“Klara e il sole” (Einaudi, 2021) è l’ultimo romanzo di Kazuo Ishiguro, vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 2017 e autore di romanzi memorabili, tutti tradotti in Italia da Einaudi, come Quel che resta del giorno (1989), Non lasciarmi (2006) e Il gigante sepolto (2015).
Dopo il successo di Non lasciarmi – da cui è anche stato tratto l’omonimo film del 2010, diretto da Mark Romanek – nel 2021 Kazuo Ishiguro è tornato sulla scena letteraria con un romanzo insolito e decisamente diverso dai precedenti, la cui apparenza può trarre in inganno.
Del resto, dopo aver scoperto dalla copertina che la protagonista della storia è un’intelligenza artificiale, viene naturale pensare ad un romanzo di fantascienza distopica come il precedente lavoro di Ishiguro, Non lasciarmi.
Una scrittura che va dritta al punto
Tuttavia, per scoprire i risvolti inaspettati che prospetta tale lettura, sarà sufficiente lasciarsi trascinare dalla scrittura cristallina dell’autore e dal suo stile che rifugge orpelli e colpisce nel centro con delicatezza e precisione. Così come in Non lasciarmi, il contesto è il pretesto per raccontare qualcosa in più che riguarda tutti noi. Noi come umanità, come paradosso inesauribile di distruzione e creazione. Come oscillazione perpetua tra progresso e regresso.
Klara è un robot, una mera creazione artificiale; eppure, nella sua ingenuità e purezza, nella sua visione del mondo incolume da qualsiasi preconcetto, forse ci rappresenta più di chiunque altro. E del resto, chi se non lei può riflettere quell’umanità genuina a cui sono sempre più estranei i personaggi “umani” di questo romanzo?
In Klara e il Sole il contesto è marginale e sbiadito; l’oggetto di maggiore interesse dell’autore non è il mondo esteriore, ma quello interiore dei personaggi. Un universo più pregnante e denso che fa da contraltare all’ambientazione quasi fumosa e imprecisata in cui hanno luogo le vicende.
Klara e il sole VS Non lasciarmi
In Non lasciarmi ci troviamo di fronte a una realtà ucronica e distopica, nella quale prende piede, sotto forma di flashback, il racconto della protagonista Kathy: un prodotto artificiale, uno dei cloni umani destinati a morire in giovane età per donare i propri organi agli uomini.
Klara e il sole è, invece, ambientato in un futuro imprecisato sul quale il lettore si affaccia attraverso lo sguardo di Klara. Klara è un AA (Amico Artificiale), un robot umanoide ad alimentazione solare destinato a servire e riverire qualsiasi bambino decida di acquistarlo.
Due romanzi distinti, per l’ambientazione, per gli sviluppi narrativi e per la natura delle due protagoniste, ma accomunati dal medesimo denominatore, da un fil rouge sottile riassumibile in un dilemma: esseri artificiali come Klara e Kathy possono rivendicare qualità umane allo stesso modo dei loro creatori? Oppure la natura dell’uomo, intesa nella sua essenza più primordiale, non è replicabile in laboratorio?
In entrambi i romanzi Ishiguro stimola la riflessione non per via speculativa, ma dimostrativa, scegliendo come protagonisti due prodotti artificiali che, contrariamente a qualsiasi aspettativa, agiscono e si rapportano come esseri umani. Così come in Non lasciarmi l’umanità è racchiusa in canali di espressione come l’arte e la parola che Ishiguro ci fa riscoprire attraverso le vicende di personaggi che umani non sono.
Klara, una curiosità oltre l’immaginabile
In Klara e il Sole essa trova espressione, paradossalmente, proprio in Klara, un prodotto da laboratorio: nella sua prospettiva immune da calcoli e da paure coercitive, nel suo desiderio di scoprire e apprendere, senza finalità utilitaristiche, ma solo per il gusto di raggiungere una conoscenza che abbia di mira se stessa e allo stesso tempo il bene degli altri. Non giudica gli uomini: si limita a osservare e apprendere riguardo a ciò che la circonda e, soprattutto, riguardo a quell’ umanità tanto degradata e disillusa.
E così, fin dalle prime pagine, Ishiguro ci presenta una Klara relegata dietro alla vetrina di un negozio di AA, intenta ad osservare, alla ricerca di indizi su quel mondo che tanto desidera conoscere, ma che purtroppo le è ancora negato.
Credo che a questo punto dovrei confessare che per me c’era da sempre un’altra ragione per voler stare in vetrina, una ragione che non aveva niente a che fare con il nutrimento del Sole o con l’essere scelti. A differenza di gran parte degli AA, a differenza di Rosa, avevo sempre desiderato vedere di più al di fuori, e vederlo come si deve.
Osserva il disegno del sole, la sua fonte di vita, sparire dietro al Palazzo RPO, e si chiede cosa vi sia nascosto dietro; guarda i bambini con i loro AA camminare a distanza dal negozio, e si domanda che vita l’attenda oltre quella barriera. Guarda gli uomini litigare, danneggiarsi l’un l’altro, e si rende conto di non capire il principio di quei sentimenti; ne ricerca una versione in se stessa, ma non la trova.
Finalmente la svolta
Un giorno, però, sul suo campo visivo compare Joy, una ragazzina di quattordici anni dal viso gentile che nota Klara attraverso la vetrina del negozio e non ha dubbi: è proprio lei quella che cerca. Ed è così che la protagonista si trova catapultata, da un giorno all’altro, nel mondo vero, e non può desiderare di più.
Finalmente lo sguardo acuto di Klara e la sua curiosità può assumere una sua concretezza superando il limite di quella vetrina che l’aveva sempre separata dagli umani, presenze che poi tanto dissimili da lei non sono.
Non è tutto oro ciò che luccica…
Diventata ormai parte della famiglia di Joy, Klara si trova a dover fronteggiare le difficoltà derivanti dalla sua diversità come per esempio la diffidenza con cui si rapportano con lei le persone vicine a Joy.
Ed è a questo punto che subentra una delle questioni più complesse: che rapporto c’è fra tecnologia e uomo? La prima è davvero il male in sé, oppure siamo noi umani a esserne terrorizzati in quanto incastrati nel paradosso che ci fa desiderare e allo stesso tempo temere il progresso? Siamo infatti spaventati dalle ripercussioni delle nostre stesse creazioni; del resto, chi ci può assicurare che persino ciò che è prodotto con le migliori intenzioni non si ritorca contro di noi?
Dove può arrivare la comprensione artificiale?
Klara, tuttavia ancora non comprende le tinte più torbide che può assumere la natura dell’uomo. Per lei è prioritario capirla, questa imbrogliata complessità umana; ma fino a che punto la si può indagare?
Klara, in quanto intelligenza artificiale iper-potenziata può scavare nella psicologia di una persona così in profondità da trovare un limite, la chiave di volta per districare l’indistricabile? Oppure, come afferma il padre di Josie, per quanto ci possiamo almanaccare per risolvere l’enigma del cuore umano, esso è, alla fine, intelligibile, una combinazione infinita di stanze su stanze, alcune per altro inaccessibili?
Qualora si rivelasse veritiera la prima possibilità, come si potrebbe difendere l’unicità dell’uomo? Come si potrebbe definire “speciale” un individuo che può essere conosciuto nella sua completezza, tanto da essere replicato? Questi sono i quesiti con cui le vicende di Klara sono costrette a confrontarsi.
Un esempio di dedizione e determinazione
Tuttavia, la giovane AA persevera nel suo scopo: non le interessano i calcoli dell’uomo, i suoi tentativi di colmare le lacune dell’inesplorabile e dell’impossibile. A Klara interessano i sentimenti nella loro purezza e, più di ogni altra cosa, il benessere di Josie, la sua protetta.
Klara e il Sole è un romanzo che ribalta i piani: da una parte, troviamo un robot che, paradossalmente, proprio con la sua ingenuità e la sua determinazione a far del bene, non può che carpire la simpatia del lettore.
Dall’altra parte, invece, troviamo i personaggi etichettati come “umani“: individui che, traviati dal pregiudizio, dalla diffidenza e dalla sfiducia per un mondo degradato, pensano di avere la verità in pugno e non di potere far niente per opporvisi se non auto ingannarsi e crogiolarsi nelle proprie apparenti certezze. Per individui come questi non esiste speranza.
Klara come fonte di speranza
Solo una visione del mondo come quella di Klara, libera da preconcetti, può ancora tendervi, compiere miracoli e credere in un futuro, in una guarigione per la piccola Joy che amici e famiglia danno per spacciata a causa della malattia che l’affligge da tempo.
Ed così che proprio lei che si era tanto interrogata sul significato dei sentimenti umani si ritrova, armata della sua speranza e della sua innocenza, a compiere la più grande prova d’amore e a scendere a patti con il Sole. Sarà Klara stessa infatti a portare alla luce il segreto del cuore umano: l’unicità di un individuo prescinde dalla sua natura e vive nell’amore di chi gli sta intorno.
Giulia De Filippis
(In copertina Bianca Van Dijk da Pixabay)
Per approfondire il rapporto tra intelligenza artificiale e letteratura, la recensione di Macchine come me di Ian McEwan, Un vuoto abita il mio animo (un articolo di Anna Passanese).