
L’Italia sta affrontando una crisi energetica significativa. A causa della guerra in Ucraina e ai rincari dovuti alla crisi economica post covid, è di fondamentale importanza lavorare per l’indipendenza energetica del nostro Paese. L’energia nucleare rappresenta una possibilità concreta da non sottovalutare.
La guerra in Ucraina sta mettendo a dura prova il sistema energetico italiano. Molti membri dell’Unione Europea, tra cui l’Italia, dipendono dal gas russo e dalle risorse provenienti dall’est Europa. Per ora il piano del Governo sembra essere indirizzato alla ricerca di nuovi fornitori (come Libia, Algeria e Qatar). Questo atteggiamento però non proteggerà di certo il nostro Paese da eventuali crisi future; ora più che mai è importante puntare all’indipendenza energetica e il nucleare può rappresentare la svolta decisiva.
La storia dell’energia nucleare in Italia
L’utilizzo dell’energia nucleare in Italia ha avuto luogo tra il 1963 e il 1990. In quegli anni nel Paese erano attive ben 4 centrali, collocate rispettivamente a Trino, Caorso, Latina e Sessa Aurunca. Dopo una prima fase in cui era opinione condivisa che il nucleare rappresentasse il futuro energetico dell’Italia, nella seconda metà degli anni ’70 sorsero i primi dubbi sulla sua sicurezza. Nel 1982 si arrivò alla chiusura dell’impianto di Sessa Aurunca, a causa di un guasto la cui riparazione avrebbe generato una perdita economica considerevole.
Nel 1986 l’Europa assistette al disastro di Chernobyl, a seguito del quale venne sprigionata una nube tossica, carica di particelle radioattive, che nel giro di pochi giorni si espanse in tutto il continente. In poco tempo l’opinione pubblica sul nucleare cambiò radicalmente spingendo i Governi Goria, De Mita e Andreotti a porre fine all’esperienza nucleare in Italia. Nel 2008, a causa della crisi economica e dell’impennata dei prezzi di gas e petrolio, il Governo Berlusconi decise di ripristinare un programma finalizzato alla riapertura di centrali nucleari. Purtroppo, nel 2011 l’incidente presso la centrale di Fukushima in Giappone portò nuovamente ad un referendum nel quale il 94% dei votanti rifiutò il nucleare per l’Italia.
Le moderne centrali nucleari
Il principio fisico alla base delle moderne centrali termonucleari è semplice: si spezzano i nuclei di atomi radioattivi (fissione nucleare) per sfruttare l’energia liberata in questo processo. Nelle centrali di solito si usa l’uranio (in particolare l’isotopo 235U), perché è l’unico elemento fissile esistente in natura in quantità apprezzabili. Nel reattore di una centrale, all’interno di tubi metallici, si posizionano delle pastiglie di uranio che vengono “bombardate” con dei neutroni. A questo punto i nuclei di 235U, spezzandosi, liberano altri neutroni in grado di innescare una catena di reazioni di rottura di nuclei vicini. L’acqua (o un altro liquido refrigerante), che circonda le barre di uranio, assorbe l’energia prodotta nel processo e si surriscalda. A questo punto l’acqua evapora e genera una corrente d’aria che mette in moto delle turbine che possono dunque produrre energia elettrica.
Nelle centrali moderne si sono raggiunti livelli di sicurezza eccezionali. In ogni impianto ci sono quattro barriere interposte tra il nocciolo, sede del materiale radioattivo, e l’ambiente esterno. Tra queste abbiamo l’edificio di contenimento, appositamente progettato sia per proteggere l’esterno da eventuali incidenti sia per garantire la sicurezza del reattore nel caso di catastrofi naturali o attacchi terroristici. Tale struttura può sopportare l’impatto di un aereo ed è resistente nel caso di sismi di massima intensità. Molto importante è anche il circuito di raffreddamento del nocciolo che ha lo scopo di evitare un eccessivo surriscaldamento del reattore, potenzialmente in grado di indurne la fusione. Il nocciolo è infine protetto da barre di cadmio che hanno il compito di schermare l’esterno del reattore, impedendo il passaggio di neutroni liberi; tramite l’azione di queste barre è possibile regolare la potenza del reattore e controllarne lo spegnimento in caso di emergenza.
I vantaggi dell’energia nucleare
Il nucleare è insieme a l’eolico la fonte di energia che emette la minor quantità di anidride carbonica, considerando l’intero ciclo produttivo (dall’estrazione dell’uranio allo smantellamento delle centrali). Rappresenta dunque una possibilità in grado di abbattere le emissioni di CO2 che contribuiscono ai cambiamenti climatici attualmente in atto. Altro punto di forza del nucleare è l’altissima densità energetica: con piccole quantità di uranio si riesce a produrre una mole enorme di energia. Ad esempio, con un solo chilogrammo di uranio è possibile arrivare a generare una quantità di energia 100.000 volte superiore a quella che si potrebbe produrre partendo da un chilo di carbone o benzina. Di conseguenza, con un numero esiguo di centrali (e quindi con pochi chilometri quadrati dedicati alla costruzione degli impianti) si possono alimentare aree molto estese e popolate.
Paradossalmente, il nucleare produce meno scorie di qualsiasi altra fonte energetica. Considerando i consumi attuali, la quantità media di scorie generata dal fabbisogno energetico di un individuo, per tutta la durata della vita, è pari alle dimensioni di una lattina di Coca Cola. Inoltre, contrariamente a quanto si pensa, ad oggi, le tecnologie per lo smaltimento e il riutilizzo di combustibile “esausto” sono consolidate e sicure. Il nucleare garantisce infine grande equilibrio geopolitico poiché l’uranio è equamente distribuito nel mondo. Molti paesi potrebbero facilmente giungere all’indipendenza energetica se estraessero questo combustibile dal mare.
Transizione ecologica e futuro
Ormai è chiaro che il ricorso ai combustibili fossili come fonte energetica primaria sia una strada destinata a chiudersi. Non solo in Italia, ma in tutto il mondo bisogna accelerare nella transizione ecologica. L’utilizzo delle fonti rinnovabili (eolico, solare, idroelettrico, biomasse, geotermico) purtroppo è ancora molto limitato. Bisogna poi tener conto del fatto che lo sfruttamento dell’energia eolica e di quella solare (le due fonti rinnovabili più comuni e comode) richiede l’impiego di molto spazio. Il rischio di deturpare l’ambiente da un punto di vista paesaggistico è dunque alto. Se si fa un confronto tra fonti rinnovabili ed energia nucleare il divario è lampante; per produrre la stessa quantità di energia l’eolico e il solare dovrebbero occupare rispettivamente uno spazio 400 e 450 volte superiore rispetto a quello destinato a eventuali centrali nucleari.
Altro aspetto da non sottovalutare riguarda la disponibilità di riserve di combustibile nucleare: secondo stime recenti, sul nostro pianeta abbiamo sufficiente uranio per produrre energia per altri 25.000 anni. Se l’Italia vuole davvero superare la crisi energetica che sta portando famiglie e imprese al collasso è necessario agire in fretta. Allo stato attuale il ricorso all’energia nucleare sembra essere la strada migliore per combattere i cambiamenti climatici e per aspirare all’indipendenza energetica. Il nostro Paese ha speso ben 120 miliardi in incentivi per le fonti rinnovabili. Nonostante ciò, l’Italia importa gran parte dell’energia dall’estero. Se gli stessi soldi fossero stati destinati al nucleare ora il fabbisogno energetico sarebbe interamente coperto e i combustibili fossili sarebbero stati già eliminati.
Diego Bottoni
(In copertina immagine da Pixabay)