CronacaPolitica

Il futuro della guerra in Ucraina, tra speranze e prospettive


La guerra in Ucraina, che nelle speranze di Putin doveva risolversi in pochi giorni, “compie” il suo primo compleanno. Dopo un anno drammatico, è doveroso interrogarsi sui possibili sbocchi di questo conflitto, e domandarsi che cosa dobbiamo per davvero sperare dal futuro.


Poco più di un anno fa, fino al 23 febbraio 2022, a noi europei la guerra sembrava una cosa lontana nel tempo e nello spazio: l’opera più empia e crudele che l’essere umano fosse in grado di concepire e porre in atto, e che comunque ormai sembrava cancellata, alle nostre latitudini, dal progresso della civiltà. Era in particolare dal 1998, dalla fine delle guerre jugoslave, che il rumore delle bombe e dei proiettili non riecheggiava nel vecchio continente.

All’alba del 24 febbraio l’Europa si risvegliò scoprendo che la Storia aveva fatto un’inversione a U. Invadendo l’Ucraina, la Russia aveva riesumato parole che pensavamo di aver archiviato da decenni: guerra, invasione, mercenari, tank, bombe.

È passato un anno da quel giorno. Ormai siamo assuefatti dalle notizie che ci arrivano dai teatri di guerra, e poco si discute di cosa accadrà dopo. Del resto le premesse per un cessate il fuoco nel breve periodo non sembrano esistere, visto che Putin appare determinato a portare avanti l’offensiva malgrado gli esiti finora ben lontani dagli obiettivi iniziali.

Eppure, come recita un vecchio adagio, “nessuna notte è così lunga da impedire al Sole di risorgere”, e quindi è utile interrogarsi su quali siano le prospettive future della guerra in Ucraina e i possibili sbocchi di questo tunnel nel quale ancora non si intravede la luce. 

Il peso degli alleati

È probabile che, quando Putin decise di lanciare l’assalto all’Ucraina, il presidente russo si aspettasse di chiudere la faccenda in pochi giorni conquistando Kyiv, deponendo il capo di stato Zelens’kyj e instaurando un governo a lui favorevole.

I fatti gli hanno dato torto, principalmente per tre ragioni: la preparazione inferiore alle aspettative dell’esercito aggressore; l’orgoglio degli invasi, carburante indispensabile per la resistenza; soprattutto, il supporto convinto e senza riserve degli Stati Uniti e della Nato, che fin dalle prime ore del conflitto hanno rifornito l’esercito ucraino di armamenti di vario tipo.

guerra Ucraina prospettive

Non a caso, attualmente, sembra che l’esercito russo sia concentrato principalmente sul consolidamento delle proprie posizioni nel Donbas, ma guai ad abbassare la guardia. Giunti ormai al primo anniversario, occorre approfondire il ruolo che potranno avere gli aiuti esterni sulle sorti della guerra.

L’alleanza atlantica

Il sostegno dell’alleanza atlantica alla causa ucraina è saldo e granitico. A testimoniarlo, pochi giorni fa, è stato il presidente USA Joe Biden con la sua visita a sorpresa nella capitale ucraina. Il messaggio di questo blitz è chiaro: l’Occidente è dalla parte del paese oppresso, e lo sarà fino alla fine.

Con buona pace di Putin, che probabilmente un anno fa era convinto che la Nato non sarebbe “morta per Kyiv”, confortato anche dalla rovinosa ritirata americana dall’Afghanistan. Ma è sicuro che il sostegno occidentale sia letteralmente incondizionato?

In molti pensano che ci sia una linea rossa, segnata da Crimea e Donbas, ovvero i territori ucraini sotto controllo russo già prima del fatidico 24 febbraio: l’idea, diffusa tra i paesi Nato, è di non sostenere una controffensiva ucraina per riprendersi tali regioni, vuoi per scongiurare il rischio atomico – più volte evocato da Mosca, seppur mai in maniera perentoria -, ma anche perché, essendo ormai popolate in maggioranza da persone russofone, difficilmente le truppe di Kyiv riceverebbero un’accoglienza entusiastica.

Altra motivazione che consiglierebbe cautela è quella, sostenuta ad esempio dal presidente francese Macron, di “non umiliare Putin”, anche per evitare sconquassi interni alla Russia dagli effetti imprevedibili.

Il ruolo degli USA e dell’Italia

È chiaro che più la guerra andrà avanti, più aumenteranno le variabili in gioco. Una di queste sono le elezioni presidenziali USA del 2024, nelle quali la rielezione di Biden (o comunque di un democratico), per diversi motivi, è tutt’altro che scontata.

Se alla Casa Bianca dovesse far ritorno un repubblicano, magari lo stesso Donald Trump, è evidente che il sostegno americano – e di riflesso dei suoi alleati – scemerebbe. Zelens’kyj ne è consapevole, e anche per questo spinge per ottenere subito anche carri armati e jet, mezzi che per ragioni logistiche e di addestramento non potrebbero essere impiegati in azione prima del 2024.

E l’Italia? Fin dall’alba del conflitto Roma ha appoggiato senza indugio il paese invaso. L’allora premier Mario Draghi, in particolare, si è distinto per il suo fermo appoggio all’invio di armi e alle sanzioni contro Mosca, nonché alla riduzione della dipendenza europea dal gas e dal petrolio russi: questo superando a volte anche alcune resistenze dei colleghi Macron e Scholz, che per diversi motivi sembravano procedere col freno tirato.

La celebre foto del Presidente del Consiglio insieme al presidente francese e al cancelliere tedesco sul treno per Kyiv ha testimoniato il ritrovato prestigio internazionale dell’Italia in questa drammatica vicenda.

Il governo Meloni

Tutto questo si è concluso lo scorso 28 ottobre, col giuramento del governo Meloni. Se la nuova inquilina di Palazzo Chigi si è schierata fin dall’inizio con l’invaso, non si può dire lo stesso dei suoi alleati: sono noti i legami della Lega con Putin, e del resto Salvini si è sempre dimostrato tiepido sul rifornimento militare (per non parlare dell’episodio del viaggio annullato a Mosca dello scorso maggio, pagato dal governo russo).

Negli ultimi tempi si è risvegliato anche lo “spirito putiniano” di Silvio Berlusconi, che a ottobre aveva affermato che il presidente russo voleva rimpiazzare Zelens’kyj con “un governo di persone perbene” e ancora poche settimane fa ha accusato il presidente ucraino di attaccare le repubbliche di Donec’k e Luhans’k.

Come ovvia conseguenza, l’Italia è tornata la potenza di secondo piano che è sempre stata prima di Draghi, fatto testimoniato dall’esclusione di Meloni dal vertice all’Eliseo tra Macron, Scholz e Zelens’kyj.

Non aiuta di certo la riduzione del flusso di armiitaliane, imputabile alla presenza in maggioranza di due partiti molto ambigui sul tema: nei giorni scorsi lo stesso Berlusconi avrebbe frenato sul rifornimento militare. L’Italia spera di rilanciarsi ospitando una conferenza sulla ricostruzione a fine guerra, ma parliamo di una prospettiva al momento lontana.

Le risorse di Putin

Bisogna tenere d’occhio anche il futuro dell’altra parte della barricata. Il sostegno interno a Putin non sembra essere in discussione, anche grazie all’effetto persuasivo della propaganda interna. Di certo però non ha aiutato la mobilitazione dei riservisti, segno che Putin si sta giocando il tutto per tutto in questo conflitto, consapevole che perdere questa guerra potrebbe essere fatale per il suo potere.

Anche la religione è stata uno strumento essenziale della narrazione russa: nell’ultimo discorso Putin ha citato la Bibbia, accusando ancora l’Occidente per questa guerra: “Perdonali, perché non sanno quello che fanno”.

guerra Ucraina prospettive

Il vero interrogativo riguarda il sostegno degli alleati della Russia. Se il supporto dell’Iran, che tra le altre cose ha inviato droni all’esercito invasore, è fuori discussione, molto più ambiguo è il ruolo della Cina: da tempo vicino a Mosca, Pechino in questa guerra non si è esposta più di tanto, anche per via di rapporti commerciali con Kyiv, limitandosi ufficialmente ad inviare equipaggiamento non bellico all’esercito russo.

Dalla Cina alla Moldavia

Nelle scorse settimane, tuttavia, il segretario di stato USA Antony Blinken ha accusato il governo cinese di essere in procinto di inviare arsenali militari, come proiettili e missili: un passo che segnerebbe una svolta negli equilibri geopolitici del conflitto.

Da chiarire ancora il ruolo della Bielorussia: il presidente Lukashenko ha offerto all’inizio del conflitto il suo territorio e spazio aereo per aprire le ostilità, rendendosi di fatto cobelligerante di Putin, ma finora non ha mai mandato le proprie truppe a sostegno di quelle russe. 

Nelle ultime settimane ha tenuto banco la questione moldava: a nord-est del piccolo paese c’è un piccolo avamposto russo, la Transnistria, che all’inizio del conflitto probabilmente Putin mirava a “collegare” alla Russia conquistando l’Ucraina meridionale.

Il timore, tuttavia, è che il presidente russo ambisca al controllo dell’intera Moldavia: nelle scorse settimane l’intelligence ucraina ha ritenuto possibile un tentativo di golpe per destituire la presidente europeista Maia Sandu e sostituirla con un governo compiacente a Mosca.

Pochi giorni fa il capo del Cremlino ha revocato un decreto del 2012 con cui la Russia s’impegnava a sostenere la sovranità moldava sulla Transnistria. La situazione è insomma preoccupante, e andrà monitorata attentamente.

Pace e giustizia

Come abbiamo visto, lo scenario è molto intricato, e diversi analisti ritengono che la guerra non si concluderà prima del 2023. La speranza di tutti noi è che alla fine prevalgano presto le ragioni della pace e della concordia, ma queste devono fondarsi su presupposti di giustizia e buonsenso. 

La resa dell’Ucraina, tanto per essere chiari, porterebbe sì la pace, ma sarebbe la negazione del diritto internazionale, della libertà e della democrazia, senza contare che farebbe piombare il mondo intero in un clima di terrore e incertezza, insomma da guerra fredda: quello che Putin oggi fa con l’Ucraina, domani potrebbe ripeterlo con la Finlandia, la Polonia o i paesi baltici, tutti paesi Nato o in procinto di aderirvi. 

Il sostegno della Nato alla causa ucraina è stato fondamentale per contenere le ambizioni anacronistiche di Putin, e l’invio di armi non è stato una spesa sterile, bensì un investimento sulla nostra libertà. Il mondo libero non è caduto nell’errore della conferenza di Monaco del 1938, quando Regno Unito e Francia s’illusero di aver sventato la Seconda Guerra Mondiale cedendo passivamente i Sudeti a Hitler. 

Ora però è fondamentale che il sostegno occidentale resti duraturo e costante, e che alla lunga non ci si stanchi di appoggiare il popolo ucraino. Una vittoria totale ucraina, per diversi motivi, appare difficile, ma chi ha a cuore questa causa sognerà fino alla fine di vedere il giorno del trionfo di Kyiv, con Putin e compagnia chiamati a rispondere dei loro crimini alla Corte Penale Internazionale dell’Aja e la Russia obbligata a pagare per intero i danni di guerra. Solo questa può davvero essere una pace giusta.

Riccardo Minichella


Per saperne di più sulla Guerra in Ucraina, esplora il nostro percorso dedicato.

Ti potrebbero interessare
Politica

Che aria tira a Washington DC? – La sTrumpalata di gennaio 2025

CronacaPolitica

Gisèle Pelicot: “condividiamo la stessa lotta”

CronacaPolitica

Ancora Acca Larenzia 2025: l’ennesimo ‘tana libera tutti’ per i gruppi neofascisti?

CronacaPolitica

Trump tra Ucraina e Palestina: scenari di guerra e prospettive di pace