Anche un semplice viaggio di ritorno dalle vacanze può dirci molte cose sull’aria pesante che si respira in Italia. Il barometro politico delle elezioni di settembre segna “tempo variabile“; e la tempesta è appena dietro l’angolo.
Ieri sono tornato a casa, dopo aver trascorso due settimane nei lidi salentini a ballare, cantare e bighellonare – quell’attività privilegiata che, parola di Carlo Rovelli, non è complementare allo studio, bensì ne costituisce la parte più importante. Potrei venderla così alla professoressa che tra qualche settimana si interrogherà in Storia Greca. Ma forse non è il caso.
Riflessioni senza troppe pretese
Così mi ritrovo qui, a guidare il macchinone di mia madre (Mitsubishi ASX, per chi fosse interessato) lungo un Tavoliere fattosi d’improvviso decisamente freddo e ostile. L’estate, ormai, non ha più molto da dire.
La Radio pugliese sta parlando dell’ennesimo femminicidio, avvenuto proprio a pochi chilometri da quella superstrada – qui le autostrade non ci sono ancora – dove sto provando a dimostrare ai miei che sono capace di guidare per 800 km. Quale mente illuminata ha potuto rilasciare il porto d’armi (sempre che ne avesse uno) a un soggetto del genere?
Poi penso alla situazione negli Stati Uniti, e mi rispondo da solo. Avrei un paio di pessime battute sull’argomento; ma mio fratello, che in teoria avrebbe dovuto controllarmi alla guida, si è addormentato prima ancora che arrivassimo a Brindisi.
“Come i visi alle pareti di quel piccolo autogrill…”
Ancora una volta devo accelerare come un dannato per rincorrere la macchina di mio padre, che evidentemente non sta viaggiando al risparmio. Abbiamo fatto benzina al primo distributore: 170 euro per poco meno di due pieni. Mica male. Appena un anno fa lo stesso carburante ci sarebbe costato 150 euro, forse meno.
In compenso, il prezzo dei panini di Sarni, che qualche anno fa veleggiava sui 6-7 euro, si sta assestando sugli 8. E ormai, da quando i ramini non si danno più, l’astuta strategia di scrivere “€ 7.99” puzza francamente di imbroglio. Ma tant’è.
Mi prendo un bufalotto e una coca, mentre guardo le ultime notizie sull’unico schermo acceso dei sette presenti nell’autogrill. Qualche mese fa dovevano essere accesi tutti quanti.
Finito il notiziario, una pletora di annunci elettorali per le elezioni di settembre raccomanda di scegliere, credere o stare pronti: programmi politici articolati, non c’è che dire. Per quanto mi riguarda, il voto del 25 settembre avrà un solo dilemma: cedere ai sensi di colpa della campagna politica del PD, o spostarmi sul Terzo Polo? D’altronde, anche gli antichi lo dicevano: in medio stat virtus. Faccio un salto in bagno, mentre il volto radioso di Giorgia mi ricorda che, comunque vada, andrà male.
Caro PD, proviamoci anche a queste elezioni
Torniamo in macchina, ricomincia la nostra transumanza. Il tempo ormai si è decisamente guastato: piove a dirotto, dobbiamo rallentare fin quasi agli 80 km/h, resi ancora più insopportabili dalla strada tutta curve dall’Abruzzo fino ad Ancona. Dopo un po’ mio padre decide di rifermarsi in autogrill perché vuole che sia mio fratello a guidare, ma non ci capiamo.
Vola qualche insulto, sbattiamo le portiere, in macchina cala un silenzio pesante, rotto solo da qualche occasionale imprecazione (taglientissima) all’indirizzo degli sciagurati camionisti che trovano intelligente superare in salita. Offeso a morte per l’estromissione dalla guida, da brava vittima della meteoropatia, torno a pensare alla politica. O meglio, al PD.
A fine 2019 il partito, all’epoca guidato da Zingaretti, accettò di formare il Governo con chi, fino al giorno prima, stava con la Lega. Il desiderio, nemmeno tanto celato, era eleggere con questa legislatura il Presidente della Repubblica e assicurarsi contro la marea verde: tutti sanno com’è andata a finire, sia per il problema della destra, sia per l’elezione (anzi, la rielezione) di Mattarella. Che poi, a parte il circo delle votazioni alle Camere, Mattarella ormai è davvero l’ultimo politico in cui ripongo le mie speranze per il dopo-elezioni. Sperèm bän…
Con questo non penso affatto che il PD manchi di acume politico. Anzi, a volte ne ha fin troppo. Per esempio, qualche giorno fa Enrico Letta contestava per queste elezioni la presenza di nomi e cognomi dei “campioni” nei simboli di ciascun partito, opponendo a questa prassi la scelta del PD. Simbolo della corruzione dei tempi? Sintomo del desiderio, in mezzo alla burrasca, di affidarsi all’eroe elettorale di turno? Non saprei dire con certezza. E non è nemmeno questo il problema principale.
La questione è piuttosto come abbia fatto la sinistra, negli anni, a perdere e di conseguenza lasciare alla destra l’elettorato con capitale (culturale ed economico) medio-basso, lo stesso che fino a trent’anni prima costituiva la base più solida del suo bacino elettorale. La vacanza al mare, assieme alla sosta in autogrill, non ha fatto altro che confermare le mie impressioni – e con me pare concordare anche Aldo Cazzullo.
D’altronde, se il competente governo Draghi ha fatto bene tanto quanto l’incompetente Movimento Cinque Stelle ha fatto male, e ora si teme il bovinismo dell’elettore medio, si potrebbe mettere in discussione l’idea stessa di democrazia – ma questo è un terreno ancora più spinoso, su cui preferisco non avventurarmi. Chiudo un occhio, e mi risveglio un po’ prima di Fano.
La casa in collina
Adesso le catinelle d’acqua hanno lasciato il posto a una pioggia quasi simpatica, mentre il grosso dei nuvoloni scarica a largo dell’Adriatico la sua furia.
Chiedo a mio fratello le cose da fare appena arrivati: riportare a casa la sua ragazza; scaricare la madia che, in circostanze non ancora del tutto chiarite, mia madre ha acquistato dentro un equivoco negozio sperduto nell’entroterra pugliese; portare in solaio pinne e boccagli vari. E poi, ovviamente, scaricare la legna.
Già, la legna. Perché, nonostante viviamo circondati dalla natura sull’Appennino, quest’anno abbiamo l’impressione che il legname potato in giardino non basterà a scaldarci tutto l’inverno. In paese se ne parla da una settimana, e i prezzi sono cominciati a lievitare. Nel dubbio, ne abbiamo acquistati 25 quintali. Non si sa mai.
Alla fine, arriviamo a casa. Le mie due San Bernarde Thelma e Louise, che di politica non si sono mai occupate e non si interessano troppo nemmeno di lavoro, ci corrono incontro scodinzolanti come non mai. Fuori, come al solito, l’erba è tornata alta e i postini continuano a lasciare aperta la buchetta della posta, che ora è allagata.
Dentro casa, invece, è tutto stranamente in ordine, a parte qualche ragno gigante frutto dell’eccessiva calura estiva e la certezza matematica che, di qui a due settimane, i ghiri faranno saltare la corrente perché avranno di nuovo fatto la tana nel contatore.
Accendo il notiziario delle otto senza troppa convinzione, per sentire qualche notizia di rilievo. E arrivo proprio nel momento in cui si parla dello sbarco di Berlusconi, Calenda e Renzi su TikTok. Del resto, si sa che la discussione politica in Italia resta sempre su alti livelli; è un’altra cosa che la sinistra – ma non solo – ha perso negli ultimi trent’anni di Repubblica.
Forse, almeno per il momento, l’opzione migliore è preparare la cena. Anche se non sarà la stessa cosa, voglio godermi l’ultimo bicchiere di rosato salentino. Poi, non mi resterà che aspettare l’autunno.
Francesco Faccioli
(in copertina rielaborazione grafica da Unsplash)