Il 12 aprile 2022 il Governo ha approvato la legge sulla doppia laurea; da settembre, per l’anno accademico 2022/2023 ci si potrà dunque immatricolare nello stesso momento a due corsi di laurea, sia all’interno dello stesso ateneo che presso università diverse. Il Decreto MUR del 29 luglio ha poi specificato parte dei criteri da seguire per procedere alle doppie iscrizioni.
A partire dal prossimo anno accademico sarà possibile essere iscritti contemporaneamente a due corsi di laurea. La legge n. 33 del 12 aprile, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 28 aprile 2022, va ad abrogare il secondo comma dell’articolo 142 del Regio Decreto del 1933 che impediva appunto la doppia iscrizione a facoltà diverse. La nuova normativa amplia sicuramente lo spettro delle possibilità per gli studenti italiani, nasconde però delle potenziali insidie da non sottovalutare.
La legge
Il provvedimento, attuato dal Governo, riconosce la possibilità di iscriversi simultaneamente a:
- Due corsi di studio di laurea triennale o magistrale, purché appartenenti a classi di laurea diverse. L’unica condizione è che i due corsi si differenzino per almeno i due terzi delle attività didattiche previste.
- Due corsi di diploma accademico, di primo o di secondo livello negli AFAM (istituti di Alta Formazione Artistica Musicale).
- Un corso di laurea triennale o magistrale e a un master o dottorato di ricerca.
- Un dottorato di ricerca o master universitario e un corso di specializzazione in area medica e non.
- Due corsi ordinari di Istituti superiori ad ordinamento speciale (come la Scuola Normale di Pisa e la SISSA di Trieste).
Il testo della legge sulla doppia laurea però vieta però:
- L’iscrizione a due corsi di laurea appartenenti alla stessa classe o a due diversi corsi di specializzazione medica.
- L’immatricolazione allo stesso corso di laurea, laurea magistrale o master in due università diverse (non sarà ad esempio possibile iscriversi a ingegneria in due atenei contemporaneamente).
Altra precisazione importante riguarda gli obblighi di frequenza. Infatti nel caso in cui ci si voglia iscrivere ad un corso a frequenza obbligatoria, la seconda iscrizione potrà avvenire solo ad altri percorsi in cui non vige l’obbligatorietà di presenza.
Le opportunità della doppia carriera
L’obiettivo principale della legge è quello di adeguare il sistema universitario italiano a quello di molti altri paesi europei in cui è possibile ottenere un doppio titolo già da tempo. In questo modo si potrebbero rendere gli atenei italiani più competitivi a livello internazionale; lo scopo è stimolare gli studenti stranieri a scegliere l’Italia per portare a temine la carriera universitaria. Da troppi anni, infatti, il nostro Paese è vittima di un’emorragia di giovani talenti che prediligono le università estere in quanto più appetibili e caratterizzate da un’offerta formativa più orientata alle esigenze del mercato del lavoro moderno. Con questa nuova legge si vuole contribuire attivamente ad un’inversione di questa tendenza.
Maria Cristina Messa, attuale ministro dell’Università e della Ricerca (MUR), ha poi affermato che:
Abbiamo superato rigidità e vincoli normativi a favore di una formazione trasversale che risponda alle necessità dei giovani di oggi.
Grazie alla doppia laurea sarà infatti garantita la possibilità di ampliare la propria formazione in ambito multidisciplinare. L’attuale grado di complessità del mondo del lavoro e, più in generale, della società richiede profili professionali sempre più flessibili. Accanto ad un alto livello di specializzazione è bene dunque favorire anche un approccio trasversale che possa garantire un più alto livello di adattamento al mercato; adattabilità e creatività sono ormai competenze estremamente richieste e il provvedimento sulla doppia laurea spinge gli studenti in questa direzione.
I possibili rischi
La legge sulla doppia laurea nasconde però delle potenziali insidie che non vanno sottovalutate. Il nostro sistema universitario infatti prevede dei corsi di laurea molto articolati con percentuali di studenti fuori corso elevate. Da questo punto di vista, tra le facoltà “peggiori” troviamo Giurisprudenza e Ingegneria in cui i “ritardatari” sono rispettivamente il 48% e il 37% degli studenti. Più in generale, dai dati degli ultimi anni, si stima che almeno un terzo dei laureati vada fuori corso di almeno un anno. Questi numeri così alti testimoniamo come i nostri percorsi di laurea siano decisamente impegnativi; andare dunque a complicarsi la carriera universitaria con un doppio titolo, in quest’ottica, potrebbe apparire sconveniente.
Altro fattore da considerare è la condizione psicologica degli studenti italiani e in generale in giro per il mondo. In sondaggi svolti nel Regno Unito ed in altri paesi si riscontrano infatti picchi dell’80% di studenti che almeno una volta durante carriera universitaria abbiano sofferto di problemi di ansia o depressione. Tutto ciò è sicuramente imputabile al clima alienante e disumanizzante che permea gli ambienti universitari contemporanei. Ormai si ha spesso il sentore che lo studio sia diventato una becera competizione che ha come unico scopo l’acquisizione di un voto e non la formazione e lo sviluppo di nuove conoscenze.
Se conseguire una laurea è sempre stato considerato un grande obiettivo, con l’introduzione del doppio titolo potrebbe nascere la convinzione che possedere una sola laurea sia poca cosa. Il tutto potrebbe quindi pericolosamente contribuire a questo generale grado di insoddisfazione degli studenti, troppo spesso vittime di questa pressante corsa alle lauree, che tra l’altro in molti casi mette in ombra le reali competenze degli stessi.
Il confronto con il mondo del lavoro
Tra gli obiettivi del MUR, conseguibili con la legge sulla doppia laurea, c’è il raggiungimento di un livello maggiore di cooperazione tra università e mercato del lavoro. Il doppio titolo consentirà infatti la formazione di laureati spendibili in più settori e più adattabili alle esigenze delle imprese. Una collaborazione ottimale tra atenei e mondo imprenditoriale è necessaria per la riduzione dei tassi di disoccupazione giovanile.
Nonostante ciò, non sarà semplice con la sola legge in questione sopperire al divario esistente tra università e lavoro. I percorsi di studio italiani infatti sono ancora oggi troppo spesso concentrati su aspetti teorici. Con l’eccezione di pochi corsi di laurea, gli studenti devono da sempre confrontarsi con un nozionismo di fondo scarsamente orientato alla pratica. Le stesse modalità di esame in molti corsi universitari sono generalmente concentrate sulla verifica della memorizzazione di concetti più che sulla loro effettiva applicazione.
La legge sulla doppia laurea andrebbe dunque accompagnata da una serie di riforme dell’intero sistema universitario finalizzate ad agevolare i percorsi di studio. Non è un caso se l’Italia abbia una percentuale di laureati tra le più basse d’Europa (28% della popolazione compresa tra 25 e 34 anni). L’ondata di irrazionalità che ha colpito il Bel Paese in questi ultimi anni di pandemia, non sta poi di certo aiutando il mondo universitario. Troppi giovani credono che non valga più la pena investire su se stessi e sulla propria formazione a causa dei salari insufficienti e della scarsa considerazione di cui sono vittima molti laureati.
Ha senso puntare sulla doppia laurea?
L’approvazione della legge sulla doppia laurea rappresenta sicuramente un punto di svolta importante per l’Italia. Ad oggi non è ancora possibile dire se sia un provvedimento in grado di far fronte alle esigenze degli studenti italiani. Senza dubbio garantisce una maggiore libertà nella scelta del percorso formativo più adeguato ai bisogni di ogni laureando. Certamente è giusto dare la possibilità a chi lo desideri di ampliare la propria crescita professionale.
Accanto alla legge approvata lo scorso aprile, è auspicabile che le istituzioni lavorino per promuovere giusti riconoscimenti per chi è laureato. Non ha senso incentivare lo studio se poi sul piano professionale e lavorativo non ci sono sufficienti percorsi gratificanti e in grado di accogliere laureati meritevoli. Inoltre il nostro sistema universitario, molto orientato all’approccio teorico, è efficace nella formazione di giovani ricercatori ma ha delle carenze più evidenti nella costruzione di competenze direttamente spendibili nel mondo dell’imprenditoria e dell’impresa.
Ultimo aspetto da non dimenticare riguarda l’interpretazione delle reali possibilità occupazionali al conseguimento della doppia laurea. o in molti contesti i titoli passano spesso in secondo piano e si punta più sulla valutazione diretta delle competenze degli aspiranti lavoratori. In altri casi la richiesta della doppia pergamena potrebbe invece diventare un criterio di selezione a discapito di molti laureati che, non avendo avuto in passato la possibilità della doppia iscrizione, si ritrovano con un solo titolo. L’economia italiana ora più che mai ha bisogno di immettere i laureati nel mercato del lavoro con maggiore efficacia rispetto al passato. Probabilmente percorsi di formazione infiniti ed alienanti non sono la risposta corretta a questa necessità.
Diego Bottoni