Lo aveva anticipato Politico poco più di un mese fa, ma fino a pochi giorni fa si sperava ancora che non sarebbe mai diventata realtà. E invece, il 26 giugno 2022, una sentenza della Corte Suprema ha tolto validità alla legge Roe vs Wade del 1973 che garantiva a livello federale il diritto all’aborto per qualsiasi fosse la motivazione.
Un fallimento della democrazia
Un giorno come un altro una donna americana si sveglia pensando alle incombenze che la attendono, sentendosi fortunata e tranquilla perché vive in un Paese dove i suoi diritti sono garantiti e dove può decidere liberamente di fare quello che desidera. E invece no, la donna si sbaglia.
Accende la TV, sente il notiziario e scopre che i giudici della Corte Suprema hanno deciso che l’aborto non è più un diritto costituzionale, e che quindi lei e tutte le altre non possono più accedervi facilmente come prima. Una nuova sentenza ha tolto validità alla legge Roe vs Wade del 1973. Quest’ultima garantiva a livello federale il diritto all’aborto, qualsiasi fosse la motivazione dietro l’interruzione della gravidanza (incesto, stupro ecc.). Una sconfitta non solo per le donne ma per l’intera umanità.
Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da instabilità e incertezze, a causa prima della pandemia e poi della situazione in Ucraina. Tuttavia, che dei diritti venissero messi in discussione e addirittura annullati è un nuovo record, che è stato tristemente raggiunto.
Fino a qualche giorno fa si poteva fare affidamento sull’apparente fondatezza dei diritti umani, almeno in quei Paesi dove la democrazia è ben radicata. Invece, le stesse istituzioni che dovrebbero tutelarli hanno cominciato a fare l’opposto.
Cosa è diritto, cosa non lo è
E tutto questo, ovviamente, oltre al fatto che ad oggi degli uomini bianchi si trovano nella condizione di dettare legge su ciò che una donna possa o non possa fare con il proprio corpo, rendendo vane le battaglie femministe combattute anche per conquistare questo diritto.
I nostri diritti si possono davvero chiamare diritti? Se bastasse una sentenza ad affermare la validità di un diritto, la possibilità per certe persone di decidere per altre, l’esistenza di alcuni diritti e l’assenza di altri, cosa significherebbe per la società?
Il diritto è di per sé soggettivo, dà il potere o la facoltà di fare o non fare. Il vero problema è la natura del diritto: una volta conquistato, si pensa che debba essere intoccabile, certo, qualcosa di definitivo e inoppugnabile, non è più scontato che sia immune da eventuali modifiche.
Questa sentenza rappresenta una seria minaccia all’integrità delle persone e ciò che lo rende ulteriormente grave è che sia successo in un Paese occidentale, o almeno in un Paese che tanto ostenta il suo ideale di libertà e il suo progresso. Non è irragionevole ipotizzare che qualcosa di simile possa avvenire anche in Europa, inclusa l’Italia.
Se fino a qualche giorno fa era catastrofico anche solo pensarlo, ora non esiste più certezza sull’inviolabilità dei diritti. Se sono messi in discussione, la società liberale e democratica comincerà a traballare in assenza dei valori di libertà e garanzia dei diritti fondamentali dell’uomo. È dunque un enorme passo indietro, e ora ci si chiede se questo non possa scatenare un effetto domino in altri Paesi; e non solo riguardo all’aborto, ma anche per tutti i diritti conquistati in anni di dure lotte, manifestazioni e rivendicazioni. Come al solito, si spera nel meglio, ma ci si aspetta sempre il peggio.
Francesca Fabbri
(In copertina Gayatri Malhotra da Unsplash)