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“Bande à part”, di Godard – 9 minuti e 43 secondi al Louvre

Bande à part 1

Bande à part’’ è un lungometraggio di Jean-Luc Godard, girato nel 1964, agli esordi della Nouvelle Vague. Una delle scene più importanti del film, la celebre corsa nel Louvre, è presente anche in “The Dreamers – I sognatori’’ di Bertolucci.


Trama

Ambientato a Parigi agli inizi degli anni Sessanta, Bande à part presenta il più classico dei triangoli relazionali: protagonisti sono i giovani Franz (Sami Frey), Arthur (Claude Brasseur) e Odile (Anna Karina).

I primi due, dopo aver conosciuto Odile ad un corso di inglese, preparano un piano per derubare un pensionante della sua ricca zia, Madame Victoria, perché la ragazza ha scoperto che quello nasconde in un armadio della soffitta una grande somma di denaro.

Franz e Arthur cominciano così a corteggiare Odile per poter entrare nella casa della zia e avere l’opportunità di compiere il furto, ed entrambi finiscono per innamorarsene.

Alla fine la ragazza cede e permette loro di realizzare il colpo, a patto però che la leghino e la imbavaglino, per non farla sembrare una complice. Tuttavia, la porta del piano superiore è chiusa.

Il giorno dopo i tre ritornano, ma, nonostante i loro sforzi, i soldi non sono da nessuna parte. Quando finalmente Arthur riesce a trovarli, è tutto invano, perché viene ucciso in una sparatoria. Franz e Odile fuggono insieme, senza riuscire a  portare con loro il denaro, ed espatriano in Sudamerica. La conclusione lascia intuire un possibile proseguimento del loro amore.

Uno sguardo nell’intimità dei personaggi

L’oscillazione dei sentimenti è il tema centrale del film, delicatamente portato allo spettatore ad impedire la mimesi totale dalla voce fuoricampo dello stesso Godard. La capacità del regista di osservare il mondo interiore dei suoi personaggi, attraverso le lenti degli occhiali che fungono da caleidoscopio, fa sì che vengano presentati nelle loro sfumature più delicate, fragili e contorte, con il loro modo drammaticamente leggero di affrontare la vita.

La volontà dei tre di essere una banda, per dare una direzione precisa alla loro vita che invece scorre con inerzia, spinta dall’incertezza, viene esplicitata dalle parole di Odile, quando sulla metro dopo aver recitato la poesia J’entends j’entends di Louis Aragon,  con lo sguardo rivolto allo spettatore, pronuncia ‘’sono anch’io simile a voi’’.

I tre non saranno mai in grado di coagularsi in un gruppo funzionale, come neppure i singoli personaggi saranno in grado di coagularsi all’interno della società; sono, infatti, spinti ad agire per andare oltre le norme convenzionali. La stessa corrente cinematografica in cui si inserisce il film è una spinta al cambiamento, alla sovversione, in rapporto contraddittorio con la tradizione.

La corsa nel Louvre

Una sequenza centrale di Bande à part fornisce una chiave di lettura riassuntiva non solo del lungometraggio ma della stessa Nouvelle Vague. I tre personaggi, nell’attesa di dare avvio al colpo, si recano nel museo del Louvre, mossi dalla noia, per superare il record di un americano che era riuscito ad attraversarlo in 9 minuti e 45 secondi. E lo percorrono in corsa in 9 minuti e 43 secondi.

Questa scena diventerà emblematica nella storia del cinema, al punto che Bernardo Bertolucci la riproporrà ed omaggerà nel suo The Dreamers – I sognatori del 2003.

La scena rappresenta una critica alla cultura di massa e alla dissacrazione dell’arte. Emblematica è la focalizzazione della macchina da presa sull’opera Il Giuramento degli Orazi di Jacques-Louis David (1784). La tela raffigura il giuramento di tre soldati e giovani fratelli della Roma antica, gli Orazi. Si abbracciano, uniti al cospetto del padre che porge loro delle spade e le solleva verso l’alto, facendo giurare ai figli fedeltà alla patria prima di partire in guerra e combattere contro i tre fratelli Curiati di Albalonga. La loro vittoria finale sarà la vittoria di Roma.

L’opera si presenta così in antitesi rispetto ai valori dei tre giovani protagonisti di Band à part, improntati al soddisfacimento dei propri bisogni individuali a discapito degli altri. Più semplicemente, la corsa disordinata dei tre all’interno del museo sovverte il rigore geometrico rappresentato dall’opera di David e il suo equilibrio tra luce e forma.

Attraverso lo sguardo di Bernardo Bertolucci

In modo parallelo in The Dreamers di Bertolucci, è presente la medesima dinamica: i tre giovani protagonisti, Theo (Louis Garrel), Isa (Eva Green) e Matthew (Michael Pitt) corrono nel Louvre per superare il record raggiunto da Franz, Arthur e Odile, con un fermo immagine sullo stesso dipinto. Il messaggio è lo stesso: l’incapacità dei protagonisti di inserirsi e adattarsi alla società a loro contemporanea.

Decidono così di isolarsi nel loro mondo, governati dalle proprie regole e dai propri interessi, senza porgere un solo sguardo all’interesse collettivo. Scelta che può essere più o meno condivisa a seconda dei punti di vista e degli ideali personali.

Ad ogni modo, i triangoli relazionali di entrambi i film verranno disgregati dall’impossibilità di esistere come entità autonome rispetto al mondo circostante. Sia nel film di Godard che in quello di Bertolucci assistiamo nel finale ad una dolorosa separazione dei personaggi.

Sarà forse un messaggio conclusivo da parte dei rispettivi registi sull’incapacità e sull’impossibilità di questi universi individuali di esistere in un mondo improntato alla massificazione?

Francesca Carta

(In copertina e nel testo immagini tratte dal film Bande à part, di Jean-Luc Godard, disponibile su Chili)

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