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Voce del verbo… Viaggiare

Voce del verbo viaggiare 12

Quante volte nella nostra vita usiamo il termine viaggiare? Quante storie, vere o mitologiche, ruotano attorno a un viaggio, reale o metaforico che sia, a partire dalla stessa Odissea, uno dei grandi poemi su cui si è formata la letteratura occidentale?


Viaggiare implica un movimento, una scoperta che consiste nel partire, nell’incontrare, nel conoscere e, nel suo significato intrinseco, è sinonimo di crescere, cambiare, evolversi. Non è un caso infatti che venga spesso utilizzata l’espressione “viaggio della vita” per indicare il percorso di crescita di un individuo.

Viaggiare nell’antichità

Secondo il mito tramandato da Virgilio, Enea, quando fuggì dalle rovine di Troia in fiamme, portò con sé il padre Anchise, il figlio Ascanio e i Penati. Passato e futuro. Si fece carico dell’eredità del suo popolo e della responsabilità di trovare una nuova terra in cui vivere. Era un profugo che, abbandonando la sua città in fiamme, la sua terra e le sue tradizioni, decise di lanciarsi in mare aperto per affrontare un lungo cammino alla ricerca di un luogo da poter chiamare casa.

Il mondo greco, come quello romano, era limitato agli orizzonti che lo definivano. Il concetto di viaggio era sostanzialmente diverso da come lo intendiamo noi oggi, cioè un sinonimo di vacanza e riposo. Gli unici viaggiatori che esistevano raccontavano al loro ritorno di mirabolanti imprese che poi entravano nell’immaginario collettivo definendo la concezione antica del viaggio, quasi sempre dettato dalla necessità e quasi mai dal piacere.

All’epoca partivano per lunghe spedizioni i guerrieri, che spesso in terre lontane e straniere trovavano gloriosamente la morte e assumevano il titolo di eroi; partivano i pellegrini, gli esuli, i mercanti e, non per ultimi, partivano i coraggiosi che per desiderio di conoscenza decidevano di abbandonare un porto sicuro per fare del viaggio la loro vita.

Il comune denominatore di tutti questi esempi è il fatto che spesso gli uomini di mare erano costretti a sacrificare la vita quotidiana per lunghi periodi, rischiavano continuamente la morte, a ogni nuova partenza non sapevano se avrebbero mai fatto ritorno a casa, se quel saluto lanciato dalla prua della nave a moglie e figli sarebbe stato un arrivederci o un addio.

Viaggiare 2

Un’esperienza indimenticabile

L’origine etimologica della parola risale al latino viaticum, letteralmente “ciò che occorre per intraprendere un viaggio”. L’idea del viaggiare era quindi in origine misurata da ciò che ci si portava dietro per farlo: non solo uno spostamento, un’esplorazione o una migrazione, prima di tutto il viaggio è una partenza, un porto da abbandonare e un orizzonte da inseguire.

E poi, per traslato, indica anche una crescita, un mutamento definitivo dal quale non si può tornare indietro, la metamorfosi che trasforma il bruco in farfalla e che gli permette di lasciare il bozzolo e andare a esplorare il mondo. Un concetto legato a doppio filo con quello di futuro, perché alla fine tutti noi, volenti o nolenti, siamo chiamati a intraprendere un percorso che muove i primi passi quando nasciamo e compie gli ultimi appena prima della morte. E in mezzo c’è la vita, così potente, incredibile e indecifrabile. Così diversa ogni momento in cui la viviamo. Così densa di trasformazioni da essere essa stessa il mutamento.

Se ci pensate all’interno del concetto si nasconde un universo intero, non soltanto quello che possiamo esplorare ma un vero e proprio modo di essere e di intendere il mondo che ci circonda. E infatti siamo abituati a “viaggiare con la fantasia”. Facciamo continuamente “viaggi mentali”. Un bambino che sta per nascere è “in viaggio”. Un migrante che espatria alla ricerca di una nuova casa compie “un viaggio della speranza”.

Anche lo stato di allucinazione indotto da una sostanza stupefacente è in fondo uno dei significati dell’inglese trip: non solo gita, giro, escursione, ma anche esperienza emozionante, che letteralmente lascia un segno, e dalla stessa base deriva la tendenza comune a considerare una bella vacanza indimenticabile.

Dentro e fuori

Il viaggio ha due dimensioni importanti e parallele. Una personale in base alla quale, per quanti compagni possiamo avere, in fondo diventa sempre un’esperienza privata, limitata all’individuo e legata all’essenza più intima di ogni persona. E allo stesso tempo il viaggio è anche un qualcosa di collettivo, da fare in compagnia, perché è più divertente, perché in fondo esplorare è una delle grandi vocazioni dell’uomo e tutti noi, fin da bambini, abbiamo sempre saputo che giocare insieme a un amico è più bello che farlo da soli. E non a caso, giocando sempre sull’origine delle parole, per dire che due persone devono affrontare insieme i medesimi problemi si utilizza l’espressione “siamo sulla stessa barca”.

Solo conoscendo il mondo, esplorando le sue complessità e accettando che le opinioni possano mutare, le convinzioni sciogliersi al primo raggio di sole e le certezze vacillare di fronte al vento impetuoso di nuove scoperte, solo accettando tutto questo possiamo crescere. Prendere in mano la nostra vita, trasformare questo viaggio uguale a quello di tutti i viventi eppure per ognuno di noi tanto diverso e personale in qualcosa di nuovo, cercando di rendere meta il nostro percorso e non la destinazione finale.

Lorenzo Bezzi

(In copertina Nils Nedel da Unsplash)

In collaborazione con:

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Per approfondire la parola chiave “viaggiare”, i percorsi degli autori di Giovani Reporter:
Un weekend nelle Langhe (Blu Di Marco), Tre giorni in Valsesia (Blu Di Marco) e Sei giorni a Parigi (Teresa Caini).


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