Durante la pandemia, per la prima volta, si è fatto un uso esteso della didattica a distanza. Se da un lato sono emersi gli evidenti limiti; dall’altro, nelle università gli studenti hanno mostrato, in media, un buon livello di soddisfazione. Ci si chiede dunque quanto sia giusto, oggi, abbandonare per sempre le lezioni online, lasciandole solo alle università telematiche.
Nuovi orizzonti
L’esperienza della pandemia ha sicuramente lasciato dei segni indelebili nel modo di concepire ed interpretare la didattica. Nonostante le inevitabili difficoltà iniziali, le università italiane se la sono cavata piuttosto bene nello spostare in rete tutte le attività formative proposte; per questo nuovo anno accademico 2022/2023, però, non è più previsto un ricorso generalizzato alla didattica a distanza (DAD).
Le università tradizionali sembrano, infatti, intenzionate ad accantonare definitivamente gli aspetti positivi della didattica da remoto e purtroppo questo intento, sul lungo termine, potrebbe produrre delle grandissime perdite in termini di iscritti e risorse a vantaggio delle università telematiche che, da questo punto di vista, sembrano molto più proiettate verso il futuro.
Il peso delle università telematiche
Attualmente il MIUR (Ministero dell’Università e della Ricerca) riconosce ben 11 atenei online sparsi, con oltre 400 sedi, in tutto il territorio italiano. Se si va ad analizzare il numero di immatricolati alle università digitali, si nota subito una forte tendenza di crescita.
Si passa, infatti, da poco più di 40.000 iscritti dell’anno accademico 2012/2013 a più di 160.000 immatricolati totali nel 2021/2022. Consultando i dati ufficiali del MIUR, che riportano un numero complessivo di iscritti in Italia di poco inferiore a 1.800.000 studenti, si può facilmente dedurre che circa il 10% degli immatricolati frequenta una delle nostre università telematiche.
A giudicare dal tenore di crescita rilevato negli ultimi anni, è molto probabile che tra 5-10 anni gli studenti degli atenei online saranno più di un terzo del totale. Questi numeri dovrebbero preoccupare, e non poco, le università tradizionali che stanno lentamente perdendo la loro capacità di attrarre studenti.
Altro dato interessante riguarda la ricaduta economica degli atenei online. In media le rette sono decisamente più alte rispetto a quelle delle università statali, e il costo di questi corsi di laurea varia da 1.500 a circa 6.000 euro annui. Tuttavia anche per questi percorsi di studio esistono delle agevolazioni economiche per alcune categorie e soprattutto vantaggi di costo per gli studenti, che abbattono completamente i costi, come affitti e trasporti, legati alla vita da fuori sede.
Vantaggi e Svantaggi
Frequentare le università telematiche presenta numerosi vantaggi, primo fra tutti il fatto che si tratta di percorsi formativi più adeguati alla scelta di lavorare e studiare contemporaneamente. Infatti, ricorrendo alle piattaforme di e-learning, gli studenti degli atenei online possono usufruire delle lezioni quando vogliono, senza vincoli di orario. Le iscrizioni sono poi aperte tutto l’anno e quindi si evitano con più facilità perdite di tempo e ritardi.
Anche gli esami, molto spesso, possono essere svolti in un numero maggiore di sessioni rispetto alle università classiche, e questo aspetto può sicuramente contribuire ad evitare di andare “fuori corso“, un’evenienza che al momento colpisce più di uno studente su tre. Infine tutti gli immatricolati di questi atenei sono seguiti da un tutor personale in grado di supportarli nell’arco di tutta la carriera.
Allo stesso tempo però, scegliere la via delle università telematiche porta con sé alcuni punti a sfavore. In questo tipo di didattica manca quasi completamente l’interazione con gli altri studenti, e si perde quindi la possibilità di vivere in prima persona l’università come luogo di aggregazione culturale e sociale.
Altro aspetto da non sottovalutare riguarda il fatto che alcuni tipi di facoltà sarebbero praticamente impossibili da realizzare interamente online: ad esempio non è possibile realizzare dei corsi totalmente digitali per le facoltà che, come medicina e biotecnologie, richiedono laboratori o tirocini da svolgere necessariamente in presenza.
Al netto di tutte queste considerazioni risulta comunque evidente come, specie per alcuni settori, le università telematiche rappresentino una validissima alternativa a quelle tradizionali. Con oltre 250 corsi di laurea diversi, gli atenei online hanno un’offerta formativa ampia e al passo con i tempi; non è raro infatti trovare percorsi innovativi che rispondono direttamente alle esigenze del mondo del lavoro in maniera più efficace e rapida di quanto non facciano le università classiche.
L’arroganza delle università tradizionali
Nonostante le università telematiche siano nate da quasi vent’anni, ancora oggi destano non poca diffidenza. Questo generale atteggiamento di scarsa fiducia nei percorsi di laurea online è costantemente alimentato dalle università tradizionali e gli studenti stessi che frequentano le università classiche si sentono, in media, superiori a coloro che scelgono la via telematica.
Questo sentimento di presunzione deriva sicuramente dal fatto che siamo ancora troppo legati ad una visione dell’istruzione (e della formazione in generale) troppo sensazionalistica e teatrale. In quest’ottica, frequentare le lezioni in edifici storici, ritrovarsi a studiare in biblioteche e partecipare attivamente alla vita universitaria sembrano degli aspetti imprescindibili senza i quali non si può neanche pensare di prendere una laurea.
Gli anni della pandemia ci hanno però insegnato che è possibile fare tutto questo anche sfruttando la tecnologia. È forse giunta l’ora, dunque, di mettere da parte questo atteggiamento di superiorità fallace e smentito dai fatti, visto che in Italia sono purtroppo numerosi i casi di università con servizi a dir poco scadenti, specie al Sud. Un problema ricorrente, in particolare, è sicuramente quello della presenza di aule inadeguate, piccole e poco capienti rispetto al numero di iscritti, specie negli edifici più vecchi.
Questo numero è poi gestito dalle università con poca chiarezza d’intenti e di prassi; da anni, ad esempio, si parla della carenza del personale sanitario ma la facoltà di medicina resta invariabilmente a numero chiuso. Più eclatante è il caso delle facoltà che, in alcuni atenei, adottano la modalità del “numero programmato“, mascherando il numero chiuso con questa dicitura eufemistica che ha purtroppo il sapore della burla.
Il vero motivo che giustifica tutto ciò è la carenza di strutture e personale sufficienti a soddisfare una richiesta più ampia. Non deve quindi sorprendere che l’Italia sia in Europa al penultimo posto per numero di laureati, con il 20% della popolazione di età compresa tra 25 e 34 anni.
Una didattica per il futuro
Se davvero si vuole incrementare la qualità delle università è importante che sia le facoltà telematiche che quelle tradizionali prendano in prestito, le une dalle altre, i punti di forza migliori. Sicuramente è evidente che una didattica totalmente digitale possa non essere del tutto esaustiva ma, in un mondo che avanza imperterrito verso il futuro, è giunto il momento di sfruttare al meglio i potenziali vantaggi che queste nuove metodologie ci offrono. Mandare definitivamente in soffitta la didattica a distanza in università, alla luce di tutto ciò, sarebbe una scelta abbastanza anacronistica e decisamente non al passo con i tempi.
Le università tradizionali dovrebbero poi investire di più nei servizi di welfare per gli studenti. Negli ultimi tempi, a causa dei rincari e di un mercato immobiliare sempre più spietato, la vita per gli studenti fuori sede sta diventando a dir poco ardua ed è più che lecita la conseguente scelta di numerosi aspiranti dottori di iscriversi alle università telematiche. D’altronde, da un punto di vista legale, i titoli conseguiti negli atenei online sono del tutto equiparati a quelli tradizionali.
La risposta del sistema universitario italiano, ora più che mai, deve essere rapida. L’approvazione della legge sulla doppia laurea è sicuramente una buona iniziativa finalizzata all’innalzamento del livello della qualità dell’offerta formativa universitaria, ma non è una misura sufficiente. A dimostrarlo sono i sempre più diffusi casi di suicidio tra giovani studenti universitari che, sopraffatti da una società sempre più disumana e alienante, sono lasciati soli ad affrontare le crescenti difficoltà.
Queste scelte estreme sono solo la punta di un iceberg, rappresentato dal dato sconcertante per cui in Italia più di uno studente su tre mostra sintomi evidenti di ansia e depressione. È auspicabile dunque che le università italiane attingano a tutte le risorse possibili pur di garantire una formazione di qualità e degli standard di benessere psicofisico adeguati agli studenti del nuovo millennio.
Diego Bottoni
(In copertina Miguel Henriques da Unsplash)