Cinema

“La notte ha divorato il mondo” – Gli zombie nel XXI secolo


Il genere zombie attraversa ormai da tempo una crisi profonda, che, però, potrebbe portare a un rinnovamento. In particolare grazie a opere come “La notte ha divorato il mondo” (2018), l’ultimo film di Dominique Rocher, che mostra una via alternativa per il cinema dei morti viventi rispetto al conformismo vigente.


Uomini e zombie

Parigi, 2018. Un giovane batterista parigino di nome Sam si reca nell’appartamento della sua ex, Fanny, per riprendere delle cassette che ha lasciato da lei. Nella casa è in corso una festa e l’uomo, facendosi strada attraverso la baraonda, sbatte accidentalmente il naso che inizia a sanguinare. Riesce a trovare le cassette, ma, nell’attesa di Fanny, a causa della botta ricevuta e della stanchezza si addormenta in una stanza sgombra di invitati. Il mattino seguente; le urla della festa non si sentono più.

La notte ha divorato il mondo 3

Tutto tace, Sam esce dalla camera e si rende immediatamente conto che qualcosa non va, a partire dallo stato di devastazione dell’intero appartamento. Poi di colpo vede Fanny, la sua ex, imbambolata in cima alle scale. La ragazza si volta di scatto e si lancia al suo inseguimento nel tentativo di morderlo. Quello che all’inizio è solo un sospetto presto diventa una certezza: nel corso della notte si è consumata un’apocalisse zombie. E Sam, per puro caso, è un superstite.

Da qui in poi, il film ci mostra le sue giornate. Inizialmente scandite dalla messa in sicurezza dell’edificio e dalla ricerca di provviste e poi man mano sempre più vuote di attività e, di conseguenza, più impegnative. Travolte dal pensiero della probabile morte dei suoi conoscenti e della straziante solitudine. Con gli zombie che popolano le strade di Parigi, la salute mentale di Sam si fa sempre più instabile e una domanda lo tortura: è meglio restare dentro con l’unica compagnia dei propri fantasmi interiori o andare fuori a cercare altri sopravvissuti?

Opera di dolore e cambiamento

La notte ha divorato il mondo è un film horror francese del 2018. Vista la forte componente psicologica, viene difficile descriverla come una normale pellicola sugli zombie, anche perché al centro della sua focalizzazione non ci sono certo i non-morti, presto relegati al di fuori dallo svolgimento dell’azione. Forse sarebbe meglio definire la pellicola come un’opera sul dolore e sul cambiamento (argomento approfondito in questo articolo di Chiara Parma).

Dopo la concitazione iniziale. Sam, che dalla prima scena inquadriamo come schivo e inadatto alle più normali situazioni sociali, è costretto dalla solitudine e dal tedio a riscoprire le piccole cose e la necessità dei rapporti umani. Piccole cose come un gatto randagio che attraversa periodicamente la strada, un evento banale di per sé, diventa per il protagonista un’occasione irripetibile di avere una creatura vivente al suo fianco.

Per quanto riguarda gli aspetti tecnici: la regia è ottima e le scene più concitate sono inserite bene all’interno del girato, risultando sempre credibili e mai di troppo, soprattutto nella catartica scena d’azione finale. La durata della pellicola (appena 90 minuti) previene il rischio di annoiarsi e la recitazione è convincente e retta interamente sulle spalle di tre attori navigati e in ottima forma come Anders Danielsen Lie, Golshifteh Farahani e Denis Lavant.

Di tutti i comparti tecnici, assume un ruolo particolare, la musica che non si impone con forza imperiosa, ma è soltanto una dolce melodia che Sam ritrova accidentalmente nelle cose comuni: il movimento ritmico di oggetti ordinari e il tintinnare di bicchieri e tazze che sotto le mani esperte del musicista diventano un prezioso svago e l’unico appiglio per la sua precaria salute mentale.

I meriti di questo film

Come al solito, il cinema francese dimostra al mondo tutta la propria freschezza cinema e la forza del proprio circuito indipendente, il migliore di tutta Europa, insieme a quello spagnolo. Sarebbe del tutto impensabile provare a produrre una pellicola del genere in Italia. L’uso sapiente del budget riesce a coprire la sua ristrettezza e il risultato finale è degno dei migliori film hollywoodiani di genere.

Oggi, centinaia di pellicole stantie su questo tema affollano i cinema, sono miscugli di splatter, azione, commedia e dramma abbozzato come World War Z, Army of the dead e Benvenuti a Zombieland. Buoni incassi, dimenticati presto dal pubblico. Uno scenario da kolossal tutt’altro che polifonico del genere zombie.

La notte ha divorato il mondo ci propone una dimensione più raccolta e intima. Mettendo al centro della storia non l’effimero spettacolo offertoci dal mostro, bensì il dramma dell’uomo comune alle prese con la catastrofe. Da questo punto di vista, qualunque tragedia poteva rappresentare l’evento scatenante del film. Sam, anonimo e incapace, poteva essere chiunque, come noi.

E probabilmente anche noi avremmo compiuto la scelta di rimanere nel rifugio rispetto all’orrore del mondo esterno. Tuttavia sarà proprio questa decisione a farlo sprofondare nella follia. È un esempio perfetto di cinema realista e partecipativo per lo spettatore, in cui il contesto fantastico fa assumere alla storia una sfumatura – non un senso – in più.

Ritorno alle origini

In tanti hanno acclamato La notte ha divorato il mondo come film rivoluzionario e innovatore del suo genere. Quasi nessuno lo identifica per ciò che è: un omaggio. Un solenne atto di riconoscimento nei confronti dell’opera del creatore degli zombie, George A. Romero, autore di veri capolavori di claustrofobia e introspezione in cui uomini barricati dentro case e centri commerciali si rivelano più temibili dei morti viventi che li assediano (come ad esempio L’alba dei morti viventi, del 1978)

La notte ha divorato il mondo è un ritorno a queste origini, verso le possibilità più drammatiche e autoriali del genere. Purtroppo Romero non è riuscito a vedere questo piccolo capolavoro, uscito un anno dopo la sua morte (16 luglio 2017), ma non c’è alcun dubbio che lo avrebbe apprezzato.

Mi dispiace che non ci sia più un certo tipo di serietà in queste storie. È vero, sono diventate un prodotto ed è un peccato, almeno per me.

George A. Romero (intervista)

Giorgio Ruffino

(In copertina una locandina da La notte ha divorato il mondo, disponibile a noleggio su Apple TV)

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