Cultura

“Confessioni di una maschera”, di Mishima – Il desiderio e il dolore

Confessioni di una maschera cover

Yukio Mishima è stato uno dei più importanti scrittori giapponese del Novecento, celebre per opere ispirate all’estetismo puro, come “Sete d’amore” (1950) e “La scuola della carne” (1963). “Confessioni di una maschera” (Feltrinelli) è il suo romanzo d’esordio.


Yukio Mishima, un autore controverso

Yukio Mishima fu un personaggio piuttosto controverso. Nato nel 1925, ad una prima fase ispirata allo scetticismo e al nichilismo (sempre più diffuso tra i giovani nel Giappone del primo Dopoguerra) seguì un avvicinamento ai valori tradizionali e all’insegnamento della scuola romantica giapponese, tanto da divenire un fervente nazionalista e fondare nel 1964 Tatenokai (“Società dello Scudo”), un’associazione militare profondamente nazionalista, tradizionalista e legata alla figura dell’imperatore del Giappone.

Proprio insieme ai membri di questa milizia privata, il 25 novembre del 1970 irrompe nel quartiere delle Forze della difesa a Tokyo, e lì mette in atto uno spettacolare suicidio rituale che crea scalpore in tutto il Paese.

Confessioni di una maschera

Il romanzo d’esordio di Mishima prende spunto anche dalla vita dell’autore e contiene alcuni dei suoi temi prediletti, come il legame tra la violenza e la sessualità.

La trama ripercorre l’esistenza del protagonista, Kochan, fin da quando in lui si manifestano i primi indizi di una sensibilità molto acuta e di una attrazione per le “cose tragiche”.

E subito si fondono i temi del desiderio e del dolore, che, a loro volta, ne preannunciano un altro: il conflitto tra la sessualità e la società che travolge il protagonista con l’avvento della pubertà

Una nuova normalità

Già all’età di quattro anni, Kochan inizia a manifestare inclinazioni che la sua società non considera normali; ed è esemplificativo un episodio in particolare. Il giovane sta tornando a casa, quando la sua attenzione è catalizzata da una visione apparentemente irrilevante che però risveglia in lui bambino “una certa voce strana e segreta”.

La figura che gli si presenta davanti, “la prima di quelle che non hanno cessato di tormentarmi e impaurirmi nel corso intero della mia vita”, è quella di un giovane fognaiolo, uno schiumatore di escrementi. Ed è proprio questa visione a instillare in lui l’ambizione – curiosa per la sua età – di diventare a sua volta un vuotatore di pozzi; ma non solo:

Quello che voglio dire è che in riferimento al mestiere di quel giovane provai qualcosa di affine alla bramosia d’un dolore pungente, un dolore che dilaniasse il corpo. Il suo mestiere mi diede una percezione di “tragedia” nel significato più sensuoso della parola.

Il ragazzo definisce queste bizzarre rivelazioni della sua coscienza come “ombre proiettate da un presentimento lampante di angoscia anche maggiore nel futuro, di un’esclusione più solitaria di là da venire”.

L’isolamento e il desiderio di ribellione

Kochan, fin da bambino, è caratterizzato da una costituzione gracile e da una salute cagionevole, e per questo la nonna lo costringe a una vita isolata e solitaria, senza alcun compagno di giochi, ad eccezione delle donne di servizio e dei governanti. Alla luce di questo, la fascinazione che esercitano su di lui le “cose tragiche” – sangue, violenza, eroismo – è innescata da una sorta di ribellione all’oppressione esercitata dalla nonna.

Tuttavia, solo quando nasce in lui la passione per gli abiti femminili, assume una prima consapevolezza della sua diversità e del forte conflitto che c’è tra i suoi pensieri, la sua essenza e le aspettative degli altri. Una passione singolare nata dopo aver assistito ad uno spettacolo dell’attrice Tenkatsu e, qualche anno più tardi, ad un film su Cleopatra.

Comprendevo, anche se vagamente, che il desiderio di “diventare Tenkatsu” e quello di “diventare tranviere” differivano nell’essenza. La loro dissimiglianza più spiccata consisteva nel fatto che, per quanto concerneva Tenkatsu, era assente quasi del tutto la bramosia di quella “qualità tragica”. Nell’ambire a diventare Tenkatsu non avevo bisogno di assaggiare l’amaro miscuglio di struggimento e vergogna.

Così, conscio di nutrire pensieri e sensazioni che il mondo esterno disapprova, adotta il meccanismo difensivo che gli pare più conveniente: indossa una maschera per nascondere l’identità reale e costruirne una artificiale consona alle aspettative degli altri. Nega ai suoi desideri una realizzazione e li mette in dubbio.

Un primo assaggio di convenzioni sociali

Uno dei momenti in cui si acuisce la consapevolezza del protagonista sulla propria diversità, avviene nei primi anni dell’infanzia, verso l’età di sette anni, quando, ospite dei suoi cugini, ha modo di valutare un primo assaggio dei meccanismi sociali dai quali la vita in isolamento lo aveva sempre tenuto a distanza.

L’isolamento gli aveva sempre precluso molte esperienze e, allo stesso tempo, lo aveva protetto da una costruzione sociale: il dovere di comportarsi da ragazzo.

Circa in quell’epoca cominciavo a comprendere vagamente il meccanismo del fatto che quanto il prossimo considerava una posa da parte mia era invece una manifestazione della necessità di affermare la mia natura genuina, mentre era per l’appunto una mascherata quello che il prossimo considerava il mio genuino.

La svolta, però, avviene all’età di dodici anni, con la prima eiaculazione davanti a un’immagine del San Sebastiano di Guido Reni, dipinto che mostra il santo legato all’albero dove ricevette il supplizio. Si riscopre così il sapore tragico e ossimorico della miscela tra desiderio e dolore, tra violenza ed eroismo.

Tuttavia, il protagonista cerca costantemente di reprimere e nascondere i suoi desideri più profondi soprattutto in un ambiente scolastico ortodosso come il suo, dove vige il precetto “sii semplice e virile“.

Sofferenze “non convenzionali” per il primo amore

Tra i compagni di scuola c’è un ragazzo, Omi, che attira l’attenzione di tutti; e anche il nostro protagonista non rimane indifferente al suo fascino. Omi è un ragazzo atletico e insolente che non solo si contraddistingue per la sua maturità fisica (dovuta ad un’età maggiore rispetto a quella dei compagni), ma anche per il suo spirito anticonformista.

Kochan se ne innamora, ma la sua giovane età, le inibizioni dovute alla società e l’esigua esperienza non gli permettono di cogliere la differenza tra una semplice infatuazione e il vero amore. Quest’ultimo diviene oggetto d’indagine da parte del protagonista. La sua vita è un palcoscenico sul quale è possibile recitare la parte più congeniale alle pretese della società.

Quando anche le circostanze sono avverse…

Kochan cresce e si trova ad affrontare questi primi tarli proprio nel bel mezzo della Seconda Guerra Mondiale, mentre, per non farsi impossessare dall’incertezza del periodo, i giovani si asserragliano dietro a un’unica grande certezza: l’incombenza inevitabile e prematura della morte.

Credevo con spirito ottimistico che una volta terminato lo spettacolo, sarebbe calato il sipario e che il pubblico non avrebbe mai visto l’attore senza il trucco. Il presupposto che sarei morto in giovane età era un’altra componente della mia certezza.

Così Kochan diventa uomo in questo ambiente, forte della credenza di non avere un futuro e di non rischiare niente nel simulare ciò che non è e dissimulare ciò che è. Decide di frequentare l’università e iscriversi a giurisprudenza, con l’ambizione di ottenere un posto fisso come amministratore; la sua vita sentimentale, invece, è un continuo e vano tentativo di simulare desiderio sessuale per le donne.

Un giorno, però, incontra la giovane Sonoko, la “messaggera degli eventi del mattino”, e si trova incastrato in un nuovo cortocircuito. La prima visione della ragazza esercita su di lui un nuovo dolore lancinante, affine al rimorso, che non è capace di comprendere. I dubbi lo inibiscono: si trova all’improvviso incapace di distinguere il suo autentico io da tutte le maschere.

La storia di una nuova consapevolezza

Ogni accessorio è diventato camaleontico, ha plasmato la parvenza di Kochan sulla base delle aspettative sociali senza mai corromperne la vera natura. Confessioni di una maschera è la storia di personaggio che non giunge a una vera e propria redenzione: indaga la propria sessualità, si nasconde e rinnega le proprie pulsioni; e, anche quando la verità gli si mostra, alla società continua a presentarsi solo sotto forma di maschere.

Alla luce di tutto questo, si può concludere che nel romanzo Mishima sia riuscito a tessere una narrazione ancora attualissima a distanza di anni, confermandosi un maestro nel sviscerare i complessi interiori dei propri personaggi, sulla scorta di un stile di scrittura mai ostico o prolisso.

Ma se questo è vero, allora il mio tentativo di voler considerare una mera contraffazione l’attrattiva esercitata da Sonoko su me potrebbe non essere altro che una maschera intesa a celare il mio autentico desiderio di credermi sinceramente innamorato di lei. E quindi forse sto diventando una di quelle persone incapaci di agire contrariamente alla loro natura genuina, e forse l’amo sul serio…

Giulia De Filippis

(In copertina Ryunosuke Kikuno da Unsplash)


Se ti interessa la letteratura giapponese, leggi anche Norwegian Wood, di Haruki Murakami (un articolo di Diego Bottoni) e I miei giorni alla libreria Morisaki, di Satoshi Yagisawa (un articolo di Diego Bottoni).


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