Cronaca

COP15 Kunming-Montreal – Un accordo storico per la biodiversità

COP15 2

Dal 7 al 19 dicembre 2022 si è svolta la COP15, quindicesima Conferenza delle Parti sulla biodiversità, a Montreal, Canada. Si sono riunite 196 parti della Convenzione sulla diversità biologica (CBD), con 10.000 delegati da tutto il mondo.


Della CBD fanno parte quasi tutti i Paesi del mondo, ad esclusione di Stati Uniti (che partecipano comunque alla conferenza) e Vaticano. Lo scopo è concordare una nuova serie di obiettivi che guideranno l’azione globale fino al 2030 per arrestare e invertire la perdita di biodiversità.

Cos’è la CBD

Facciamo prima un passo indietro e capiamo cos’è la CBD. Siamo nel 1992 a Rio de Janeiro, al vertice sulla Terra. I leader mondiali hanno concordato una strategia globale di sviluppo sostenibile: soddisfare le esigenze dell’uomo, garantendo al contempo un mondo sano e vitale da lasciare alle generazioni future.

Uno dei principali accordi adottati a Rio è stata la Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD), aperta alla firma il 5 Giugno 1992 ed entrata in vigore nel 1993. È un trattato giuridicamente vincolante, che si pone tre obiettivi fondamentali:

  1. Conservazione della biodiversità;
  2. Uso sostenibile della biodiversità;
  3. Giusta ed equa ripartizione dei benefici derivanti dall’utilizzo delle risorse genetiche.

Ad oggi, sono 193 i Paesi che l’hanno sottoscritta. L’organo di governo della Convenzione sulla Diversità Biologica è la Conferenza delle Parti (COP).

Chi presiede la Conferenza a Montreal

La presidenza della COP15 del 2022 è in mano a Huang Runqiu, ministro dell’ecologia e dell’ambiente della Repubblica popolare cinese. E questo perché originariamente la COP15 doveva svolgersi nel 2019 a Kunming, ma poi si è rinviato tutto a causa della pandemia e dell’attuale rigida politica cinese zero-Covid.

Obiettivi della COP15

La COP15 assume sin da subito una grande importanza: con essa, infatti, si cerca di superare un’impasse ventennale, poiché gli obiettivi siglati in due importanti edizioni precedenti, quelle del 2002 e del 2010, sono stati quasi tutti incompleti.

Nella COP del 2002, le Parti della Convenzione hanno messo a punto un Piano Strategico al fine di orientare la sua ulteriore attuazione a livello nazionale, regionale e globale. Si sono impegnate a raggiungere entro il 2010 una riduzione significativa del tasso attuale di perdita della biodiversità.

Nel 2010 la CBD si è riunita a Nagoya (Giappone) per discutere e ridisegnare il Piano Strategico, aggiungendo nuovi obiettivi per il periodo post-2010. In particolare, parliamo dell’Accordo di Aichi, che prevedeva 20 obiettivi, divisi in 60 micro-obiettivi. Di questi, solo 7 sono stati pienamente raggiunti e 38 hanno mostrato piccoli progressi:

  1. La deforestazione è stata diminuita di 1/3;
  2. Le aree protette terrestri sono aumentate del 10-15%;
  3. Le aree protette oceaniche sono aumentate del 3-7%;
  4. Molti Paesi hanno introdotto misure per tutelare la biodiversità.

Accordo di Montreal del 2022

A Montreal si sono discussi 22 obiettivi ancora in bozza, tra cui:

  1. Compensare le emissioni di CO2;
  2. Taglio dei sussidi alle industrie che causano perdita di biodiversità;
  3. Aiutare i Paesi poveri a mettere in atto misure per favorire la biodiversità;
  4. Target 30by30: tutela di almeno il 30% delle aree marine, terrestri e fluviali entro il 2030.

Inoltre, molte ONG vogliono introdurre il “Nature Positive”: delle politiche (arricchimento della biodiversità, stoccaggio del carbonio, purificare l’acqua e ridurre il rischio pandemico) che gli Stati dovrebbero adottare per migliorare gli ecosistemi, fermare e invertire la perdita di natura.

Dopo un serrato dibattito che vedeva contrapposti i Paesi industrialmente più sviluppati e quelli del sud del mondo, è stato adottato il Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework, un accordo considerato storico.

Justin Trudeau COP15

Più di 190 Paesi hanno concordato, quindi, una tabella di marcia che mira a proteggere il 30% del territorio del pianeta entro il 2030. Inoltre hanno stabilito un piano per aumentare gli aiuti ai Paesi in via di sviluppo per la salvaguardia della biodiversità, arrivando ad investire fino a 30 miliardi di dollari all’anno. 

L’importanza del Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework

Ad oggi, circa un milione di specie animali e vegetali, su un totale stimato di otto milioni, sono a rischio di estinzione.

Considerando il fatto che metà del PIL mondiale dipende da ecosistemi sani, proteggere la biodiversità significa essenzialmente salvaguardare le fondamenta strutturali da cui tutti noi dipendiamo. Essendo quindi un patrimonio collettivo, uno degli obiettivi principali dell’accordo è quello di regolamentare l’uso della biodiversità genetica.

In tal modo, i suoi benefici possono essere equamente distribuiti, anche con le popolazioni indigene.

Ugualmente accessibili a Paesi in via di sviluppo e piccole isole dovrebbero essere i finanziamenti, stimati a 700 miliardi di dollari l’anno entro il 2050, da investire nella salvaguardia ambientale. Un forte accento viene posto sulle popolazioni indigene: devono essere messe nelle condizioni di svolgere un ruolo primario nella conservazione della biodiversità globale. Ciò poiché, pur rappresentando solo il 5% dell’umanità, si trovano a contatto con l’80% della biodiversità terrestre.

Inoltre è stato sancito il principio secondo il quale dovrà essere bonificato il 30 per cento delle terre che risultano ad oggi degradate a causa delle attività antropiche. Tutti obiettivi che dovrebbero essere raggiunti anche dimezzando gli sprechi alimentari e riducendo significativamente il consumo eccessivo e la produzione di rifiuti.

Ombre dell’Accordo

Eppure, non mancano anche alcune ombre su questo accordo. Primo tra tutti, la mancanza di un sistema di monitoraggio degli avanzamenti effettuati. Senza la predisposizione di un organismo ad hoc, rischiamo di non avvicinarci a nessuno dei target prefissati.

In secondo luogo, le imprese private non sono state obbligate a rendere pubblici i propri progressi in materia, ma solo esortate a farlo. Infine, non si menziona mai il sovraconsumo di carne e né sulla diffusione di diete compatibili con uno sviluppo sostenibile.

[Questa COP15] contiene alcuni segnali forti sulla finanza e la biodiversità, ma non riesce ad avanzare oltre gli obiettivi di 10 anni fa nell’affrontare i fattori di perdita di biodiversità in settori produttivi come l’agricoltura, la pesca e le infrastrutture, e quindi rischia di essere ancora una volta completamente trasformazionale.

Andrew Deutz, direttore della politica globale, delle istituzioni e dei finanziamenti per la conservazione di The Nature Conservancy.

Un primo passo

L’accordo raggiunto rappresenta un primo, grande passo per la salvaguardia di flora e fauna globali, ma da solo non è sufficiente.

Serve un’azione forte e mirata da parte di tutti i Paesi che dovranno attuare l’accordo. Difatti, è stata lasciata tanta, forse troppa discrezionalità. Risulta quindi fondamentale che ogni Governo attui politiche specifiche a breve e a lungo termine per garantirne l’efficacia.

Alice Mauri (Sistema Critico)

(In copertina premiumtimesng.com)


COP15 Kunming-Montreal – Un accordo storico per la biodiversità è un articolo realizzato in collaborazione con Sistema Critico. Un gruppo di studenti universitari che si pone come obiettivo il racconto del reale in modo critico e giovanile, avvicinando le persone alle questioni che il mondo ci pone ogni giorno.

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