Cronaca

(Non) è tutta colpa di Elisabetta Franchi

Elisabetta Franchi

Quando metti una donna in una posizione importante, non puoi permetterti di non vederla arrivare per due anni […] e quindi io da imprenditore, responsabile della mia azienda, spesso ho puntato su uomini. Le donne le ho messe, ma sono -anta. Se dovevano sposarsi si sono già sposate, se dovevano fare figli li hanno già fatti e se dovevano separarsi hanno fatto anche quello. Io le prendo che hanno fatto tutti e quattro i giri di boa, sono tranquille e lavorano h24.

Elisabetta Franchi

Invitata a un evento organizzato da Il Foglio, la stilista Elisabetta Franchi è riuscita a far infuriare il web al punto che i post della sua azienda sui social pullulano di commenti di condanna e c’è anche chi ha proposto di boicottarla. In effetti, il suo intervento è un condensato di luoghi comuni sulla maternità e sul ruolo delle donne. Tra le altre cose, ad esempio, Franchi ha sostenuto che le donne hanno un dovere, “che è quello nel nostro DNA, […] i figli li facciamo noi, ‘incinto’ ancora no, e comunque il camino in casa lo accendiamo noi”.

Tuttavia, al di là di simili esternazioni, che nel 2022 sono decisamente fuori tempo massimo, il vero problema non è Elisabetta Franchi. Lei ha solo detto esplicitamente ciò che migliaia di altri imprenditori pensano in silenzio.

Il suo discorso sessista è una breccia aperta sul mondo imprenditoriale, dove le donne fanno ancora fatica ad affermarsi. Alla luce delle parole della stilista, non è difficile capire perché; così, anche i freddi dati sull’occupazione femminile e sulle (poche) donne in posizioni di comando acquistano molto più senso.

Famiglia o carriera? Essere madri non conviene

Che la maternità fosse un ostacolo per le donne in età fertile, prima di ascoltare Elisabetta Franchi, lo si poteva dedurre dai dati Istat. L’ultimo report relativo al 2021, infatti, segnala una differenza non da poco nel tasso di occupazione: per le donne senza figli tra i 25 e i 49 anni questo è del 73,9%; del 53,9% in presenza di un figlio con meno di sei anni.

Anche quando le madri riescono a mantenere il loro lavoro, la maternità rappresenta il momento più difficile della carriera: un vero e proprio muro (Joan C. Williams, The Maternal Wall, Harvard Business Review, 2004) fatto di part-time, sia volontario che non, con conseguente diminuzione degli introiti, e di promozioni e posizioni di responsabilità assegnate a qualcun altro. Elisabetta Franchi, dunque, è solo la punta dell’iceberg; una dei tanti che si guardano bene dall’investire troppo su una donna che potrebbe diventare (o è appena diventata) madre.

Il Maternal Wall rende molto difficile per le donne anche solo avvicinarsi al fantomatico soffitto di cristallo. I ruoli apicali restano saldamente nelle mani degli uomini. Un’elaborazione Istat, realizzata a partire da dati Eurostat, ad esempio, ha comparato la presenza delle donne in posizioni manageriali nei 27 paesi dell’Unione nel 2019: in Italia meno di un manager su tre (28%) era donna. Le dirigenti, invece, nel 2020 rappresentavano il 19% del totale (rapporto Manageritalia); si tratta di un dato in costante crescita (il Sole 24 Ore ha calcolato un incremento del 56% in 12 anni), ma ancora molto lontano dalla parità.

Di chi è la colpa?

Condannare le parole di Elisabetta Franchi è doveroso, scegliere di non acquistare i suoi capi è legittimo, ma può bastare? Franchi non è la vera colpevole di tutte difficoltà che le donne devono affrontare nel mondo del lavoro. A lei si può rimproverare di sposare in pieno i difetti del sistema, reiterando una cultura del lavoro maschilista, ma non si può usare una singola stilista come capro espiatorio.

Un cambiamento radicale andrebbe preteso, innanzitutto, dallo Stato. Più precisamente, dal Parlamento. È la legge italiana, infatti, che avalla la politica imprenditoriale delle molte Elisabetta Franchi che penalizzano le donne. È la legge italiana che stabilisce che, quando si forma una famiglia, la donna debba assentarsi obbligatoriamente per cinque mesi e l’uomo solo per dieci giorni. Dunque, la legge è la prima colpevole di un mercato del lavoro che, a parità di competenze, favorisce gli uomini. Un imprenditore, in fondo, cerca di guadagnare dalla sua azienda e una donna in maternità è una “seccatura” molto maggiore di un uomo che dopo dieci giorni è di nuovo disponibile.

I molti che (giustamente) hanno attaccato Elisabetta Franchi, dovrebbero ora chiamare in causa il Parlamento con la stessa energia. Senza una riforma dei congedi, la carriera delle donne continuerà a subire brusche frenate e stop (ne avevamo parlato in questo articolo). Quando i congedi saranno parificati e le famiglie saranno supportate da una rete davvero efficiente di asili nido, allora dinamiche come quelle rivelate da Franchi saranno colpa del sessismo dei singoli imprenditori, ma non siamo arrivati a quella fase. Oggi è ancora la legge a rendere la donna una risorsa più rischiosa sul mercato.

Sara Bichicchi

(In copertina Nicola Styles da Unsplash)


Per approfondire: Stereotipi di genere (a cura di Chiara Parma): 1) Agli uomini il lavoro, alle donne la cura (articolo su Giovani Reporter); 2) Le catene della mascolinità (articolo su Sistema Critico).


Ti potrebbero interessare
CronacaPolitica

Tempi di scelta a Occidente – Cosa comporterebbe la vittoria di Trump alle presidenziali?

CronacaPolitica

Crimini di Guerra e Crimini di Pace – Cos’è successo a Roma

CronacaPolitica

Taylor Swift e la politica statunitense: solo attivismo performativo?

CronacaPolitica

Reato di informazione – La Russia censura i giornalisti RAI