CronacaCultura

Cosa hanno in comune J.K. Rowling, Putin e Orbàn?

J.K.Rowling

“Cancellata perché lei, scrittrice di libri che hanno venduto milioni di copie in tutto il mondo, non ha soddisfatto i fan delle cosiddette libertà di genere”. “Lei” è J.K. Rowling, autrice della saga di Harry Potter. A pronunciare queste parole, invece, è stato Vladimir Putin.


Il presidente russo il mese scorso ha tenuto un lungo discorso in cui attaccava l’Occidente, reo di voler “cancellare” la Russia e la sua cultura, proprio come starebbe facendo con J.K.Rowling. L’autrice, però, ha rimandato al mittente questa difesa non richiesta, rispondendo per le rime: nessuna critica alla cancel culture occidentale può venire “da chi attualmente massacra civili per il crimine di resistenza, o imprigiona e avvelena i suoi critici” (AGI).

Ma che cosa c’entra J.K.Rowling con Vladimir Putin? Perché un autocrate anti-democratico chiama in causa una scrittrice che ha fatto fortuna con una saga che, al contrario, promuove valori come l’amicizia, la libertà di essere se stessi e la lotta contro ogni tiranno?

J.K. Rowling e la fine della magia

Se Putin ha pensato a J.K. Rowling per il suo discorso, questo si deve sicuramente alla reputazione dell’autrice britannica, negli ultimi anni un po’appannata. Da paladina della diversità, infatti, Rowling è diventata un’icona del femminismo trans-escludente. Anche noto con l’acronimo TERF (trans-exclusionary radical feminism), questo ramo del movimento delle donne esclude tutti coloro che non sono nati in un corpo biologicamente femminile. Rowling ha più volte espresso, attraverso alcuni tweet, posizioni assimilabili a questo filone, scatenando una vera e propria bufera. L’ultimo post controverso risale allo scorso dicembre, ma la polemica va avanti da almeno un paio d’anni.

Tweet di J.K.Rowling

Le posizioni transfobiche di Rowling hanno inquinato la magia del mondo da lei creato. L’autrice non è stata presente all’ultima reunion del cast di Harry Potter e alcuni attori, tra cui il protagonista Daniel Radcliffe, hanno preso pubblicamente le distanze dalle sue idee. Qualche settimana fa, ad esempio, Emma Watson ha lanciato una frecciata alla scrittrice dal palco dei BAFTA, sottolineando di essere lì “per tutte le streghe”. A J.K. Rowling non è bastato il Silente gay di Animali Fantastici per tornare ai fasti di un tempo e far dimenticare le polemiche.

Transfobia o libertà di pensiero?

La condanna del TERF, però, è tutt’altro che unanime. C’è chi vede in questo movimento, definito anche, in modo più favorevole, femminismo “gender critical“, una roccaforte della libertà di pensiero contro gli eccessi del politically correct. In Italia simili istanze sono portate avanti soprattutto da Arcilesbica, un’associazione del mondo LGBT+ che, ritenendo donne solo le persone tali per nascita, si è opposta fermamente al Ddl Zan.

Per la presidente di Arcilesbica Cristina Gramolini, infatti, la proposta di legge era pericolosa: riconoscendo l’identità di genere come indipendente dal sesso, rischiava di nuocere “ai diritti delle donne, alle nostre poche quote, alle nostre poche pari opportunità, ai nostri sport subalterni che non possono essere ceduti al primo uomo che si alza un giorno e decide di dichiararsi femmina” (il Giornale).

Anche nel magico mondo di Harry Potter qualcuno ha in parte difeso Rowling. Si tratta di Mads Mikkelsen (Gellert Grindelwald) che, interpellato sulla questione, ha parlato di una reazione «folle» alle opinioni della scrittrice.

Dalla Gran Bretagna alla Russia: il lungo fronte anti-LGBT+

Quelle di J.K. Rowling non sono idee isolate. In Gran Bretagna, ad esempio, il femminismo trans-escludente si è diffuso attraverso Mumsnet, la “rete delle mamme”, una community nata per condividere esperienze di maternità e divenuta piuttosto popolare. Negli anni, tuttavia, Mumsnet si è radicalizzata, prendendo duramente posizione contro le donne transgender, non considerate “vere donne”.

Il fronte transfobico, e più genericamente anti-LGBT+, è però transnazionale e attraversa tutto l’occidente, fino alla Russia. Qui Vladimir Putin ha fatto passare nel 2013 una legge che vieta la propaganda omosessuale.

Chi esprime in pubblico opinioni o grida slogan riconducibili al movimento LGBT+ rischia multe molto pesanti. Nell’Ungheria di Viktor Orbàn, recentemente riconfermato per un quarto mandato, un provvedimento simile è stato introdotto nel giugno 2021. Si tratta, nello specifico, di una legge che vieta la “promozione dell’omosessualità” ai minori. In pratica, è proibito mostrare qualsiasi materiale relativo a tematiche LGBT+ nelle scuole, in tv, nelle piazze. La nuova misura è valsa all’Ungheria un richiamo da parte dell’Unione Europea, che ha aperto una procedura di infrazione. La stessa legge è stata recentemente sottoposta a un referendum che non ha raggiunto il quorum, ma non è detto che sarà abrogata.

J.K.Rowling
Il vessillo che rappresenta la comunità trans. L’immagine è di Lena Balk.

Le procedure di infrazione aperte dall’UE, tuttavia, sono due. La seconda riguarda la Polonia, dove è allo studio una legge simile a quella ungherese e dove, nel 2019, furono istituite delle zone “LGBT+ free” (poi in parte revocate di fronte alle minacce dell’Unione di tagliare i finanziamenti).

Ai confini della libertà di espressione

Da ovest a est, dunque, l’Europa deve fare i conti con un vasto fronte transfobico e anti-LGBT+ che si trincea dietro la protezione dell’infanzia, dei diritti delle donne (ma solo di quelle “vere”) e della libertà di pensiero. Un fronte che spesso si salda con i movimenti di estrema destra e con i critici del politicamente corretto.

La forza di questa fronda sta nel ballare sul confine, spesso molto sottile, tra opinioni impopolari (ma lecite) e discriminazione. Scrivere “L’individuo dotato di pene che ti ha stuprata è un uomo” (ultimo tweet contestato a J.K. Rowling) in quale delle due categorie ricade? Può esistere, all’interno del fondamentale diritto di esprimere i propri pensieri, anche un diritto a escludere, o persino disprezzare, gli altri?

Sara Bichicchi

(In copertina, J.K. Rowling)

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