Di recente mi è stato fatto notare quanta invidia e cattiveria ci sia fra le ragazze. Non ci avevo mai fatto molto caso e soprattutto non avevo mai davvero analizzato il fenomeno. Perché fra donne siamo così invidiose? Perché arriviamo così spesso a frammentarci in piccoli gruppi, a screditarci, a litigare?
Prima di iniziare, una piccola premessa: quando si parlerà di uomini e donne, si farà riferimento a persone socializzate come uomini e persone socializzate come donne. I fenomeni analizzati si ritrovano anche nei rapporti omosessuali e in generale fra le persone queer, ma come riflesso dei meccanismi qui riportati.
In cerca di approvazione
Per dare un senso a questo fenomeno dobbiamo partire dalla base: il bisogno di approvazione.
È normale cercare l’approvazione degli altri, si tratta di un meccanismo comune a tutti gli esseri umani e fondamentale all’interno delle nostre relazioni. Eppure, nello specifico, è impossibile non notare come la ricerca dell’approvazione maschile sia fortemente presente nella vita di ogni singola donna.
Fin da piccole, le bambine sono educate ad ambire a un amore di tipo romantico, con un indottrinamento che arriva da libri, film e cartoni animati.
In questi contesti, siamo abituati alla rappresentazione di una donna che ricopre sempre lo stesso canone e presenta una serie di caratteristiche sul piano emotivo ed estetico: ci si aspetta che una donna sia sensibile, educata, paziente; sul piano sessuale pudica, ma in grado di soddisfare l’uomo; da un punto di vista fisico, che sia magra e tonica, ma comunque con le giuste forme.
Siamo tutti consapevoli dell’importanza, nella vita di una donna, di seguire un preciso canone estetico per essere accettata dalla società. Credere che un’altra ragazza sia più bella (in base agli standard di bellezza comuni) è la prima fonte di invidia femminile.
Ma come e quando nasce effettivamente questo sentimento?
La bellezza esteriore
L’invidia si manifesta fin da quando siamo bambine, tanto è interiorizzata in noi.
Quando frequentavo le scuole medie, ad esempio, i miei compagni di classe avevano fatto una lista di noi ragazze, da quella che loro consideravano la più bella a quella che pensavano fosse la più brutta.
Potete immaginare lo sconforto della ragazza classificata come ultima, nel momento in cui questa lista è diventata di dominio pubblico. Potrebbe sembrare una cosa minima, ma proviamo a pensare a quanto questa piccola esperienza abbia influenzato i futuri rapporti di questa ragazza e quanto abbia segnato il suo modo di porsi nei confronti delle altre persone.
Partiamo dal problema di fondo: il fatto che l’uomo pensi di poter giudicare la bellezza di una donna e che creda che la sua opinione abbia importanza. La conseguenza più immediata è che la donna inizia a pensare che l’opinione maschile sia effettivamente importante e si faccia influenzare da essa.
Il contributo maschile in questo meccanismo è rappresentato dal pensare di dover giudicare la donna e, vedendo il potere che il suo giudizio ha, continuare a farlo.
L’invidia nasce in primis rispetto all’estetica, in quanto aspetto più superficiale e facilmente giudicabile sia dagli uomini che dalle altre donne.
In effetti, quante volte abbiamo sentito dire (o detto) che una ragazza riceve molte attenzioni solo perché si trucca tanto o si veste in modo provocante? Che se non lo facesse, nessuno le andrebbe dietro, che è una persona finta?
In realtà, non ci rendiamo conto che ogni volta che facciamo un simile commento, stiamo sminuendo l’altra perché ci sentiamo noi per prime in difetto di qualcosa. Questa cattiveria nasce da un nostro problema con noi stesse, da un nostro non sentirci abbastanza.
L’invidia nelle relazioni sociali
Un’altra componente che fa scaturire questi sentimenti negativi è la maggiore capacità di esporsi che potrebbe avere una ragazza rispetto a noi, quindi una maggiore disinvoltura nelle situazioni sociali.
Senza dubbio questo è un aspetto che affascina in un contesto sociale ed è una capacità che non tutti possediamo.
Eppure, nel momento in cui noi, per esempio, siamo più introverse o risultiamo meno attraenti agli occhi di un ragazzo, ci ritroviamo a provare invidia nei confronti di una ragazza che invece, magari, si trova perfettamente a suo agio nel contesto sociale e riceve tante attenzioni.
E tendiamo ad etichettarlo come un atteggiamento negativo, anche se di concreto, cosa c’è di male? Cerchiamo tutti l’attenzione e l’approvazione di qualcuno: c’è chi ci riesce più facilmente, chi meno; chi si trova meglio in grandi gruppi e chi ha bisogno di poche persone.
Quel che resta di noi
Come prima conseguenza abbiamo una generale disgregazione delle relazioni sociali fra ragazze. Nel concreto possiamo notare questa frattura nelle scuole, per esempio rispetto a quanto le studentesse di una classe tendano a frammentarsi in diversi gruppetti spesso in conflitto fra loro.
Certo, anche fra i ragazzi ci si divide in gruppi, ma piuttosto per interessi o stili di vita diversi, sicuramente non perché mossi dall’invidia e comunque senza la cattiveria di fondo che permane fra i gruppi di ragazze.
Oppure, spesso normalizziamo lo sminuire e l’offendere altre ragazze, usando slur maschilisti: c’è già una grande quantità di uomini che pensano sia normale insultare le donne in termini misogini, dobbiamo davvero contribuire anche noi a questo fenomeno?
Gli slur maschilisti non vanno ad offendere direttamente la donna in quanto persona, ma spesso la attaccano in relazione alla sua sfera sessuale. Il fatto che gli uomini li usino tanto per offendere non mi sorprende, però mi intristisce l’averli interiorizzati come insulti da poter usare anche tra ragazze.
Basta poco per abituarsi a sostituire insulti sessisti con insulti neutri da questo punto di vista. Per esempio, magari la prossima volta che vi verrà da dire di una ragazza che è una “puttana”, ditele che è una “stronza”. Rende comunque l’idea, ma non contribuisce al dilagarsi della misoginia nella società.
Un’altra conseguenza è l’annullamento dei rapporti. Succede spesso che alcune ragazze non riescano a fare amicizia con altre donne e si trovino meglio con gli uomini.
In realtà, molto spesso, quello che succede è lo stroncare sul nascere un rapporto di amicizia con una donna per evitare che scatti questo meccanismo di invidia. Pensiamo alla classica frase: “Faccio più facilmente amicizia con gli uomini perché sono più tranquilli, si litiga meno ed è più semplice”.
In questo caso, invece, è un peccato che ci sia questa opinione generale secondo cui è più difficile restare in rapporti di amicizia con donne. Soprattutto in quanto questo dipende dalla personalità altrui, non dal genere sessuale.
Solidarietà femminile
Come si è detto, questi sono meccanismi intrinsechi, che si possono notare già in giovanissima età. Credo che, più che cercare di reprimere i sentimenti negativi, sia più importante esserne consapevoli e imparare a riconoscerli. Capire da cosa scaturiscano e perché ci si senta così è un buon punto di partenza.
Quando entriamo in competizione con un’altra ragazza, in realtà non stiamo effettivamente competendo per qualcosa. Siamo solo persone diverse, che ricercano cose diverse e che vengono notate in modo diverso.
Forse dovremmo comportarci tutte un po’ di più come le ragazze di Sex Education (stagione 1, episodio 5). Nell’episodio vengono diffuse foto intime di una ragazza nella scuola dei protagonisti e la trama si incentra su come questi cerchino di aiutare la vittima di revenge porn a nascondere il fatto che le immagini siano sue.
In questa scena, in particolare, vediamo tutta la scuola riunita dal preside per parlare della questione e, nel momento in cui la verità sta per venire a galla, pian piano le ragazze ammettono di essere la persona nelle foto, in modo da nascondere l’identità della vera vittima.
Questa scena mi commuove ogni volta che la vedo, principalmente perché rappresenta un tipo di solidarietà femminile che vedo difficile da raggiungere. Difficile sì, ma non impossibile, a pensarci bene.
Come ho già detto, penso che il miglior punto di partenza sia prendere consapevolezza delle proprie dinamiche interiori, analizzarle, sviscerarle, comprenderle a fondo. Impegnarsi in generale a non attribuire agli altri il peso di come ci si sente, ma concentrarsi sul perché ci si senta così, sperando che dopo questo piccolo momento di auto-psicoanalisi si riesca ad essere più gentili verso gli altri e verso sé stessi.
Vittoria Ronchi
(In copertina, foto tratta da American Hustle, disponibile su Amazon Prime Video)