Se sei un amante della natura e del verde, le Langhe sono la fuga dalla città che fa per te: un’ottima idea per due giorni fuori porta: un bel weekend romantico o una breve gita con gli amici. Situate nel basso Piemonte, a circa due ore da Milano, queste terre regalano paesaggi collinari suggestivi, con borghi, castelli, vino, tartufo, e soprattutto relax e tanto verde.
Qualche tempo fa, io e una mia amica abbiamo deciso di staccare dalle lezioni universitarie e dal lavoro per un paio di giorni e abbiamo preso la macchina, scegliendo un sabato e una domenica di aprile nelle Langhe. Dalla provincia di Monza e Brianza, dove siamo noi, sono circa due ore di strada. Con partenza la mattina alle 8:00, siamo riuscite ad evitare il traffico e a goderci il viaggio on the road tra musica e finestrini abbassati, pregustando il dolce vino che avremmo assaggiato.
Una volta lasciata alle spalle la prima ora di guida, si iniziano a scorgere i paesaggi tipici del Piemonte, con le grandi distese verdi e gialle di campi e vigne. Il tempo è clemente solo in parte: molto sole ma anche molto vento. Consiglio dunque di controllare bene il meteo prima di partire, e di tenere sempre a portata di mano una sciarpa e un ombrello.
Su siti come booking.com e Airbnb è facile trovare un alloggio. Nel nostro caso, per una notte sola, abbiamo optato per un agriturismo piuttosto che un appartamento indipendente. Questo tipo di struttura (così come i Bed&Breakfast) spesso permette di consumare la colazione gratuitamente, e il nostro, Casa Svizzera Agriturismo (link al sito), in posizione centrale a Barolo, offre anche la possibilità di degustare il vino delle sue cantine.
Sono molti i borghi da visitare, ed è difficile fare una selezione dei più meritevoli, per cui è utile realizzare una scaletta dei luoghi da vedere divisa per giorni. È comodo consultare guide turistiche, oppure – come ho fatto io – spulciare qualche blog di viaggio. Noi abbiamo diviso il nostro soggiorno tra sabato e domenica, cercando di non sovraccaricare troppo la prima giornata e rimanere sfiancate in partenza. Le Langhe si prestano bene ad un simile progetto, perché hanno dei borghi piccoli e comodi da vedere due o tre al giorno.
Giorno 1: sabato
(percorso su Google Maps)
Neive
Classificato come uno dei borghi più belli d’Italia, la prima tappa è Neive – prima chiamato Castrum Nevearum in quanto antico ricetto romano – è visitabile in poco tempo. Appena messo piede nel borgo, mi ha colpita la musica d’ambiente trasmessa dagli altoparlanti in tutte le strade, così da trasportarti subito in una dimensione tranquilla e di vero relax.
Nella piazza del Municipio si trovano dei dépliant con una mappa, così da arrivare subito alle attrazioni principali; ma consiglio anche una semplice passeggiata senza meta.
Salendo, si incontra una terrazza panoramica e si giunge alla Casaforte dei conti Cotti di Ceres, dimora storica accanto alla torre dell’orologio, costruita nel Duecento.
Molto suggestivi i glicini color lilla acceso, illuminati dai raggi del sole.
Per cominciare bene la giornata consiglio un aperitivo con un buon calice di vino piemontese. Io ho trovato un angolo molto carino: il Porta San Rocco Wine Bar (link al sito), dove sorseggiare un ottimo rosé davanti a un tagliere di salumi e formaggi, accanto alla chiesetta di San Rocco e ad un’altra enoteca. Il personale è davvero ben informato e, come la maggior parte delle enoteche della zona, vende il proprio vino (Massimo Rivetti), prodotto proprio sul lato opposto della collina.
Barbaresco
La seconda tappa è Barbaresco, a mio avviso un borgo meno particolare del precedente perché offre meno attrazioni, ma comunque degno di un giro. Ad accogliere il visitatore è una piccola piazza con locali e bar.
Qua è possibile visitare la Torre di Barbaresco, con vista sulle colline sottostanti. Ai piedi della torre, ho pranzato al Ristorante Antica Torre dove ho assaggiato i tipici tajarin al ragù. In realtà, Barbaresco richiede una visita veloce, a meno che non ci si voglia fermare per una degustazione (molto consigliata l’enoteca Gaja).
Barolo
Barolo, rinomata per il suo vino, è probabilmente il borgo che ho preferito. Più grande rispetto agli altri, ma allo stesso tempo abbastanza contenuto da vedere tutto. Appena arrivati, la prima cosa che si scorge è il Castello Faletti, in cui ha sede un museo interattivo dedicato al vino (WiMu) che merita assolutamente una visita.
Il percorso parte dal significato simbolico del vino nella mitologia e nella religione, arriva a far esplorare gli elementi della terra e in particolare del territorio piemontese, fino a raccontare la produzione del vino dall’antichità fino ai giorni nostri, rappresentati in diverse sfaccettature attraverso espedienti multimediali molto suggestivi. Inoltre, la visita al museo permette di catturare alcuni scorci delle sale del castello, come la bellissima biblioteca.
Barolo è anche il borgo in cui ho deciso di alloggiare, nell’agriturismo Casa Svizzera, proprio di fronte alla piccola piazza principale. Un posto atipico in cui gustare un aperitivo è il Petti’t Bistrot (link al sito), dove è possibile sedersi in uno stretto terrazzo che guarda dall’alto un piccolo scorcio di verdi campi e le mura del castello. Qua, consiglio un’ottima cena al ristorante Barolando (link al sito), un esempio di ospitalità piemontese, gentilezza e professionalità, nonché un’occasione per gustare alcune specialità (come il bonet, tipico budino al cacao).
Accanto all’agriturismo, proprio sulla piazza, vi è un negozio di specialità tipiche dove consiglio di fare un salto. Qui si può fare scorta di tajarin e pasta fresca, creme al tartufo, sugo d’arrosto, ragù e molti altri prodotti piemontesi da regalare o portare a casa per arricchire la propria dispensa.
Giorgio 2: domenica
(percorso su Google Maps)
Castello di Grinzane-Cavour
Il secondo giorno si riparte alla grande con una capatina al Castello di Grinzane-Cavour, che purtroppo non è visitabile a causa dell’allestimento di un evento, ma è perfettamente godibile anche dall’esterno. Il castello, costruito attorno all’XI secolo, è appartenuto a Camillo Benso conte di Cavour. Attorno all’edificio vi è poi un percorso sulla produzione vinicola, raccontato attraverso una serie di pannelli, con una vista mozzafiato sui campi sottostanti.
Bra
Purtroppo, dopo una serie di piccoli borghi medievali, Bra cambia completamente lo scenario. Città della salsiccia e dello Slow Food, Bra non è più un piccolo paesino, ma una vera e propria città, che non mi ha dato molte soddisfazioni, proprio per il suo carattere più metropolitano.
Non mancano ovviamente i palazzi storici e le chiese degne di nota, che però si confondono tra i locali, il traffico e la vastità delle strade. Per questo non ci fermiamo nemmeno per un caffè e ripartiamo subito alla volta dell’ultimo borgo.
La Morra
L’ultima tappa è La Morra, uno dei borghi più belli di questo weekend. Arroccata sulla collina, come tutti gli altri borghi, La Morra impone una continua salita fino alla cima, con la torre campanaria. Anche qua, la tattica è passeggiare e scoprire di volta in volta dove portano le stradine. Qua ho pranzato al ristorante UVE – Rooms & Wine Bar (link al sito), che gode di un delizioso cortile interno.
A La Morra ho l’occasione di fare una degustazione davvero particolare da Gianni Ramello (link al sito), una piccola cantina nascosta all’interno di una corte, a conduzione familiare. Il proprietario, molto affabile e appassionato, ci mostra le fasi della produzione e la storia della sua cantina. Infine, assaggio cinque vini, con l’accompagnamento di formaggi e salumi da intingere nella fantastica marmellata prodotta dalla casa.
Questa è una delle visite più interessanti, in particolare per la storia del Pelaverga, ottimo vino dai toni speziati, prodotto solamente nel territorio di Verduno grazie a una particolare configurazione del terreno gessoso.
Si racconta, infatti, che il re Umberto I – famigerato dongiovanni – credesse nelle proprietà afrodisiache del vino locale, e che per questo emise un decreto ancora in vigore per far sì che fosse prodotto solo a Verduno. Da qua il nome Pelaverga, in dialetto piemontese (per la verga).
Blu Di Marco
(In copertina Alessandro Pacilio da Unsplash, nell’articolo foto di Blu Di Marco, Oskar de Jonge, Andrea Rapuzzi, Andrea Cairone e Lucia Gherra)
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