L’ApPunto
Il nuovo romanzo di Niccolò Ammaniti, “La vita intima” (Einaudi, 2023), è uscito da pochi giorni. Si tratta di un libro ironico, spietato e romantico, con una storia dolorosa sulle paure che divorano la nostra vita quotidiana. Sul valore della verità e sul peso delle menzogne.
Punti luce
Maria Cristina Palma non è come le altre. È elegante, raffinata, sicura, stretta nel suo costosissimo Dior cipria e rosso, lontana e irraggiungibile, quasi fosse una cosa di un altro tempo. In mano un bicchiere di vino bianco, volteggia tra i convitati di un’importante serata di gala e attira su di sé le attenzioni di tutti. Osserva il mondo dei mortali dall’alto del suo metro e novanta compreso di tacchi. E sorride, mentre ti guarda senza guardarti davvero.
Da qualche tempo è diventata moglie del Primo Ministro Domenico Mascagni; e una recente ricerca condotta da un’università della Louisiana, tra milioni di persone, ha deciso che proprio lei è la donna più bella del mondo e che incarna “la bellezza eterna che ha affascinato artisti di ogni èra, da Fidia a Picasso” (p. 13).
Tu sei divina […]. Quando parlano di te è come se parlassero di una dea greca, che ne so, Afrodite, Elena […]. Per stare con te un uomo deve essere superficiale.
“Dani” Gilardoni a Maria Cristina, in La vita intima (p. 130).
Stretta nei suoi ruoli di moglie del Presidente del Consiglio, di first lady di un Paese in declino e di madre della piccola Irene, si dimentica gradualmente di quello che è davvero.
E la Maria Cristina Palma del passato, la ragazza libera e indipendente che è scomparsa il giorno della morte del fratello Alessio, viene dimenticata per fare posto al personaggio pubblico.
Il mio compito è aiutarti a stare bene, a essere felice, così tu governi meglio l’Italia.
Maria Cristina al marito (pp. 99-100).
Di Punto in bianco
Poi, all’improvviso, senza che ci sia un vero senso – come ogni buon colpo di scena – tutto precipita. Un passato lontanissimo, risalente all’ultima estate di innocenza prima della morte di Alessio, risputa fuori dalle sue maglie Nicola Sarti.
Lui, l’ex di quelle due settimane di vacanza, che la tragedia ha allontanato dalla sua vita, è ora un uomo completamente diverso. Fa l’imprenditore, gestisce una grande catena di alberghi, ama il lusso, le auto, la vela, il golf, ha avuto numerose relazioni (p. 95); e non sembra aver perso la leggera incoscienza degli anni della gioventù. Al contrario di lei.
Di pari passo con la sua comparsa, ritornano tutti i ricordi che la mente della donna ha cancellato.
La vacanza con gli amici del fratello, “otto ragazzi più grandi, in fissa con la vela e belli come dèi” (p. 30), le immersioni, la pesca a traina, le notti passate a inseguire lampi di stelle cadenti e la faticosa salita sul vulcano di Stromboli.
Un labirinto colorato – abisso di porpora – in cui è facile perdersi come si è perso Alessio, annegato nel corso di un’avventata immersione in solitaria. Un mondo ancora immacolato, preludio della tragedia, e in cui tutto e niente è possibile e si nascondono frammenti di esistenza che forse sarebbe meglio lasciare al passato. Tra queste pieghe emerge anche il video, e da lì le paure e le paranoie che sconvolgono la protagonista.
Punti d’incontro
Il vero problema di Maria Cristina è il palazzo di bugie che ha costruito intorno a sé per anestetizzare le proprie paure. Si è circondata di una bella vita, di riflettori da diva di Hollywood, tra cene di lusso, prime ai teatri più famosi, incontri con i personaggi e i politici del momento; e di segretarie, valletti, autisti, parrucchieri, consiglieri, in un vorticoso corteggio di servitori pronti a esaudire ogni sua richiesta.
Ammaniti, con questa protagonista e in generale con La vita intima, si allontana del tutto dai giovani tormentati che tanto hanno fatto la fortuna dei suoi capolavori.
Resta poco, ormai, della generazione dei Cannibali, nome che la critica ha dato a una serie di scrittori gravitanti intorno a Einaudi Stile Libero (ma non solo), attivi tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila.
Caratteristica dei loro romanzi migliori era la violenza, il crudo realismo, la disincantata rappresentazione della “vera” Italia.
Forse è vero che ormai i Cannibali non mordono più, come scriveva Gianni Turchetta già nel lontano 2005; o forse, semplicemente anche loro sono cresciuti, si sono evoluti, e la loro narrativa ha preso nuove forme e nuovi argomenti. E anche questa letteratura è diventata matura, tradendosi e tradendo i suoi lettori per trovare la propria dimensione.
Si pensi a Pietro e Graziano di Ti prendo e ti porto via, e alle loro disavventure intorno a Montalto di Castro; al piccolo Michele di Io non ho paura, travolto dalla furia irrazionale del mondo dei grandi; al tredicenne Cristiano, in Come dio comanda, convinto che il padre abbia commesso un crimine terribile; a Lorenzo di Io e te, prigioniero della sua mente e delle sue illusioni; e ad Anna, protagonista dell’omonimo romanzo, che deve scoprire se stessa e l’amore e la violenza di una terra diventata di colpo ostile all’essere umano. Maria Cristina Palma riassume in sé tutte queste tragedie e allo stesso tempo le sviluppa, le annienta e le supera.
Punti di sutura
Si arriva così a distinguere chiaramente due diversi volti della protagonista di La vita intima: da una parte, la Secca, come la chiama Nicola, la “bella scatenata” (p. 31) che a vent’anni pensa di avere il mondo nelle mani, e forse in un certo senso lo possiede davvero; dall’altra, Maria Cristina Palma, moglie madre persona pubblica prima che donna, “frivola”, secondo la sua assistente personale (p. 24), “paranoica e cattiva” (p. 195). Fragilissima.
Se la prima è il perfetto, sfrontato, ribelle e immaturo personaggio di un romanzo cannibale, pronta a divorare il mondo e a farsi divorare da esso (come prova, timidamente e inutilmente, l’insipida Teresa di Paolo Giordano) senza per questo avere alcun rimorso o vertigine, la seconda è invece figlia di una nuova epoca, rappresenta quel che resta della cannibale dopo la fine della storia, diventata adulta come fotocopia della madre da cui tanto cercava di allontanarsi.
E proprio qui, nelle linee d’ombra e nei contorni frastagliati in cui queste due identità si mescolano e si confondono, nelle crepe che le mostrano e nei veli che le nascondono, emerge la sua vera personalità. In queste differenze e analogie Ammaniti costruisce la vita intima di Maria Cristina, senza quasi che lei se ne accorga.
Nulla è autentico, come dice lo stesso narratore. E la verità, l’identità di Maria Cristina, si cela nei riflessi d’ombra di specchi che probabilmente neanche esistono, tra le mille luci della ribalta e la vita mondana di un’Italia contemporanea sempre più glamour, spaesata e disperata che mai. “Lei quindi crede?”, le viene chiesto a bruciapelo nel corso di un’intervista televisiva, verso la fine del romanzo; la donna scuote la testa e risponde: “Spero. È un po’ diverso. Non penso sia proprio uguale” (p. 290).
Maria Cristina è solo l’attrice della sua esistenza, nel teatrino della sua mente interpreta tutti i ruoli, la sportiva, la modella, la santona, la moglie dello scrittore, la moglie del premier, la vittima di revenge porn, la candida e galleggiante Ophelia nell’abusato quadro di Millais.
La vita intima (p. 197).
Punto e a capo
Fuggito per sempre il padre, morta la madre, scomparso anche il fratello nell’incidente che le ha strappato la giovinezza, Maria Cristina rimane sola con i suoi fantasmi. Con un passato troppo grande e ingombrante perché ci si possa davvero fare i conti.
Deve inventarsi e reinventarsi a partire da se stessa; e forse questa è la sfida più grande per una ragazza con tutta una vita davanti, diventata di colpo, suo malgrado, una donna con tutta una vita alle spalle.
Così, mentre cresce la protagonista, matura anche l’autore, che nel frattempo, negli otto anni che separano La vita intima dal romanzo precedente, Anna, ha avuto tempo di entrare in altri mondi, di ripensare e sperimentare nuove e vecchie storie (si pensi alle serie TV Il miracolo e Anna). E di rendere più intima, più struggente, più ironica, spietata e romantica la sua scrittura.
Nicola: “Devo riconoscere che con gli anni sei diventata più intensa”.
Dialogo tratto da La vita intima (p. 70).
Maria Cristina: “Quindi da giovane ero insignificante?”.
Nicola: “No. Ma la vita ci segna, rendendoci più interessanti”.
Davide Lamandini
(In copertina Ophélie, ritratto di Elizabeth Siddal, di John Everett Millais, 1851 ca.)
Consigli di navigazione:
- Per prima cosa, ovviamente, La vita intima, di Niccolò Ammaniti (Einaudi, 2023);
- Poi, in ordine assolutamente personale, dal migliore al peggiore: Come dio comanda (2006; Einaudi, 2015); Ti prendo e ti porto via (1999; Einaudi, 2014); Anna (Einaudi, 2014); Io non ho paura (2001; Einaudi, 2011); Fango (1996; Einaudi, 2014); Io e te (Einaudi, 2010); Branchie (1994; Einaudi, 2015); Il momento è delicato (Einaudi, 2012); e Che la festa cominci (Einaudi, 2009). Interessante anche il film tratto da Io e te e diretto da Bernardo Bertolucci (2012).
- Sui Cannibali, prima di tutto Gioventù cannibale, a cura di Daniele Brolli, con uno scritto di Emanuele Trevi (Einaudi, 1996), come Woobinda, di Aldo Nove (1996, 2005), poi compreso in Superwoobinda (Einaudi, 2006), e il recente seguito, uscito un po’ fuori tempo massimo, Anteprima mondiale (La Nave di Teseo, 2016); vedi anche l’articolo I Cannibali non mordono più, di Gianni Targhetta, in Tirature ’05. Giovani scrittori e personaggi giovani (Il Saggiatore, 2005).
- Sui “nuovi Cannibali”, se così li vogliamo chiamare, consiglio i romanzi recenti di Nicola Lagioia La ferocia (Einaudi, 2014) e La città dei vivi (Einaudi, 2020), da cui è stato tratto l’omonimo podcast di Chora Media; come alcune opere di Davide Longo: Il caso Bramard (2014; Einaudi, 2021); Così giocano le bestie giovani (2018), poi uscito con il titolo Le bestie giovani (Einaudi, 2021) e Una rabbia semplice (Einaudi, 2021); decisamente mediocri i recenti tentativi di Saviano o Mazzariol sulla stessa onda.