Cronaca

Green Banking – Come si finanzia la transizione

Green Banking

Che cos’è il green banking (o green finance: “finanza verde”)? Quali sono i suoi risvolti, quali i rischi? In questo articolo verranno trattati solo in parte i finanziamenti pubblici per la transizione, mentre ci si concentrerà maggiormente su quelli privati e sulle regolamentazioni che li guidano. Inoltre, si parlerà anche dei limiti della finanza verde e dei problemi che può creare.


La Conferenza di Parigi

Nel 1992 venne creata la UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change), una convenzione tra le Nazioni che si impone di stabilizzare le emissioni di gas nell’atmosfera. Ogni anno si riunisce la COP (Conference of the Parties) per stabilire come affrontare il cambiamento climatico e per porre gli obiettivi futuri delle politiche contro il riscaldamento globale.

L’accordo di Parigi sul clima (COP21), firmato da 190 Paesi, punta a limitare l’incremento medio della temperatura globale a 1,5 °C, prendendo come riferimento i livelli preindustriali, ma la differenza tra le attuali politiche e quelle desiderate è sostanziale.

L’Accordo di Parigi ha evidenziato anche l’importanza del sistema finanziario per la transizione ecologica. Infatti, le conseguenze dovute al cambiamento climatico dovrebbero essere prese in considerazione anche per i rischi alle istituzioni finanziarie come le assicurazioni, le banche di investimento e le banche commerciali.

Il rischio climatico include sia il rischio fisico che il rischio di transizione. Il primo consiste nell’impatto economico dovuto all’incremento di disastri naturali; mentre il secondo è il costo delle politiche ambientali di riduzione delle emissioni di CO2, rilevante soprattutto per le industrie che ne producono in quantità ingenti e si espongono a perdite significative.

Il ruolo delle banche

Le banche, che siano d’affari oppure commerciali, giocano un ruolo essenziale nell’economia. Non solo riducono i costi delle transazioni, ma riescono a incanalare il capitale necessario per diversi progetti, dai mutui per l’acquisto di case private agli investimenti delle aziende.

Ogni impresa, e specialmente quelle di dimensioni piccole e medie, ha bisogno di finanziamenti per gestire le proprie operazioni, come l’acquisto di materie prime o l’investimento in nuovi macchinari o filiali. La maggior parte di questi finanziamenti avviene tramite debito, solo in parte proveniente dal mercato obbligazionario. I prestiti, infatti, sono per lo più forniti dalle banche.

Ci sono dati che dimostrano che, a seguito dell’Accordo di Parigi, i costi per ottenere finanziamenti sono aumentati per le aziende che creano un rischio ambientale. Non solo, esistono anche prove empiriche che nel mercato azionario e obbligazionario, e addirittura in quello immobiliare, si sono verificati cambiamenti di prezzi dovuti al rischio ambientale.

Banche e ambiente: il caso di Mark Carney

I gruppi che combattono la crisi climatica fanno pressione sulle banche affinché considerino le loro ripercussioni sull’ambiente, e non sono i soli. Anche Mark Carney, ex banchiere per Goldman Sachs, ex governatore della Banca Centrale Canadese ed ex governatore della Banca Centrale Inglese, vorrebbe un cambiamento più profondo.

Nel 2020 Carney è stato nominato inviato speciale per l’azione climatica e finanziaria per le Nazioni Unite, con l’incarico di aiutare le istituzioni finanziarie ad assistere i finanziamenti per la transizione ecologica. Nel 2021 ha formalmente annunciato la creazione di un’alleanza tra banche, la GFANZ (Glasgow Financial Alliance for Net Zero), che riunisce 450 tra le maggiori istituzione finanziarie in 45 Stati.

Da allora, purtroppo, non si è fatto molto. Le cause sono molteplici: l’invasione russa dell’Ucraina che ha causato una crisi energetica globale e imposto alle banche di finanziare la transizione dal gas russo; il rafforzamento di legislatori di destra non favorevoli all’alleanza, che pensano che le banche, non essendo governi, non possano valutare quali imprese sono ‘buone’ per il pianeta; le linee guida della stessa GFANZ che impongono di limitare i finanziamenti per i combustibili fossili, il che ha creato parecchi dissensi da parte delle banche che lamentano un cambiamento degli obiettivi a loro imposti in precedenza.

Cambiamenti che fanno sperare

Nonostante i diversi problemi dell’alleanza, le banche stanno facendo diverse revisioni e stress-test sui loro portfolio e valutando sempre più investimenti green innovativi. Il cambiamento arriva tramite nuovi prodotti finanziari che danno priorità alle industrie green e incoraggiano un cambiamento nel comportamento del consumatore, per esempio facilitando l’acquisto di pannelli solari e auto elettriche. In più, molte banche non danno più risorse a società che minano carbone.

Infine, si è notato che i vantaggi di portfolio più green sono visibili nei ritorni sul medio e lungo periodo, che battono in maniera schiacciante i costi iniziali. Con l’aggiunta che l’incremento dei fallimenti da parte dei prestiti ad aziende per il rischio fisico, che potenzialmente diventerà critico entro i prossimi 30 anni, rivela che sia anche nei migliori interessi delle banche partecipare alla transizione ecologica.

Prestiti green e prestiti sostenibili

Anche la domanda da parte degli investitori sembra rappresentare un’occasione d’oro. Infatti, lo sviluppo di un mercato green per strumenti di debito sostenibile ha superato il volume di 1 bilione di dollari ($1000 miliardi) nel 2021.

Ma quali sono questi strumenti green? Il primo è il prestito green (green loan) che, come le obbligazioni green, si pone l’obiettivo di finanziare progetti e attività completamente rinnovabili. Questi progetti sono definiti “green” attraverso le linee guida fornite dai Green Loan Principles.

Un altro strumento di rilievo è il prestito sostenibile (sustainable loan) che, al contrario, non ha limitazioni. I termini del finanziamento sono determinati dalla performance del creditore sulla base di criteri ESG (environmental, social, and governance) che solitamente hanno un impatto sul prezzo del prestito. Quindi, al creditore è garantita una riduzione del prezzo se migliora la sua performance ESG.

I prestiti green hanno avuto successo dal punto di vista ambientale, ma si è notata una certa prevalenza degli obiettivi climatici, con una negligenza dalla parte dei clienti e della società. Quindi, fornendo finanziamenti green, non c’è un miglioramento nella performance ESG, che tiene conto di tutte le parti non contrattuali. Come risultato, si pensa che i prestiti sostenibili sono un meccanismo più adatto alla situazione attuale.

Paesi in via di sviluppo

Secondo le Nazioni Unite, prima del Covid-19, i Paesi in via di sviluppo affrontavano una carenza annuale di finanziamenti pari a $2.5 bilioni per l’avanzamento degli obiettivi per lo sviluppo sostenibile (SDGs) e per gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. La pandemia ha allargato questa carenza.

Ingenti quantità di denaro dei Paesi in via di sviluppo sono investite in Paesi avanzati – per ritorni bassi o anche negativi – che spesso le re-incanalano negli stessi Stati da cui provengono per ritorni alti e a breve maturità. Questo provoca delle vulnerabilità finanziarie in quanto il capitale si dirige verso la parte sbagliata, ovvero verso i Paesi già sviluppati.

I Paesi in via di sviluppo non hanno un sistema finanziario avanzato, infatti è a prevalenza bancaria. Per questo, le Nazioni Unite pensano che sia molto più utile un intervento pubblico e la fruizione di investimenti esteri per spingerli verso un’economia più sostenibile.

In questo caso, quindi, le aspettative sul settore privato sono basse, ma questo non lo rende inutile. Data l’incredibile concentrazione del sistema bancario, con le giuste politiche si può incentivare le banche a collaborare agli SDGs (Sustainable Development Goals).

Conclusioni

Le sfide per il futuro sono tante. Gli Stati dovranno adottare sempre di più politiche green e le banche dovranno tenere conto dei rischi climatici. I Paesi in via di sviluppo hanno poco capitale e anche pochi incentivi; e questo perché quelli avanzati hanno sfruttato le risorse che oggi considerano ‘cattive’ e ora impongono alle Nazioni meno sviluppate di non usarle per via dei danni da loro causati.

Nonostante ciò, le nuove tecnologie creano delle opportunità per il successo della transizione ecologica, ma serviranno cooperazione tra tutte le Nazioni e una classe politica capace di accettare delle perdite nel breve periodo per un obiettivo più grande. Infine, si spera che le banche collaborino e incentivino i propri manager a guardare oltre i guadagni immediati per concentrarsi su quelli di medio-lungo periodo.

Vlad Costin Rotariu

(In copertina a Green Banking una rielaborazione grafica di Josh Appel da Unsplash)


Per approfondire

  • S. Ongena, G. Tsonkova, Ö. Dursun-de Neef, Green versus sustainable loans: The impact on firms’ ESG performance (CEPR);
  • The Journal. Banks’ Alliance to Fight Climate Change is on the Rocks (The Wall Street Journal);
  • U. Volz, D. Schoenmaker, Scaling up sustainable finance and investment in the Global South (CEPR);
  • Driving the green transition (UNepfi);
  • H. Degryse, R. Goncharenko, C. Theunisz, T. Vadasz, The Green Transition and Bank Financing (European Economy);
  • Firms and banks to benefit from early adoption of green policies, ECB’s economy-wide climate stress test shows (ECB);
  • Green finance for developing countries: Needs, concerns and innovations (UNep).
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