Quando si decide di partire per l’Erasmus si viene assillati dalle domande di amici e parenti, che ormai conoscerete se avete letto i miei articoli al riguardo. Uno degli argomenti che sembra interessare maggiormente è, naturalmente, l’amore.
Se siete in una relazione al momento della partenza, uno dei quesiti che arriverà più spesso sarà: “Resterai fidanzata anche quando sarai lì?”. Se la risposta è affermativa, tendenzialmente arriva un: “Io non ce la farei mai, sarei troppo geloso.” o “Tanto si sa che in Erasmus tradiscono tutti.”
È vero, l’ambiente degli studenti in scambio non è il primo che viene in mente quando si parla di relazioni stabili. Io stessa mi ponevo molti dubbi, nonostante cercassi di non darlo a vedere.
Non temevo di tradire o essere tradita, benché non siano eventi prevedibili, bensì il cambiamento della relazione con la lontananza. Ad esempio, mi domandavo se avrei sofferto molto la nostalgia, se dopo un periodo tanto lungo ci saremmo scoperti non più compatibili.
Avere un periodo della mia vita in cui concentrarmi su di me, sola in un altro Paese, mi ha cambiata, mi ha permesso di capire me stessa più a fondo, da sola e all’interno di una relazione e mi ha aiutato a capire quali situazioni siano migliori per me. Ho avuto la grande fortuna di non dover rinunciare a qualcosa (o qualcuno).
Casi come il mio provano che i rapporti di coppia, in qualunque modo siano vissuti e in qualsiasi momento della vita, devono essere fonte di arricchimento e permettere di sperimentarci come individui, non limitarci.
Bisogno di un partner o paura della solitudine?
La mia paura più grande era rendermi conto, al rientro, che dopo un periodo di indipendenza, l’essere in una relazione non mi avrebbe più soddisfatta e che avrei preferito iniziare un periodo della mia vita adulta da single. Questo perché, personalmente, non ho mai avuto un momento della mia adolescenza in cui fossi “felice con me stessa”: ero la ragazzina sempre alla ricerca di una storia d’amore. Tutti abbiamo conosciuto qualcuno così, no?
Volevo provare quei sentimenti e dinamiche che tutti i miei coetanei (a parer mio) sperimentavano, ma che per qualche motivo io non riuscivo a trovare. Ho smesso di provare questo desiderio solo intorno ai diciott’anni, subito prima di conoscere la persona con cui sono fidanzata tuttora. Di fatto, non ho mai avuto un momento in cui non cercassi attivamente un partner, sebbene i miei successi fossero molto scarsi.
Posso dire di non aver mai raggiunto, come molti durante la crescita, quello stato quasi zen in cui essere felici e soddisfatti della propria vita, senza la presenza di una relazione sentimentale stabile, è possibile. Non ho mai sperimentato durante la crescita, motivo per cui fare una vita da “single”, in un ambiente come quello Erasmus in cui ci si aspetta sesso e relazioni occasionali, sarebbe stato un esperimento interessante.
Erasmus e crescita personale
A fine percorso, ora che sono già rientrata, penso che l’ esperienza mi abbia fatto molto bene. Innanzitutto, mi ha permesso di confrontarmi con sentimenti di gelosia, nostalgia e solitudine (questi legati a svariate relazioni e non solo a quella romantica, beninteso) e di gestirli in modo da non permetter loro di influenzare il mio scambio.
Ho potuto sperimentare una relazione a distanza e capire che, per quanto non sia una situazione idilliaca, posso affrontarla con molta serenità. C’è stato, indubbiamente, uno sviluppo personale, che era diverso rispetto al mio percorso in Italia, ma era dato dal cambio di Paese e dal contesto differente.
Sono una persona che dà molto valore alla propria indipendenza, quindi ho sempre costruito la mia relazione in modo che arricchisse la mia crescita personale, non la inglobasse.
C’è chi è fatto per la vita di coppia
La parte per me più importante, quindi, che il trascorrere del tempo “da single” mi ha fatto capire, è quanto io stia bene nella mia relazione. Inizialmente, quando vedevo i compagni di università parlare delle persone con cui erano tornati a casa dopo una serata, con cui uscivano quella settimana o che avevano baciato la notte prima, provavo curiosità e desiderio di sperimentare a mia volta.
Presto però mi sono resa conto che i miei pensieri erano legati per lo più al fatto di non aver mai provato nulla di simile, non ad un desiderio intrinseco. Simili esperienze non hanno una vera attrattiva, almeno per me, probabilmente se non mi fossi trovata nella situazione in cui sono avrei comunque cercato un tipo di relazione stabile.
Dietro questo pensiero non c’è la filosofia del “vorrei uscire con tante persone, ma non voglio rinunciare a quella specifica con cui ho una relazione”, anche se naturalmente il partner influisce tantissimo. Nel mio caso, le componenti di una frequentazione a lungo termine, oltre agli appuntamenti e alla componente fisica, hanno un’attrattiva maggiore e le ricercherei anche se la storia in cui sono adesso finisse.
Insieme, ma indipendenti
Avere un periodo della mia vita in cui concentrarmi su di me, sola in un altro Paese, mi ha cambiata, mi ha permesso di capire me stessa più a fondo, da sola e all’interno di una relazione e mi ha aiutato a capire quali situazioni siano migliori per me. Ho avuto la grande fortuna di non dover rinunciare a qualcosa (o qualcuno).
Casi come il mio provano che i rapporti di coppia, in qualunque modo siano vissuti e in qualsiasi momento della vita, devono essere fonte di arricchimento e permettere di sperimentarci come individui, non limitarci. Non è necessario rinunciare ad un partner per stare soli e non è necessario essere single per capire cosa vogliamo.
Alice Buselli
(In copertina immagine tratta dal film C’è posta per te, disponibile su Apple TV)
Leggi gli altri articoli della serie Il Mio Erasmus ad Aarhus, a cura di Alice Buselli. Questo articolo fa anche parte del percorso tematico Quello che sappiamo sull’amore, a cura di Elettra Domini.