristico dell’ETA che, nel corso di lunghi decenni, ha insanguinato la penisola iberica senza ottenere alcun risultato.

La ricetta proposta dall’autore si basa sulla cultura. Forse i Pesi Baschi non diventeranno mai uno stato indipendente ma è di vitale importanza preservare l’enorme patrimonio storico e culturale che il popolo basco porta con sé.

Aramburu si fa anche portavoce di un messaggio di pace profondo. Dopo tanti anni di turbamenti che hanno scosso nel profondo Euskal Herria è giunto il momento della riconciliazione.

Solo così, con pazienza e perseveranza, potranno essere guarite tutte le fratture sociali che per troppo tempo hanno martoriato i Paesi Baschi.

Chiedere perdono richiede più coraggio che sparare, che azionare una bomba. Quelle sono cose che possono fare tutti. Basta essere giovane, ingenuo e avere il sangue caldo.

Diego Bottoni

(In copertina Sami Chidiac da Flickr)


(Per altre recensioni di libri di Giovani Reporter visita la relativa pagina)

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