Politica

La Turchia di Erdoğan tra Russia e Ucraina – Il cuore della diplomazia

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La Turchia è il perno delle negoziazioni per la pace tra Russia e Ucraina. La guerra infatti, è l’occasione per il Paese di accrescere il proprio prestigio, e di immettersi nel gioco diplomatico di questo conflitto. La mediazione è la strategia di Erdoğan per avere un nuovo ruolo nella comunità internazionale, grazie a un approccio alla diplomazia alternativo a quello delle potenze occidentali.


La Turchia ha acquisito nel corso del tempo maggiore influenza a livello internazionale, pur avendo un approccio diverso rispetto a quello delle Nazioni che definiremmo “occidentali”. Nel contesto della guerra Ucraina-Russia, abbiamo notato due atteggiamenti diversi; paesi come gli Stati Uniti, i membri dell’UE e altri hanno condannato l’accaduto nelle prime ore dell’invasione, ed espresso l’intenzione di imporre sanzioni economiche.

Il presidente turco Erdoğan ha anch’egli condannato l’operazione miliare, ma rifiutando di isolare economicamente, politicamente e culturalmente la Russia. Le ragioni principali dietro questa strategia sono due: da un lato, le strette relazioni con Ucraina e con Russia impediscono al governo turco di prendere una parte; dall’altro, questa guerra è l’occasione per la Turchia di immettersi nel gioco diplomatico e accrescere il proprio prestigio.

L’amicizia tra Turchia e Russia

L’economia turca è oggi più che mai fragile e il Paese ha bisogno di mantenere buone relazioni, soprattutto con grandi esportatori quali Russia e Ucraina. Infatti la Turchia importa circa il 70% del grano dalla Russia. Inoltre, i tre Paesi sono strettamente legati dal turismo e dai guadagni che il settore porta ogni estate.

Dal punto di vista geopolitico invece, nel 2016, Turchia, Russia e Iran hanno avviato il processo di pace di Astana, riunendo le parti in conflitto della guerra civile in Siria per negoziare un accordo. Per la Turchia, la guerra civile in Siria è tuttora un grande problema economico, politico e sociale a causa dell’immigrazione di massa che ne è susseguita; possiamo immaginare che, siccome la Russia è intervenuta al fianco della Turchia nell’ambito della crisi siriana, la Turchia “debba” alla Russia una mediazione nell’attuale guerra contro l’Ucraina.

Le relazioni tra i due Paesi sono strette anche grazie agli investimenti russi, ad esempio i 20 miliardi di dollari in progetti per l’energia nucleare, e il gasdotto TurkStream che trasferisce gas naturale da Russia a Turchia.

A seguito di queste motivazioni, è chiaro che la Turchia non possa inimicarsi la Russia. Allo stesso tempo, però, la Turchia fa parte di istituzioni occidentali come la NATO, e ostacolando l’Ucraina rischierebbe di mettersi contro Stati Uniti e i Paesi dell’UE. La soluzione di Erdoğan allo scacco matto è quella di porsi come mediatore, riconoscendo la violazione del diritto internazionale dell’invasione, ma facendo attenzione a non isolare la Russia diplomaticamente.

Istanbul: the heart of diplomacy

La Turchia vanta due importanti incontri tra le delegazioni delle parti in guerra; il primo ha riunito i ministri degli esteri russo Lavrov, ucraino Kuleba e turco Çavuşoğlu, presso il forum di Antalya, dall’11 al 13 marzo 2022. A seguire, dal 29 marzo, il palazzo Dolmabahçe di Istanbul ha ospitato i negoziati.

Dai peace-talks di Istanbul sono risultate alcune concessioni da entrambe le parti; la delegazione ucraina aveva richiesto il cessate il fuoco, mentre quella russa aveva affermato di poter mettere fine alle operazioni militari, solo in cambio della neutralità dell’Ucraina – il Paese non dovrebbe far parte di nessuna alleanza militare.

A sua volta, l’Ucraina sarebbe stata disposta ad accettare la neutralità solo se alcuni Stati, tra cui la Turchia, fossero intervenuti in sua difesa in caso di minacce alla sicurezza del Paese. Nessun accordo è stato raggiunto, ma si era diffuso quantomeno un certo ottimismo.

La Russa aveva affermato l’intenzione di ridurre le operazioni militari intorno a Kyiv, per favorire le negoziazioni. Nonostante ciò, a distanza di più di un mese dagli incontri del palazzo Dolmabahçe, i negoziati sono sempre più difficili e l’iniziale cauto ottimismo è andato scemando. Erdoğan rimane comunque in contatto con le delegazioni di entrambi i Paesi e sembra stia cercando di organizzare un nuovo round di negoziati a Istanbul per concludere un accordo.

Recoding Diplomacy

Gli incontri di Istanbul sono finiti in prima pagina su molti giornali internazionali, e alcuni commentatori hanno definito la città “il cuore della diplomazia”. Il Daily Sabah, un quotidiano turco filo governativo, sembra quasi imparziale nei confronti di Ucraina e Russia. Quel che è certo, però, è che la guerra sia uno strumento per accrescere il prestigio del governo turco. Si parla dell’Antalya Forum come di uno strumento per “ricodificare la diplomazia”.

Un articolo del 9 maggio si intitola How to further strengthen Turkey’s already strong foreign strategy (Daily Sabah) in breve, un grande elogio alla politica estera turca e al ruolo del Paese nella risoluzione dei più recenti conflitti regionali. L’obiettivo del governo turco è proporre un approccio diverso alla diplomazia (da qui il motto “recoding diplomacy”), in contrapposizione a quello affermatosi dalla seconda guerra mondiale in poi, e che vede le 5 Nazioni vincitrici influenzare la comunità internazionale sulle decisioni più importanti, grazie al loro potere.

La Turchia, insieme a Cina e Russia, sta acquisendo un ruolo sempre più importante nel rompere il dominio di USA e UE sulle relazioni internazionali, aprendo la strada a un nuova visione mondo, in cui vi sono più attori in grado di esercitare un’influenza concreta. 

Luce Pagnoni, Anıl Kılıç

(In copertina Recep Tayyip Erdoğan)


Per approfondire, leggi: La Turchia e i diritti delle donne – Erdogan lascia la convenzione di Istanbul (un articolo di Sofia Spagnoli).


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