In quest’articolo ho il piacere di intervistare Irene Morozzi, studentessa del liceo classico Marco Minghetti di Bologna, che un anno fa ha avuto modo di trascorrere il trimestre a Dublino, in Irlanda. Siccome frequento anche io l’ultimo anno di liceo, mi sono interrogata spesso sul sistema scolastico italiano, basandomi sulla mia esperienza e su quella di compagni e amici.
I resoconti di Irene sui mesi trascorsi a Dublino hanno sicuramente contribuito a stimolare in me ancora più riflessioni e domande sulla scuola in senso lato. Su una scuola che possiamo considerare ancora fortemente improntata al conservatorismo – basti bastare all’ultima vera e propria riforma della didattica, la Riforma Gentile, che risale a ben cent’anni fa.
E la domanda è sorta spontanea: in cosa si differenzia la nostra scuola da quella irlandese? Quanti modelli di didattica possiamo avere e sulla base di quale criterio possiamo considerarne alcuni meglio di altri? L’esperienza di Irene ci fornisce un ottimo termine di paragone per farci un’idea su una delle istituzioni più giustamente criticate e difese dall’uomo.
Io e Irene siamo sedute a un tavolone della Scuderia, famoso locale di Bologna. Provvista del mio caffè tattico, tiro fuori carta e penna e mi calo nella parte dell’intervistatrice attenta e seria. Irene comincia a raccontare.
Cosa ti ha spinta a fare questa esperienza e perché hai scelto proprio l’Irlanda?
Ho sentito diversi miei coetanei raccontare delle loro esperienze all’estero e ho fatto un incontro con un tour operator che mi ha spiegato nel dettaglio tutto quello che dovevo sapere. Inoltre, ognuna delle persone con cui ne ho parlato ci ha tenuto a ribadire che uno scambio culturale di questo tipo non può che aprirti la mente e farti crescere; ti permette di vivere l’esperienza di studente in un contesto diverso da quello a cui per anni ti sei abituato.
Inoltre, dopo il lungo e stressante periodo di quarantena, avevo voglia di spezzare la monotonia e provare qualcosa di nuovo; e l’idea di partire non mi spaventava.
Molti mi chiedevano se avessi paura e ogni volta rispondevo che l’importante era organizzarsi con cura e per tempo, anche magari traendo insegnamento dai racconti degli altri. I dubbi certamente rimangono ed è giusto così, ma farsi un’idea dell’esperienza che si sta per fare, senza buttarsi troppo alla cieca, di certo aiuta.
Per quanto riguarda la scelta del luogo, le motivazioni sono semplici: per soli tre mesi non me la sentivo di andare troppo lontano e avevo sentito parlare molto bene di Dublino, una città abbastanza grande da offrire diversi stimoli e possibilità per passare il tempo libero.
È stato difficile ambientarsi in una famiglia nuova? Hai sentito spesso nostalgia di casa?
Non è stato difficile ambientarsi fin da subito e mi ha aiutato molto il fatto di avere insieme a me tre ragazze della mia età durante la prima settimana. La famiglia era composta dalla mamma e dai due figli, con cui ho legato molto perché avevamo pochi anni di differenza: il più grande ne aveva sedici, la minore dodici. Inoltre, si trattava di una famiglia abituata a ospitare studenti stranieri; perciò, mi ha fatto sentire subito accolta e ascoltata.
Il primo mese è stato un periodo di scoperta e conoscenza, in cui ho stretto un bel rapporto con la mia host sister: mi sono sentita fin da subito inclusa nei momenti di vita quotidiana e mi ha aiutato nei compiti, mi ha invitata alla festa della sua cresima – occasione importante che mi ha fatto sentire ancora più parte della mia host family – e, prima che partissi per il ritorno, si è premurata anche di consegnarmi un regalo di addio. Qualche giorno dopo il mio arrivo, hanno accolto anche un ragazzo spagnolo, che si trovava nella mia stessa condizione.
Spesso la famiglia mi chiedeva se avessi nostalgia di casa, ma potevo chiamare amici e familiari quando volevo e nel corso del primo mese ero troppo presa dalle nuove scoperte e da tutti gli stimoli che mi offriva il luogo. Solo a metà della mia esperienza a Dublino, quando ormai mi ero abituata alla nuova routine, ho iniziato a sentire la nostalgia; ma affrontavo tranquillamente il problema passando più tempo possibile con i miei compagni di classe e con i ragazzi della mia agenzia.
È stato difficile conoscere persone nuove?
Per quanto riguarda le amicizie a scuola, molto spesso lo studente si aspetta che, in quanto straniero, sia al centro dell’attenzione e che quindi possa contare sulla presa d’iniziativa da parte degli altri, ma non è così: bisogna ricordare che spesso si capita in scuole abituate a studenti stranieri che vanno e vengono; non è così scontato che siano gli studenti più veterani della scuola a fare il primo passo.
Solo prendendo per prima l’iniziativa e rompendo il ghiaccio, ho potuto conoscere nuovi compagni e integrarmi con facilità nel nuovo contesto, facendomi coinvolgere nelle varie attività che organizzavano.
Quando invece si trattava delle uscite e delle gite organizzate con i ragazzi dell’agenzia, la situazione era molto diversa: era più facile socializzare con ragazzi stranieri che erano nella mia stessa condizione e non era raro che ci organizzassimo autonomamente per passare il tempo insieme.
Come funziona la scuola in Irlanda?
Il sistema scolastico irlandese è suddiviso in otto anni di scuola primaria e cinque di scuola secondaria; quest’ultima si divide poi in Junior Cycle (primi tre anni) e Senior Cycle (ultimi due), separati da un Transition Year.
Durante lo Junior Cycle cerchi di capire le materie che preferisci; solo in un secondo momento scegli quelle definitive per gli anni del Senior Cycle, al termine del quale diverranno oggetto dell’esame, il Leaving Certificate, che corrisponde più o meno alla nostra maturità.
Il quarto anno, il Transition Year, è facoltativo: chi è indeciso sulla scelta delle materie definitive può sfruttare questo periodo per farsi un’idea più chiara del college, anche grazie ad esperienze lavorative. Inoltre, nella scuola irlandese bisogna fare una distinzione tra materie facoltative (quattro) e materie obbligatorie – matematica, irlandese e inglese –, le uniche a prevedere due livelli di difficoltà.
Per quanto riguarda la mia scelta, ho seguito il consiglio dei miei professori italiani: dare la priorità alle discipline previste anche nel mio piano di studi italiano; quindi, ho optato per storia, arte, biologia e chimica, anche se gli argomenti di studio trattati in Irlanda erano totalmente slegati da quelli che i miei compagni di classe italiani stavano affrontando nello stesso periodo.
Una piccola curiosità del sistema scolastico irlandese è che i voti delle pagelle finali dipendono esclusivamente dagli esiti di due esami: il primo è tra novembre e dicembre; il secondo tra maggio e giugno. Nel corso dell’anno i professori possono sottoporti dei test, ma solo per farti rimanere al passo e prepararti agli esami finali. Per quanto riguarda gli orari scolastici, la giornata inizia alle 08:30 e termina alle 15:30, e le aule sono diverse a seconda della materia. A ricreazione è obbligatorio stare con i propri compagni di classe, sotto la sorveglianza del proprio coordinatore.
Cosa ti è piaciuto della scuola irlandese?
Di certo il sistema scolastico irlandese ti permette di vivere un clima più sereno, dato che i test non sono visti come prove che influenzeranno in modo fatale l’esito finale, ma come meri esercizi volti a farti studiare costantemente. Inoltre, dover passare da un’aula all’altra in base alla materia permette di vivere la scuola più attivamente e di conoscere tante persone diverse della tua stessa annata.
Mi ha particolarmente colpita la presenza nel piano di studi di due ore obbligatorie dedicate ad argomenti trasversali – malattie mentali, educazione sessuale, come funzionano i college, etc… – gestite dal coordinatore di classe. In più, a differenza dei licei italiani, la scuola irlandese non richiede una mole di studio considerevole, tanto che moltissimi studenti hanno la possibilità di ritagliarsi del tempo libero per lavorare e fare molto sport.
Infine, non esiste la bocciatura: nel corso della tua carriera scolastica puoi guadagnare un certo numero di punti che si sommano ai risultati dell’esame e ti possono concedere o meno l’accesso a specifici college.
Cosa non ti è piaciuto della scuola irlandese?
Mi è dispiaciuto molto il fatto che in Irlanda non ci sia lo stesso amore per il sapere che invece è tanto valorizzato nei licei italiani. Tutto lo studio è funzionale all’esame finale, tanto che i professori ti indicano con chiarezza cosa bisogna sapere e cosa no in base a quello che l’esame richiederà.
Il risultato è che gli studenti irlandesi si trovano così ad avere nei confronti dello studio un approccio troppo utilitaristico e mnemonico.
Ci sono elementi della cultura irlandese che ti hanno colpita o lasciata perplessa?
Non uno, ma ben dieci:
- I pasti: ognuno pranza per conto suo e solo al momento di cenare la famiglia si riunisce a tavola;
- Gli irlandesi sono in generale molto socievoli e gentili. Molto spesso mi è capitato di intrattenere conversazioni con sconosciuti nei momenti o nei posti più improbabili; per esempio, anche solo quando aspettavo che il semaforo diventasse verde;
- Utilizzano tantissimo burro e cipolla;
- Hanno la tradizione di farsi il bagno in mare il 25 dicembre;
- Vanno in giro a fare “dolcetto o scherzetto” con le federe dei cuscini; Prendono la vitamina D per la poca esposizione al sole;
- Indossano calzini diversi;
- Sono poco sensibili al freddo, tanto che mi sono imbattuta diverse volte in persone che nelle fredde giornate dicembrine erano capaci, dopo aver fatto la doccia, di uscire per andare a scuola con i capelli ancora bagnati;
- Salutano sempre gli autisti del bus;
- Bevono tè come accompagnamento di ogni pasto della giornata;
- Nella mia scuola i miei professori erano chiamati per nome dagli studenti.
Come è stato il rientro?
Diciamo che sono ritornata in Italia senza un’idea chiara di cosa fosse cambiato in me. Solo con il passare del tempo mi sono resa conto di quanto questa esperienza mi abbia arricchita a livello personale e di come sia cambiato il mio modo di affrontare le difficoltà.
Sicuramente ho acquistato più autonomia, un maggiore senso critico e una capacità organizzativa tale da permettermi di ritagliarmi del tempo per me, così da non far girare troppo la mia vita attorno alle pretese scolastiche.
Non posso negare che il rientro sia stato difficile: ormai ero più abituata ai mesi trascorsi in Irlanda che alla routine scolastica italiana. Dovevo adattare la nuova me a un contesto che ormai mi risultava estraneo; di conseguenza, nel primo periodo, una volta ritornata, non potevo che sentirmi spaesata.
Tuttavia, i professori italiani pretendevano così tanto che mi sono messa l’anima in pace: ho fatto il massimo che la mia situazione di difficoltà mi poteva concedere; anche perché non potevo rischiare che un ritorno troppo sofferto offuscasse il bellissimo ricordo dell’esperienza fatta.
Giulia De Filippis e Irene Morozzi
(In copertina Diogo Palhais da Unsplash, nell’articolo foto di Irene Morozzi)