Cronaca

Siamo tutti testimoni di giustizia – Rocco Mangiardi e la scelta della libertà

Rocco Mangiardi

La storia di Rocco Mangiardi sarebbe dovuta essere quella di un semplice cittadino. Invece, il terribile scontro con la criminalità organizzata l’ha trasformato in un esempio di coraggio e senso civico.


A Lamezia Terme, una città di 70.000 abitanti in provincia di Catanzaro, la presenza dell’ndrangheta e della cosca gestita da Pasquale Giampà condiziona pesantemente la vita dei cittadini. Infatti, in Via del Progresso, “pagano tutti dalla A alla Z”, dice Rocco Mangiardi, citando il boss mafioso. Con questo intende dire che tutti i commercianti, ristoratori e negozianti pagano un pizzo stabilito dalla cosca per poter operare sul territorio e ricevere protezione. La pena nel caso si rifiutassero? Veder bruciare la propria attività.

Un “regalino” di 1200 euro

Rocco Mangiardi è un uomo che nella vita si è trovato a fare una scelta: quella di stare dalla parte della giustizia, del bene, perché “non siamo tutti cattivi”, dice. Ha avviato la sua attività commerciale – oggi MANGIARDI AUTOMOTIVE SRL – quando aveva 15 anni, e si è allargato fino al 2006 quando, un giorno, quattro uomini si sono presentati in negozio, chiedendo un “regalino” di 1200 euro per poter continuare l’attività indisturbato. 1200 euro è la busta paga che un dipendente di MANGIARDI AUTOMOTIVE guadagnava al mese nel 2006 e Rocco, per poter pagare quella somma, avrebbe dovuto licenziare uno dei suoi dipendenti.

“Non è vero che la mafia crea lavori, come vogliono far credere”, afferma, “la mafia non vuole che la gente stia bene, vuole che le persone stiano male, così devono andare a chiedere dei favori ai mafiosi, invece di poter godere dei propri diritti”. Tornato a casa quella sera, Rocco ha raccontato alla famiglia quello che era successo nel pomeriggio in negozio, e negli occhi di sua figlia, allora diciottenne, ha letto “guai a te se ti arrendi e paghi”. Questo ha confermato la sua determinazione a non arrendersi, non sottomettersi ai prepotenti e a non vendere la sua libertà in cambio di protezione. La mattina dopo, dunque, è andato a denunciare i responsabili.

Rocco Mangiardi

20 giorni di attesa

Le forze dell’ordine hanno chiesto a Rocco di dimostrare che stesse dicendo la verità e di collaborare per fornire le prove necessarie. Per indagare il caso e arrestare gli uomini coinvolti, sarebbero serviti 20 giorni. Rocco ha organizzato un altro incontro con Pasquale, mentre la polizia intercettavachiamate e metteva microchip nell’officina, nei camion e su Via del Progresso, e ha detto al boss che non poteva pagare più di 250 euro.

Il boss, già arrabbiato per i giorni di ritardo coi quali Rocco si era presentato all’appuntamento, ha affermato che se fosse arrivato il giorno dopo avrebbe fatto bruciare il negozio. Rocco, terrorizzato e sconvolto dalla minaccia, non si è però lasciato dissuadere ed ha chiesto 20 giorni di tempo, dicendo che doveva andare a Milano con la moglie per motivi di famiglia. Pasquale si è detto d’accordo. 20 giorni dopo il boss mafioso e altri 3 uomini, tra cui un ragazzo di 20 anni, Angelo, sono stati arrestati.

Una reazione a catena: testimoni e rivelazioni

A causa delle prove insufficienti, è stato chiesto a Rocco di testimoniare in tribunale. Questo evento viene definito da Rocco “la cosa migliore che gli potesse accadere”, in quanto ha portato non solo alla condanna di Pasquale e degli uomini coinvolti nell’estorsione, ma anche al pentimento di Angelo, che tramite le sue dichiarazioni ha permesso di risalire a numerosi altri omicidi di cui Pasquale era il mandante. Queste rivelazioni hanno condotto al pentimento di 24 ulteriori testimoni e a una quasi sconfitta della cosca di Lamezia Terme.

Il processo ha fatto capire a Rocco che stava facendo la scelta giusta, che la paura esiste finché siamo soli ed isolati e crediamo che il male sia invincibile. Ma  se parliamo e facciamo sentire la nostra voce, anche i nemici più potenti possono essere sconfitti. Rocco afferma: “In tribunale ho capito che il mio dito puntato valeva molto più delle loro pistole”. Aggiunge che quel giorno i mafiosi erano terrorizzati, incapaci di reagire nella loro impotenza ed incapacità di difendersi, sconfitti per la prima volta da un uomo e dalla sua voce. Il sindaco della città, Gianni Speranza, si è costituito parte civile, il che ha giocato a favore di Rocco e ha spinto il giudice a disporre a favore di MANGIARDI AUTOMOTIVE e di Rocco. 

Un business di omicidi finanziati dai soldi del pizzo

Durante le testimonianze dei pentiti è emerso che Angelo, arruolato da Pasquale perché “fragile” per aver perso il padre e lo zio – fatti uccidere da Pasquale stesso, come si è scoperto durante le investigazioni – ha deciso di pentirsi grazie alle parole che Rocco ha usato quel giorno in tribunale. Infatti, Rocco ha affermato che i ragazzi ingannati dalle cosche come Angelo, che aveva visto crescere, non erano altro che pedine al servizio dei boss mafiosi che entravano in campo lottando e uccidendo al posto loro e per il loro profitto. In quel periodo, riporta Rocco, a causa di una guerra tra coschemorivanodue ragazzi alla settimana, in strada.

Angelo ha rivelato durante le interrogazioni di essere stato esecutore di almeno quattro omicidi, e Pasquale ha fatto luce su alcuni numeri relazionati agli assassinii: questi costano al mandante tra i 20000 ed i 25000euro, a seconda che se l’esecutore sia  locale o provenga da fuori. Rocco, riportando questi numeri, afferma: “Se io avessi accettato di pagare 1200 euro al mese dal 2006 ad oggi avrei finanziato l’assassinio di 14 persone, e probabilmente il mio. Coi mieisoldi non si uccide la gente”. E continua: “se io avessi acconsentito a dargli anche solo 1 euro, ora sarei loro, perché una volta che sei dentro non ne esci, e la tua vita non è più veramente tua”.

Una vita con la scorta: il prezzo della libertà 

Rocco vive sotto scorta dal 2006, ma solo in Calabria, dal momento che lo stato italiano ha tagliato i fondi destinati alla protezione dei testimoni di giustizia. Rocco afferma, però, che questo termine non gli è mai piaciuto: “tutti noi quando vediamo un’ingiustizia e decidiamo di ribellarci diventiamo, in qualche modo, testimoni di giustizia e perciò questo è un termine inadatto, che andrebbe sostituito con testimoni di pace, quali siamo, come cittadini che vivono al servizio del bene”.

Alla domanda del perché abbia deciso di fidarsi delle forze dell’ordine e di denunciare l’estorsione, risponde: “il bene è ovunque, non sono tutti cattivi. Io ho deciso di fidarmi e mi è andata bene, perché se non ci si fida di nessuno non si va da nessuna parte. Qualcuno mi ha aiutato, e grazie a ciò io sono riuscito a non diventare vittima di ingiustizia”. 

L’omertà: un mostro da combattere

Rocco sottolinea che la nuova generazione è differente dalla sua e che oggi Lamezia Terme è diversa

Parla di un forno in centro al paese, di proprietà dei fratelli Angotti, che è stato fatto esplodere con una bomba quando è passato in mano ai figli del proprietario, dato che si sono rifiutati di pagare il pizzo alla cosca. Questi, invece di restare paralizzati dal terrore, hanno deciso di reagire, unendo gli sforzi e ricostruendo il forno in due settimane con l’aiuto degli amici.

Rocco racconta di essere andato a comprare il pane una mattina presto per non dare nell’occhio, e di essere stato riconosciuto e ringraziato: “Tu non ci conosci, ma noi sappiamo chi sei. Se abbiamo avuto il coraggio di fare ciò che abbiamo fatto è anche grazie a te”, ci dice riportando le parole dei fratelli. Rocco afferma che, sebbene l’omertà sia ancora diffusa, la società sta cambiando, e sostiene che “più silenzio c’è e più loro lavorano: proprio per questo bisogna rompere il silenzio e sconfiggere la paura”.

Rocco Mangiardi

Meno uccisioni e più corruzione: un maxi-processo nell’ombra

Alla domanda su come operi la mafiaoggi, Rocco risponde che ci sono e ci saranno sempre meno uccisioni e piùcorruzione. A sostegno della sua tesi, porta come esempio il processo Rinascita Scott, iniziato a Lamezia Terme il 19 dicembre 2019, che finora ha portato ad oltre 400 arresti e che coinvolge 1200 avvocati nel vibonese. Di questo processo, però, non si parla quasi mai a causa degli interessi che i politici locali e nazionali hanno a tenere il processo in sordina, a causa dell’alto numero di politici indagati nel processo. Cita anche l’esempio del giudice Petrini, arrestato a Lamezia, che assolveva i mafiosi in cambio di “regalini”: vacanze, donne, bustarelle piene di denaro per la moglie.

Fa inoltre un accenno al fatto che la maggior parte dei politici e dei giudici oggi si dica credente, obiettando che il Vangelo di Luca dice “non maltrattate, non estorcete […] accontentatevi della vostra paga” aggiungendo che se questi fossero davvero uomini di fede non andrebbero solamente in chiesa la domenica, ma seguirebbero questi precetti come fa Rosario Livatino, rifiutando il vino nel film “Il Giudice Ragazzino” e seguendo i propri ideali di giustizia.

Paura e speranza 

Rocco dice di avere avuto paura, che nelle registrazioni fatte nel suo camion prima degli arresti la polizia lo ha sentito pregare, ma non se ne vergogna. Si dice un uomo che, nella sua minutezza fisica, ha deciso di non sottomettersi all’ingiustizia e di proteggere la propria libertà e quella della sua famiglia ad ogni costo, anche quello della vita. Afferma di avere ricevuto minacce sotto forma di lettere negli ultimi anni, mandate con la speranza che venissero pubblicate e spargessero nuovamente il terrore all’interno della comunità, ma per Rocco il modo per contrastare questi intenti è semplicemente non pubblicarle.

Dice che prima di Natale un anno ha trovato delle croci disegnate sui bidoni davanti all’officina con l’obiettivo di togliere la serenità a lui ed alla sua famiglia in un momento di spensieratezza e festa. La sua reazione? Girare i bidoni dall’altra parte e continuare la sua vita. Alla domanda se abbia mai pensato di andarsene da Lamezia, dalla Calabria, risponde: “Quando mi hanno offerto di essere trasferito in una località diversa ho rifiutato. Perché dovrei andarmene io? Denuncio la mafia e me ne devo andare? Io voglio restare, andarmene sarebbe una sconfitta”. 

E così Rocco Mangiardi resta, racconta la sua storia, e invita chi lo ascolta a rimanere e scegliere di stare dalla parte giusta, quella del bene.

Rocco Mangiardi
Un’immagine di Rocco Mangiardi insieme a Maura Orengo, presidentessa di Libera Imperia. Si ringrazia Greta Murgia per la gentile concessione.

Greta Murgia

(immagine di copertina da Shutterstock)

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