L’anno accademico è cominciato per tutti, anche all’Università di Bologna; ma, purtroppo, spesso i nuovi inizi non fanno che riproporre gli stessi problemi di sempre. La novità è che a partire da questo semestre si è riusciti a tornare al 100% in presenza, se di presenza si può parlare.
La delusione generale
Anche quest’anno i sentimenti erano positivi e il desiderio di tornare ad una quotidianità ormai dimenticata dopo il periodo del Covid era forte.
Tuttavia, quello che gli studenti di UniBo, in particolare di giurisprudenza, hanno dovuto fronteggiare sin dal primo giorno per quanto riguarda la capienza delle aule non ha nulla di ordinario.
Aule stipate, corridoi pieni zeppi di persone, spintoni e gomitate tirate quasi senza pensarci nel tentativo di raggiungere la propria lezione. Seguire le lezioni della propria facoltà, oltre che essere innanzitutto un piacere, dovrebbe essere un diritto, viste le costose tasse versate per studiare in una delle università più antiche e prestigiose d’Italia.
Anzi, volendo essere più precisi, l’UniBo quest’anno si trova al 167° posto al mondo, su 1422 comprese nel ranking. In Italia, si posiziona al 2° posto; come reputazione accademica, invece, è 67ª in Europa e 73ª a livello mondiale.
Spostando la nostra attenzione sull’effettivo benessere mentale e fisico di questi quasi 6mila studenti, il morale sin dai primi giorni è stato alquanto basso: vedere le porte chiuse in faccia, l’indifferenza dei professori e stare seduti su pochi centimetri di pavimento per ore non hanno di certo aiutato.
Giurisprudenza è la facoltà più colpita
Oltre a situazioni di generale sovraffollamento in molte delle facoltà umanistiche dell’ateneo, gli studenti di giurisprudenza si sono ritrovati di fronte a situazioni di vero e concreto disagio. Per fare qualche esempio, alcuni corsi a scelta hanno dovuto suddividere il programma d’esame e le lezioni in turni per assicurare un banco a tutti.
Inoltre, più di una volta è successo che più corsi di giurisprudenza si dovessero tenere allo stesso orario e nelle stesse aule di UniBo, o che alcuni studenti trovassero una lezione di un altro corso già iniziata. In concreto, diverse organizzazioni studentesche tra cui SIG (Studenti Indipendenti Giurisprudenza) hanno avanzato varie proposte, anche se l’ateneo non si è ancora realmente mosso per trovare una soluzione al problema.
Per prima cosa – pare ovvio – si è pensato a un ritorno anche solo parziale alla famigerata didattica a distanza, nonostante ci si renda conto che questa non può essere che una soluzione temporanea. Ritorno in presenza sì, dunque, ma ad alcune condizioni, come il rispetto delle norme Covid, perché di certo stipare in aule da 50-100 posti il doppio degli studenti non può giovare al già aumentato numero di contagi.
In secondo luogo, le strutture non possono definirsi altro che numericamente inadeguate: i ragazzi di SIG hanno raccolto e fornito dei dati, che registrano nei corsi dal secondo anno in poi un esubero che va dai 20 ai quasi 100 studenti. Tutto ciò senza contare che, banalmente, stare seduti per ore per terra, molto spesso senza neanche avere la possibilità di appoggiare la schiena, fa male alla salute e lo spazio angusto tra una persona e l’altra non sempre garantisce di prendere appunti in maniera agevole.
Le proposte degli studenti varate dal dipartimento
Un’altra possibile opzione è affittare, dopo averli riqualificati, nuovi spazi per gli studenti, come pure la possibilità di effettuare delle registrazioni delle lezioni, come ai tempi della DaD, anche se quasi tutti i docenti hanno rifiutato quest’ultima proposta.
Presentarsi un’ora prima della lezione per trovare i posti non può neanche essere considerata come una soluzione, in quanto alimenta il problema, nonché il fastidio reciproco tra gli studenti e a parer mio è un chiaro segnale di adattamento ad una situazione divenuta insostenibile.
Nonostante tutto, a un mese esatto dall’inizio delle lezioni, possiamo dire che qualcosa abbia iniziato a smuoversi: dopo le numerose lamentele, gli appelli e l’attivismo degli studenti di SIG, che ha persino organizzato un sit-in di protesta, sono state adottate alcune soluzioni.
Come prima soluzione più immediata, alcuni spazi sono stati presi in prestito da altre facoltà, come quelle di biologia, scienze politiche ed economia. È necessario citare anche la soluzione “democratica” del professore che spiega in un’aula e si collega con un’altra da remoto; questa è una modalità adottata ben prima dei tempi del Covid, quando ancora nessuno sapeva cosa fosse la didattica a distanza.
I limiti sono i soliti: le casse spesso difettose, i collegamenti lenti, le difficoltà a raggiungere il microfono dalla seconda aula per fare una semplice domanda al prof, deterrente per qualsiasi studente, anche il meno timido.
Verso nuove soluzioni
In seguito un aggiornamento risalente al 25 ottobre dei rappresentanti degli studenti:
[…] è stato riscontrato un lieve miglioramento della situazione per una redistribuzione delle aule più efficiente, per l’uso di aule di altre facoltà e per l’utilizzo della pratica dello streaming delle lezioni in più aule. Proprio per questo abbiamo presentato un’apposita istanza in Consiglio di Dipartimento in cui abbiamo richiesto:
– La ricerca di spazi del comune sfitti in zone vicine a Belmeloro [N.d.R.: la via in cui è ubicata la sede di giurisprudenza];
– L’utilizzo dello strumento dello streaming in più aule per le lezioni più sovraffollate, nonché di strumenti di didattica asincrona quale la registrazione delle lezioni. Nel caso di streaming tra aule, abbiamo chiesto che il professore faccia un’ora di lezione in entrambe le aule previste, naturalmente se è possibile.
– Il Consiglio ha dato un feedback positivo a queste richieste, dichiarando di essere già al lavoro per la definizione di protocolli con il Comune di Bologna per l’individuazione di nuovi spazi idonei a svolgere lezioni in zona universitaria […].
Insomma, una prima vittoria è stata ottenuta, ma come hanno già anticipato i rappresentanti degli studenti, sentiremo ancora parlare per un po’ della situazione delle aule di giurisprudenza a UniBo, almeno finché non avremo ottenuto soluzioni efficaci e permanenti.
Questa situazione di generale confusione ha scatenato numerosissime riflessioni tra me e i miei colleghi, visto che abbiamo a cuore l’argomento ci siamo ritrovati a pensare a nuove possibilità per rendere i nostri spazi più vivibili; tuttavia siamo tutti scoraggiati e ci siamo visti costretti a seguire solo le lezioni essenziali per il momento.
Che il sovraffollamento sia causato dall’iscrizione a numero aperto o dell’idea condivisa carica di indifferenza che “si è sempre fatto così”, poco importa: quello che conta è il desiderio di tutti gli studenti di migliorare le cose in vista di un futuro più roseo in cui possiamo seguire le lezioni che vogliamo senza doverci preoccupare per il posto a sedere.
Federica Marullo
(In copertina, in merito alle proteste per le aule degli studenti di giurisprudenza di UniBo, immagine di Repubblica)