Musica

“Rush!” dei Maneskin – Il masterpiece dell’innocuo

Maneskin Rush copertina

L’ultimo lavoro della band Italiana più famosa al mondo, “Rush!” dei Maneskin, li consacra come il miglior prodotto rock italiano degli ultimi 10 anni. A volte troviamo persino buona musica.


Ti trovi all’Esselunga. Mentre stai cercando di portare a casa il minimo indispensabile per permetterti un pasto dignitoso, senza sperperare tutto il tuo patrimonio già risicato, dall’altoparlante delle casse si sente il suono di una chitarra decisamente rock. La voce graffiata esaspera degli stereotipi sulla cultura delle superstar hollywoodiane, in un inglese maccheronico e fin troppo basico.

Il fenomeno Maneskin

Damiano, questo il nome del cantante, ti strepita contro di “bere il suo amore”.

Nel frattempo, tu stai cercando di capire se sia meglio prendere quella scatoletta di tonno Rio Mare al naturale in più o se forse sia il caso di tenersi quei pochi centesimi rimasti per imprevisti vari.

Credit: Ilaria Ieie.

Nonostante la musica che stai sentendo sia vero rock italiano 100% ufficiale, non senti chitarre roboanti e urla sconnesse, o linee melodiche viscerali e crude.

Ma una batteria placida ed estremamente ripetitiva, che seguendo il ritmo di My Sharona rimane immobile e continua per tutto il brano, senza variazioni di alcunché. Nonostante questo, sei sereno. Non stai ascoltando niente di trascendentale e/o innovativo.

Ma la musica ti accompagna nelle tue compere quotidiane, ed è orecchiabile e gradevole all’ascolto. E penso che in questo, i Maneskin, abbiano centrato il bersaglio (leggi anche Fenomenologia dei Maneskin, di Francesca Ferrari).

Rush!, il nuovo album

Rush!, la loro ultima fatica e la prima dopo l’exploit internazionale con la vittoria agli Eurovision, è un disco lineare ed estremamente ripetitivo, ma raramente fuori fuoco. Sembra che la band abbia finalmente trovato il proprio sound e il proprio posto.

E lo dimostrano pezzi come Baby said che tra i soliti riferimenti al pop-punk e alla cultura rock ’n roll soprattutto nelle liriche, riesce a far emergere il suono Italiano che il gruppo vorrebbe autenticizzare e fare proprio.

Il front-man riesce a dare personalità a quasi ogni brano, valorizzando il suo timbro roco e graffiante in quasi tutti i brani che compongono la esorbitante scaletta di ben 17 brani.

Meno centrato sugli acuti, come dimostrano brani come Il dono della vita uno dei 3 in Italiano del disco, che nonostante sia tra i migliori a livello di liriche, non riesce ad essere memorabile come altre ballate del repertorio della band, complice la prestazione forzata di Damiano sul finale.

In generale, i brani più lenti del disco sono i meno ispirati della scaletta (tranne il singolo The Loneliest) troppo simili tra loro e poco coinvolgenti soprattutto a livello della musica).

Più riusciti invece brani come Own my mind e Timezone, che riescono a fondere bene il sound della band a ritornelli più funzionali e dalle linee melodiche efficaci.

Piacevole sorpresa invece per Gasoline che riesce ad essere effettivamente interessante con le sue chitarre roboanti quasi come fossero un motore e i cori palesemente da live, oltre che ben confezionata. Nonostante il chiaro e fin troppo percepibile riferimento a Sweet Dreams (are made of this) facendo presagire qualcosa di più per il futuro. Di fatto il pezzo migliore del disco.

I problemi di Rush!

Nonostante il complesso riesca ad utilizzare l’inglese in maniera più coerente e credibile rispetto ai lavori precedenti, i testi rimangono il problema maggiore dell’intero fenomeno Maneskin.

Infatti, troviamo brani come Bla bla bla, a mani basse il peggiore del lotto, dove una storia di una scappatella del front-man diventa l’apoteosi del cringe, e Kool kids che vede Damiano con accento cockney ripetere per l’ennesima volta che “sono fuori di testa ma diversi da loro” con una serie lunghissima di stereotipi sul punk.

Questa scarsa proprietà di linguaggio è stata la principale fonte del malcontento della critica estera. E questo anche perché – sembrerà strano – ma, a differenza nostra, in America conoscono l’inglese. Va comunque riconosciuto che i Maneskin vanno contestualizzati.

Per quanto il loro operato non sia degno di nota, sono comunque un gruppo che si diverte, fa divertire e riesce alla perfezione a centrare il proprio target di riferimento, con uno sguardo anche ai live e alla performance a tutto tondo. Quindi, progetto promosso, anche se con molte riserve ed essendo comunque musica leggera e innocua.

Marco Moncheroni

(In copertina Damiano dei Maneskin in occasione della presentazione di Rush!)


Per approfondire: Fenomenologia dei Maneskin – Perché ci piacciono tanto? (un articolo di Francesca Ferrari) e Sanremo è sempre Sanremo (un articolo di Federica Marullo).

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