Voci

Ma davvero, come ti vesti? – Riflessioni di cattive ragazze

Ma come ti vesti 4

In vista del grande successo di “Ma come ti vesti?” la nostra Elettra, fresca di molestia per le strade di Bologna, torna con una riflessione simpatica su quanto per la società odierna, qualsiasi forma di espressione che non si venda imbottigliata nelle pubblicità, faccia di voi delle cattive ragazze.


Cittadini di Maschia, siamo tornate.

L’esercito delle sensibili, che si vestono attillate ma poi si scandalizzano anche al solo innocente sussurro di fantasie sconce su mani, gambe, seno, perfino sui loro piedi, è tornato a rendere greve, troppo salata, quasi esasperata la vostra esistenza. La naturale essenza dei feromoni femminei che dovremmo pesticidizzare profuma nell’aria, accidenti a noi. Non vi lascia scampo.

E, come se non bastasse, la rigida resistenza situata nella parte interna delle nostre narici, cozzando con le curve di cui evidentemente Dio ci ha dotato per un unico motivo (e accidenti a noi), vi spossa. Eppure, voi, paladini del buon gusto e di uno spirito estetico pronunciato quanto il naso di Cyrano de Bergerac, voi resistete.

Quasi.

Resistete alle nostre continue e vessanti provocazioni, quando camminiamo con le minigonne e i top estivi (perché ok che ci sono ormai 40° a fine luglio, ma effettivamente potremmo metterci una tuta grigia quando usciamo con gli amici); quando vi sorridiamo per strada per essere gentili se vediamo che ci sorridete (perché sì, la gentilezza è una cosa bella, ma sorridere mentre si dice chiaramente “ho-un-fidanzato-non-sarei-interessata-a-quello-che-vuoi-offrirmi” è ancora meglio, la chiarezza prima di tutto).

Quando non vi fermiamo subito dopo un palpeggiamento nei vicoli (perché sì, brutta esperienza, ma voi mica vi lamentate quando una ragazza prova a toccarvi da qualche parte).

Quanto può essere sfibrante la vita, quando c’è chi non collabora.

Lo sappiamo che ci avete provato più volte, a mettervi nei nostri piccoli, sbrilluccicanti panni alla moda. Ma lasciate che vi diamo una mano.

La scorciatoia di pensiero che viene elaborata quando, con tutta la buona e ostentata volontà, si vuole evidenziare un ragionamento che avrà una conclusione riciclata da anni di patriarcato (e lasciatemi dire che, dall’epoca minoica a oggi, è passato un pochino di tempo, e per quanto efficaci magari alcuni metodi sanno un poco di ruggine) porta ad un cuscino di protezione che ispira il ragionamento “ma se mi toccasse una donna non farei mica tutte queste scene“.

Effettivamente, secondo la nostra marmorea concezione del mondo -che puntualmente ce lo fa vedere, diviso o associato che sia, sempre in due parti- ad una frase del genere corrisponde una visione di due tipi:

La super bella che in atteggiamenti liquidamente sensuali ti dice sbattendo le palpebre che vorrebbe appartarsi con te e farlo in almeno tre posizioni del Kamasutra; oppure la ragazza che, chiedendo le stesse cose, non corrisponde all’ideale di bellezza radicalizzato nella mente di chi risolve la questione chiamandola “scorfano“.

In entrambi i casi, la reazione a questo scenario è l’imbarazzata risata con gli amici per un avvenimento che, senza nemmeno avere davanti il soggetto a cui ciò è capitato, deve essere stato un episodio più unico che raro.

Il problema è che purtroppo il paragone maschio – femmina e femmina – maschio è leggermente errato, perché non tiene conto di una piccola protuberanza che, nell’atto pratico, può essere abbastanza molesta.

Non pensate a una ragazza, cittadini di Maschia. Pensate, ecco, a un ragazzo omosessuale. Un qualcuno, insomma, che potenzialmente può immobilizzarvi in un angolo e infilarvi quella protuberanza dove può fare molto male.

Ecco. Che poi questo sia solo un pensiero che galleggia nella mente di noi, cattive ragazze, donne ipersensibili con un pessimo (o troppo buono) gusto nel vestire è un altro discorso.

Noi, povere ansiose che tutto porti ad un finale orribile, perfino un palpeggiamento, che alla fine non è che un complimento.

Sono le nostre menti, in contrasto con i nostri corpi, ad essere marce di brutti pensieri.

Il problema dei pensieri di chi è solo, però, è che non sono poi così lontani dalla realtà.

Elettra Dòmini

(In copertina rielaborazione grafica di Jo Justino da Pixabay)


Ma davvero, come ti vesti? – Riflessioni di cattive ragazze è un articolo di Voci, una rubrica a cura di Elettra Dòmini.

Cosa pensi che ti renda speciale, se non la Voce? In un solo mondo, ci sono più di otto miliardi di pensieri al secondo. Più di otto miliardi di modi di vederlo, di cercare di capirlo, di viverci. Per essere qualcuno hai bisogno di farli conoscere. Condividi il tuo modo di vedere le cose, perché abbiamo bisogno di vivere in mondi diversi dal nostro. Sfogati. Urla. Arrabbiati. Difendi i tuoi ideali. Dài uno scopo ai tuoi pensieri. Fai tutto il possibile per rendere il mondo in cui vivi, quello in cui vuoi vivere. Alza la Voce.


Sull'autore

Vivo nella bellezza delle mie passioni, consapevole che un giorno, quando sarò una grande scrittrice, una ricercatrice di successo, o una professoressa di linguistica in università, tutto quello che mi ha permesso di diventare l'adulta che voglio diventare, lo avrò scelto da sola. Contenta. Ed entusiasta.
    Ti potrebbero interessare
    CronacaVoci

    Trentatré trentini andarono ai 30… – Cronache da Bologna città 30

    CronacaVoci

    Questione di tempistiche – Una molestia breve è sempre una molestia

    PoliticaVoci

    Il valzer del Governo Meloni ~ Brevi storie tristi

    EventiVoci

    Il discorso di Insaf Dimassi a YoungFluence per il 25 novembre