“Mordi e fuggi – Il romanzo delle Brigate Rosse” (Baldini + Castoldi, 2022) di Alessandro Bertante è uno dei 12 romanzi candidati al Premio Strega 2022. Come suggerisce il titolo, il romanzo narra la nascita delle BR, raccontata da uno dei suoi fondatori.
Protagonisti assoluti di Mordi e fuggi sono i primi anni di piombo, uno dei periodi più cupi e difficili della nostra storia repubblicana. Difficili non solo per chi li ha vissuti ma anche per chi, come Alessandro Bertante, è figlio di quegli anni e si è assunto la responsabilità di narrarli in un romanzo. Tanto più quando si decide di adottare un punto di vista inusuale come quello di un giovane brigatista, che ripercorre le vicende secondo la sua visione di rivoluzionario.
La fabbrica
La fabbrica stava al centro di tutto, come un magnete immaginifico in grado di attirare persone e idee. Decisione, coraggio, ambizione persino violenza, nulla poteva essere escluso se trascinato dentro al flusso energetico della lotta politica.
Alessandro Bertante. Mordi e fuggi
Il romanzo si apre con la distribuzione dei volantini davanti al cancello della Sit-Siemens di Milano. La fabbrica è il nucleo attorno a cui gravita l’azione militante di Alberto Boscolo, il giovane protagonista: testimone silenziosa della sua progressiva radicalizzazione, lo segue man mano che il tempo passa e permea tutto il romanzo.
È lì che si svolge la formazione politica del protagonista ventenne, molto più che in università, come ci si aspetterebbe da uno studente come Alberto. Ed è proprio nel contesto della fabbrica che muove i primi passi il variegato fronte della sinistra extraparlamentare: lì si cerca l’approvazione del proletariato, e proprio i dirigenti delle fabbriche come Giuseppe Leoni o Idalgo Macchiarini sono le prime vittime degli attentati delle Brigate Rosse.
Dovevamo guardare oltre, ampliare la nostra azione politica oltre la fabbrica. Radicarci maggiormente nel tessuto sociale, aumentare il nostro consenso, partire dalle periferie proletarie per prenderci la città borghese.
Alessandro Bertante. Mordi e fuggi
Tuttavia, durante una passeggiata in piazza Duomo, Alberto si rende conto che il mondo della fabbrica è troppo piccolo e bisogna spingersi oltre: il consenso degli operai non è più sufficiente, bisogna fare un salto di qualità.
La metropoli
Ancora più pregnante è lo scenario della metropoli, in particolare della Milano a cavallo fra anni Sessanta e Settanta.
Dalle periferie proletarie alle eleganti vie del centro, quella che emerge è una città fortemente contraddittoria e polarizzata, in cui il controllo di diversi quartieri è conteso tra i fascisti e i comunisti.
Fra le pagine del romanzo sono disseminati i nomi di tantissime vie e quartieri del capoluogo lombardo, di cui vengono mostrati i mille volti: dai quartieri-dormitorio che accolgono il sottoproletariato, alle vie dello shopping, alle insegne pubblicitarie di numerosi alcolici in piazza Duomo, preludio della Milano da bere di oggi.
Tuttavia, a far sentire il proprio peso nel romanzo è Piazza Fontana, teatro della strage del 12 dicembre 1969, uno dei punti di svolta della storia collettiva italiana e di quella personale di Alberto. Ho trovato molto affascinante il racconto di quell’atmosfera di tensione, la corsa affannata verso la piazza, le indagini, la pista anarchica e i primi sospetti sui fascisti. Il tutto culmina con il racconto tragico e accorato della morte dell’innocente Giuseppe Pinelli, precipitato dal quarto piano della questura.
Credo che l’autore avrebbe potuto aggiungere qualche descrizione in più degli ambienti, giusto per fornire un quadro più completo della Milano di quel periodo. Quasi tutto è reso con uno stile molto asciutto e sintetico, tranne la descrizione del celebre ateneo dell’università Statale in via Festa del Perdono, che ho apprezzato in quanto particolarmente azzeccata e veritiera.
Da un lato, più descrizioni come questa, che denotano una profonda conoscenza dell’ambiente milanese, avrebbero sicuramente arricchito e reso più piacevole la lettura del romanzo. Dall’altro, però, comprendo che si tratta di un romanzo narrato interamente in prima persona, e che l’intento di Bertante sia farci immergere completamente nel pensiero del protagonista: lì non c’è spazio per altro che non sia la politica e la rivoluzione.
Vent’anni
Del mio passato di studente rimanevano solo la borsa di cuoio che portavo a tracolla e qualche immagine sfuocata, quasi sempre legata ad Anita e alla nostra storia d’amore. Ormai niente mi legava a quei luoghi e a quelle persone, persone con le quali avevo condiviso molto ma che ora vivevano in un’altra realtà.
Alessandro Bertante. Mordi e fuggi
Alberto è un ragazzo di vent’anni, anche se certe volte sembra dimenticarsene. Prova quel miscuglio di emozioni comuni a ogni ventenne, da uno smodato senso di onnipotenza e dalla voglia di indipendenza all’incertezza e al bisogno di appigli più sicuri.
Questi punti di riferimento non sono ricercati solo nella politica, esperienza totalizzante per Alberto, ma – più timidamente – anche nella propria famiglia e in Arturo, proprietario della libreria presso cui lavorava Alberto, nonché guida saggia e sicura. Il tutto, però, sembra passare in secondo piano: non sono gli avvenimenti della storia e della politica a fare da sfondo alla sua vicenda personale, ma il contrario. Tutto è subordinato alla lotta politica, dall’amore agli studi universitari.
Ho perso il mio grande amore, la presenza dei miei cari, tutti i miei amici, la carriera universitaria, ho perso la gioia, smarrendo anche la possibilità del dubbio e la spensieratezza dei vent’anni.
Alessandro Bertante. Mordi e fuggi
Eppure, nonostante Alberto releghi in secondo piano i suoi vent’anni e il bisogno di leggerezza, il peso di questo sacrificio si sente tantissimo, soprattutto quando torna in università e quando il suo pensiero si rivolge ad Anita, con cui ha condiviso i primi passi nel mondo della politica, oltre che un’importante storia d’amore finita sempre per lo stesso motivo per cui è iniziata: la politica.
Noi…
Mi chiedevo se potesse esistere una vita senza sogno e senza avventura. (…) Conoscevo benissimo la risposta, bastava pensare a mio padre e a tutti quelli come lui. Loro erano la maggioranza, una massa di donne e uomini che noi non saremmo mai riusciti a raggiungere, se non usando la violenza e la paura.
Alessandro Bertante. Mordi e fuggi
Una costante del libro – nonché di quel periodo – è una polarizzazione portata a livelli estremi. Non a caso, nel libro ritorna spesso l’espressione “noi e loro”: comunisti contro fascisti, oppressi contro oppressori, la maggioranza contro la minoranza. Eppure, Alberto, accecato da questa visione binaria della società, non si rende conto di quanto essa sia profondamente errata e banale, oltre che dannosa.
Man mano che il giovane studente si radicalizza, assistiamo a un imbruttimento tanto esteriore quanto interiore: il suo aspetto è sempre più trascurato e appare come una persona aggressiva e priva di scrupoli. Quando la situazione precipita, trascorre giornate tetre e insignificanti in clandestinità, nascosto dietro a una identità falsa: ormai molti brigatisti sono stati catturati e, se non si sbriga, anche lui rischia l’arresto. Non gli resta altro che la fuga.
…e loro
Loro questo spazio vuoto che mi attrae e mi tormenta non lo conoscono, non si pongono nemmeno la domanda se esista. Perché allora noi, i maledetti tenaci e forsennati noi, siamo così convinti che questa nostra idea così assoluta e spudorata possa essere vincente, perché crediamo nella rivoluzione se non sappiamo neanche quanti davvero siano disposti a condividerne il sogno?
Alessandro Bertante. Mordi e fuggi
Alberto sconta il peso di tutte le scelte che ha compiuto, sul suo corpo martoriato dall’alcol e dall’ansia: non ha, come Dorian Gray, un quadro in soffitta che porti i segni del tempo che passa al suo posto. Non c’è più il “noi”, Alberto deve fare i conti solo con sé stesso. Vale la pena ridursi a questo per un ideale, per combattere quella che Arturo definisce una “guerra immaginaria”? Vale la pena mollare la famiglia, gli amici, l’amore, la propria quotidianità e rinunciare persino alla propria identità per un’utopia?
Mordi e fuggi è un romanzo che non offre risposte – come ogni romanzo che si rispetti –, ma innumerevoli domande. Le stesse che rimangono alla fine, le stesse che chiunque dovrebbe porsi per non sprofondare in una furia cieca, istintiva e priva di senso.
Beatrice Russo
Questo articolo fa parte della rassegna di Giovani Reporter in attesa del Premio Strega 2022.