Non è libero chi è schiavo del proprio corpo.
Lucio Anneo Seneca
Nonostante avvenga sempre più spesso in una società abituata a condannare anche le cose più sensate quando si approccia ad esse da un’angolatura sbagliata, se volessimo soffermarci ad analizzare una frase come questa, probabilmente troveremmo solo verità. Verità che cercano un giusto interprete, un significato che possa trascendere dal tempo in cui sono state pronunciate, ma comunque impolverate verità.
Una bellezza per tutte
È vero, non è libero chi è schiavo del proprio corpo; o per lo meno, possiamo affermare con tranquillità che si può essere liberi anche essendo schiavi del proprio corpo, tranne quando è il corpo ad essere schiavo di qualcos’altro. Un pensiero, un’idea, una realtà calcificatasi in anni di rappresentazioni veicolate da un buongusto arbitrario, che non fa che irradiarci di bellezza artificiale. Un tipo di bellezza che abbiamo imparato ad amare, e che ha imparato, a modo suo, ad amarci.
Quella bellezza rassicurante che vediamo al cinema, quando nella scena più strappalacrime di tutte – pensata apposta per farci comprendere, in un piccolo angolo di noi stessi, che nessuno ci ama veramente – lei urla a lui fra i singhiozzi di sparire per sempre e lui immancabilmente comprende che l’unica cosa da fare è abbracciarla nella pioggia e giurarle amore eterno.
Straordinaria, dolcissima, finta bellezza
Quella straordinaria bellezza che è fatta di schermi in cui lei non fa che essere lì per lui, e scene in cui lui non fa che difendere la fragilità di lei andando contro il mondo in nome di quello che c’è fra loro.
Quella dolcissima bellezza che c’è fra due persone che si perdono per poi incontrarsi di nuovo, più forti di prima, e si incastrano alla perfezione in quella che è una coppia fatta di opposti – solitamente il cattivo ragazzo che le ha tutte tranne lei e la ragazza brava a scuola a cui hanno sempre insegnato a stare alla larga dai tipi come lui– che si attraggono per poi a volte sbattere in conflitti più eccitanti che demoralizzanti (vedi il Bechdel Test).
Una bellezza così finta da non riuscire a mascherare – e senza neanche sforzarsi – la noia dietro la tanto temuta routine, essendo consapevole che si possa concludere il tutto solo in un modo: “…e vissero per sempre felici e contenti”.
Quella frase che ha bisogno di essere esplicita quando ancora i bambini provano a chiedere ai genitori “ma che ne sarà del loro amore ora che finalmente hanno superato il mostro che la voleva per sé?” o anche “ora che hanno capito di amarsi, lo faranno per tutta la vita anche dopo i sedici anni?”. Quella frase che, quando si inizia ad avere un’età che possa consentire di comprendere che no, non si vive in eterno e sì, un amore dura solitamente molto meno di quanto “eterno” stia a significare, diventa un timido sottotitolo che non ha pretese di durare.
La dura realtà
È più difficile del previsto trovare una ragazza che sappia prendersi cura di te individuando i tuoi sentimenti più profondi e sciogliendoti i turbamenti del passato; è più difficile del previsto trovare l’amore sincero in un ragazzo che ti convinci di voler cambiare; è più complicato vivere una notte di sesso occasionale che sia pure romantica.
Perché, parliamoci chiaro, dove si vedono tutti gli accertamenti di aver messo bene un preservativo nei film? Lui, quando lo toglie, dove lo mette? Chi lo butta? E se non lo usate perché tu, cara ragazza che incredibilmente riesce a ritrovarsi sempre con il reggiseno anche a letto, prendi la pillola, e nella scena tenera del post-coito, quando tutti e due dal letto guardate il soffitto con espressioni che sanno di “ho appena avuto il quarto d’ora della mia esistenza”, quando ti pulisci per evitare la cistite?
Nessuno che voglia parlare del rumore d’aria che esce dalla vagina quando ci si appresta ad inserire un pene? O di quanto sia brutto per alcune persone fare sesso dopo aver appena avuto un trauma interiore? Quante prestazioni perfette si vedono, in contrapposizione ai momenti di imbarazzo e di goffaggine che ammorbidiscono le rigidità di due individui che iniziano a conoscersi?
La realtà non è un film
Non vorrei essere fraintesa: l’estetica è bella; il romantico senza dettagli è poetico; i difetti a volte rompono la fluidità di una bella storia. Bisogna imparare a togliere realtà quando si fantastica. Ma non per questo bisogna temere le imperfezioni che, così in conflitto con la fantasia, si adattano perfettamente alla vita.
La realtà non è un film. Eppure, molto spesso, anche inconsapevolmente, tendiamo a volerla rendere tale. Il problema si presenta quando, notando che non ci riusciamo, ci vergogniamo di non essere all’altezza della superficialità plastica che galleggia sopra la profondità dei nostri timori sociali.
In questo e nei prossimi articoli del percorso tematico “Quello che sappiamo sull’amore“, lo scopo sarà semplicemente fare delle chiacchiere fra di noi. Per ritornare solo schiavi del nostro corpo e non anche della nostra mente; la peggior forma di schiavitù che si possa subire.
Elettra Dòmini
(In copertina Mena Suvari in una scena tratta da American Beauty, film del 1999 diretto da Sam Mendes, disponibile su Amazon Prime Video)