Nelle scorse settimane alcune organizzazioni ambientaliste come Ultima Generazione e Just Stop Oil hanno dato il meglio di sé, bloccando la circolazione su strade e tentando di imbrattare opere d’arte simbolo della nostra cultura. Impegnarsi ad accrescere la consapevolezza pubblica su certe battaglie è sacrosanto; ma, come per ogni cosa, c’è modo e modo.
Farsi sentire
Fin dove ci sentiamo in diritto di spingerci per far sentire la nostra voce? Per alcuni è lecito bloccare le strade delle capitali europee con cortei improvvisati, come tentare invano di rovinare opere d’arte.
Questi due atti hanno all’apparenza un peso e delle conseguenze diverse, più serie e immediate nel primo caso, molto meno nel secondo. Qui, tuttavia, si vuole insistere sulle intenzioni che spingono a tali azioni. E, su questa base, i due esempi sono accomunati da una medesima volontà di stupire e di colpire concretamente la quotidianità nelle nostre città e i simboli che più ci rappresentano.
Nella narrazione più diffusa è l’Occidente, con il suo tanto criticato modello capitalista, a diventare il colpevole di una crisi globale che però, proprio in quanto tale, coinvolge l’intero pianeta senza distinzioni geografiche e politiche; e questa è una realtà tanto banale, quanto ignorata. E si prendono di mira, con un medesimo pensiero di fondo, i comuni cittadini e ciò che di più bello noi come società siamo riusciti a realizzare.
Stendersi a terra in mezzo alla strada o armarsi di zuppa di pomodoro è una risposta semplice a questioni complesse, un espediente per poter urlare la propria indignazione di fronte a problemi che non si vuole conoscere nel profondo.
Poco importa, poi, se si fermano anche le ambulanze e i pazienti arrivano morti in ospedale, o se i soccorritori sono costretti a deviare direttamente per l’obitorio, come è successo di recente in Germania. E di recente proteste di questo tipo hanno raggiunto anche le città italiane, da Roma a Milano.
Un pessimo esempio
Stiamo parlando di gente che una mattina si mette in testa di diventare protagonista di un atti vandalici, ai limiti della legalità. “No gas”, “No carburante”, si legge sugli striscioni degli attivisti di Ultima Generazione.
Se sono loro quelli convinti di poter salvare il pianeta, possiamo dirci spacciati. I loro colleghi tedeschi hanno sulla coscienza la morte di una persona, ma questo non li fermerà.
Qualcuno dirà che almeno questi ragazzi si danno da fare, che si organizzano per un ideale. E questo è vero, ma si sta parlando di un ideale espresso con i termini più sbagliati, che finisce per perdere credibilità. Non abbiamo bisogno di certe pagliacciate. Non sono questi individui a rappresentare i milioni di giovani che con serietà e dedizione lottano per i propri obiettivi.
L’attivismo fatto in questo modo merita di essere condannato. Bisogna indagare su chi siano questi attivisti, sul loro background e su tutto ciò che si cela dietro questi gesti di follia; sarebbe un’operazione necessaria ma complessa, che non si vuole approfondire in questa sede.
Certi atteggiamenti portano l’opinione pubblica a vedere con sospetto a queste realtà, rendendola avversa a problematiche reali come il cambiamento climatico. C’è da chiedersi se loro ne siano consapevoli, ma, se non lo fossero, non ci sarebbe da stupirsi.
Troppa superficialità
Forse per questi attivisti improvvisati è troppo difficile trattare seriamente il pericolo di cui si fanno portavoce per un attimo di notorietà. Lo si può vedere dal recente caso dei membri di Ultima Generazione che tacciono di fronte a uno scienziato ambientale con cui si sono trovati ad avere a che fare in uno dei loro blocchi stradali.
L’uomo, dall’alto della sua esperienza, ha reagito in modo serio, invitando gli attivisti a entrare in laboratorio con lui per avere una reale percezione del problema e dei modi per fare sano attivismo. Nessuno ha accolto l’invito, in una scena emblematica per superficialità e disonestà di fondo.
È stata, come prevedibile, una reazione indecente. Hanno proseguito imperterriti a urlare frasi fatte e apocalittiche, rimanendo fermi sull’asfalto. Questo è il loro atto eroico, nulla di più. Si è portati a pensare che a loro dell’ambiente e di tutto ciò di cui si vantano non sia mai interessato nulla.
Il caso “Just stop Oil”
Altri atti del genere recentemente hanno avuto un’eco mediatica rilevante. Noto è, ad esempio, il gesto delle attiviste riprese mentre gettano della zuppa di pomodori sui Girasoli di Van Gogh alla National Gallery di Londra.
Secondo le cronache, le due ragazze si sarebbero rivolte ai presenti con i soliti slogan, invocandoli a scegliere di salvare il pianeta e non l’arte. Come se una cosa escludesse l’altra.
Così sembrano ragionare gli attivisti di Just stop Oil. E già il nome la dice lunga, come se la soluzione a tutti i mali del mondo fosse interrompere l’estrazione di combustibili fossili.
Il loro atto si è rivelato per fortuna innocuo per il quadro e si è ridotto a una pura mossa di marketing. Il dipinto, infatti, è protetto da una teca e non ha subito danni. Sorge il dubbio che questi fantomatici attivisti vogliano solo far conoscere il loro brand, ciò che permette loro di identificarsi.
Niente a che fare con attivismo e buoni propositi. Ciò che conta davvero, sotto una veste abbellita di impegno civile e cura per l’ambiente, è mostrarsi, far aumentare i numeri di seguaci e visualizzazioni sui social.
Se da una parte è vero che ogni protesta ha come obiettivo uno scombussolamento delle coscienze e dei sistemi entro cui viviamo, è vero anche personaggi del genere procurano un danno d’immagine enorme alla nobile causa della salvaguardia ambientale.
Ne sono una prova schiacciante le migliaia di commenti di derisione e scherno pubblicati sulle stesse piattaforme che hanno divulgato le manifestazioni.
A causa loro, per chi lotta davvero con cognizione di causa a protezione del pianeta diventa ancora più difficile ottenere credibilità. Per questi ultimi sarà ora necessario fare i conti con pregiudizi, sospetti e sfiducia. Ognuno è in grado di dimostrare ogni giorno i propri principi, ma agendo così loro li hanno demoliti e umiliati.
Jon Mucogllava
(In copertina una foto delle manifestazioni a Losanna, in Svizzera, da rsi.ch)