Sposati nel 2015, divorziati ufficialmente nel 2017, tornati recentemente sulle prime pagine perché lui la accusa di diffamazione: cos’è successo al processo Depp-Heard e quali conseguenze determinerà?
Dall’altare al tribunale
Johnny Depp e Amber Heard si conoscono sul set di The Rum Diary – Cronache di una passione (2011) e iniziano a frequentarsi nel 2012. Si sposano nel 2015, ma la loro relazione diventa argomento di discussione piuttosto accesa solo più avanti: nel 2016, infatti, Amber Heard chiede il divorzio accusando Depp di averle lanciato un telefono in faccia. Richiesta un’ordinanza restrittiva, Heard la ottiene dopo essersi presentata in tribunale con un livido sulla guancia.
Con il divorzio, insieme al mantenimento e alla casa, ottiene anche 7 milioni di dollari che promette di donare in beneficienza e diventa uno dei volti principali del movimento MeToo. Solo nel 2019 Depp torna a occuparsi di questa storia direttamente, dopo aver perso diversi ruoli nel 2017 e nel 2018: denuncia il The Sun per averlo definito “wife beater” (picchiatore di mogli) e la ex moglie Amber Heard per diffamazione per un articolo da lei scritto, pubblicato nel 2018 dal Washington Post, chiedendole 50 milioni di dollari.
Depp vs The Sun
Il 7 luglio 2020 a Londra comincia il processo di Johnny Depp contro il giornale The Sun. Inaspettatamente visto il periodo, decine e decine di fan dell’attore si appostano fuori dal tribunale per sostenerlo, anche alla luce di alcune registrazioni di un litigio tra Heard e Depp divulgate nel gennaio di quell’anno.
Durante la discussione Heard ammette chiaramente di aver colpito Depp la sera prima. In quel periodo, così come dopo le prime accuse del 2016, Winona Ryder, Vanessa Paradis e Lily-Rose Depp, rispettivamente ex compagne e figlia dell’attore, dichiareranno che le accuse di Heard non sembrano realistiche, ma sono anzi quanto di più lontano loro abbiano mai visto in Johnny Depp.
In novembre, il verdetto della corte inglese dà torto a Depp: il The Sun l’ha definito “wife beater” sulla base di dichiarazioni fatte da Heard che potevano essere ritenute vere. Di conseguenza, Depp perde tra le altre cose il ruolo di Grindelwald in Animali Fantastici: I Segreti di Silente, terzo e ultimo capitolo della saga (recensione di Arianna Bandiera).
Processo Depp-Heard
Nell’aprile 2022 inizia il processo in cui Johnny Depp denuncia Amber Heard per diffamazione per un articolo in cui, sebbene non lo nominasse esplicitamente, parlava della sua esperienza di vittima di violenza domestica. Il processo porta alla luce diverse vecchie questioni, quali l’episodio in cui Heard avrebbe distrutto un dito a Depp con una bottiglia di vodka o il fatto che Depp facesse spesso e volentieri uso di sostanze, già emerse durante il processo Depp – The Sun.
Dalle testimonianze, in generale, emerge una relazione burrascosa tra i due, entrambi segnati dall’aver vissuto un’infanzia di violenza domestica perpetrata in entrambi i casi dalla madre sugli altri membri della famiglia. In generale, i legali di Depp riescono a smontare le prove di violenza portate da Heard e dal suo team, dimostrando anche che la vittima di violenza era sempre stato, con un ribaltamento della situazione, Depp.
Al contrario, il team di Heard non riesce ad ottenere lo stesso risultato. L’1 giugno 2022, infatti, la giuria dichiara Amber Heard colpevole di diffamazione nei confronti di Johnny Depp e sancisce che la donna debba all’ex marito 15 milioni di dollari di risarcimento. Ma il verdetto della giuria è forse la parte meno interessante della storia.
Una copertura mediatica senza precedenti
Questo processo è finito in diretta TV negli Stati Uniti e su diversi canali online, dal primo all’ultimo minuto. Ciò ha permesso a una quantità indicibile di persone di seguirlo per intero come fossero state sedute in aula, dando anche a chiunque la libertà di divulgare video editati e di condividerli su qualsiasi piattaforma social.
Si tratta di una copertura mediatica senza precedenti e di una spettacolarizzazione della giustizia non sana né costruttiva. Si sono scatenati, ad esempio, fenomeni di demonizzazione della Heard, dei suoi avvocati e di molti dei testimoni da lei chiamati alla sbarra; le sue espressioni e le sue testimonianze sono diventate meme sul web.
Al contrario, Johnny Depp è stato da molti idolatrato, assieme al suo team di avvocati e ad alcuni dei suoi testimoni. Ciò ha creato di fatto un ambiente estremamente polarizzato sull’argomento, in cui il risultato del processo era già dato per scontato dopo il primo giorno. Il fatto che le prove e le testimonianze siano state divulgate al pubblico durante il processo stesso, inoltre, non ha aiutato a mantenere la giuria imparziale, dato che su ogni social si trovavano condivisioni di insulti, opinioni o semplici riassunti giorno per giorno del caso.
Morte del MeToo
Il volto di Heard, così come la sua storia, personale e pubblica, ha contribuito a far approdare i social media alla “morte del MeToo“, movimento che ebbe inizio dopo le accuse pubbliche di violenza sessuale contro il colosso Harvey Weinstein e raggiunse il suo apice nel 2017, in cui molte altre persone si fecero avanti per denunciare abusi subiti. Si basava infatti sulla condivisione sui social da parte di vittime di violenza sessuale della loro esperienza, e ha contribuito a scostare le tende di velluto di Hollywood mostrando a tutto il mondo ancora una volta quanto, dietro, ci sia un ambiente profondamente maschilista, patriarcale e corrotto.
Si partiva però dal presupposto che le persone che si dichiaravano vittime di violenza domestica lo facessero poiché lo erano veramente; gli accusati, dunque, venivano demonizzati e ostracizzati prima ancora dell’inizio dei processi, sia dai social che, spesso, dalle case cinematografiche più importanti. Questa cosa, in effetti, è successa anche a Depp, in quanto uno dei tanti accusati dalle paladine del MeToo.
L’esito di questo processo, che dichiara quantomeno di dubbia veridicità le dichiarazioni di Heard, getta discredito sull’intero movimento, ormai da tempo sopito: se Amber Heard ha mentito, che cosa ci garantisce che nessun’altra persona l’abbia fatto?
Oltre a ciò, si può riflettere poi, ad esempio, su come questo sia il primo caso del MeToo che ha vissuto una tale copertura mediatica e che, guarda caso, abbia come imputata una donna. Forse non è stata tanto Amber Heard con le sue singole azioni ad uccidere il MeToo, ma la partecipazione di tutti noi al caso, che contribuisce, adesso, a creare un precedente gigantesco per qualunque donna che denuncerà una violenza.
Diritto all’oblio
A prescindere dal risultato di questo processo, abbiamo avuto l’ennesima dimostrazione che il web e i media sono incapaci di cogliere le sfumature nelle situazioni, comportandosi spesso nell’insieme come una massa informe di inquisitori con torce e forconi, pronti a bruciare la strega di turno senza accertarsi che lo sia.
Se nel 2017 hanno dato fuoco a Depp, insieme a tutta la sua carriera, adesso si lascia sulla gogna Heard, senza mai considerare che si sta marchiando a fuoco la vita di persone vere che, a prescindere delle loro colpe, come tutte dovrebbero avere il diritto all’oblio.
Questa polarizzazione estrema, facilitata dagli algoritmi che costituiscono le piattaforme social che abitiamo ogni giorno, contribuisce a renderci ogni giorno un po’ meno empatici, un po’ meno tolleranti, un po’ più disumani.
Così, mentre passiamo le nostre giornate a fare meme sulla testimonianza di Amber Heard, una persona con diversi disturbi mentali e che avrebbe diritto a essere rispettata e curata pur pagando le sue colpe, il MeToo muore. E con lui si accascia un tassello importante del femminismo.
Chiara Parma
(In copertina Amber Heard)