Lo stato specchio del popolo
La Russia non è Putin, così come gli USA non erano Trump e l’Italia non era Berlusconi. Lo si sente dire spesso in seguito alle sanzioni imposte ai cittadini russi, alcuni dei quali scelgono di fuggire dal Paese. Eppure qualcosa non mi torna: se, come affermava Platone, lo Stato altro non è che lo specchio di una data comunità, allora forse ogni nazione si merita il proprio leader. A questa tesi dà credito una nota citazione di George Carlin, che in uno dei suoi show prende di mira i soliti cittadini insoddisfatti della classe politica:
Everybody says they suck. Well, where do people think these politicians come from? They don’t fall out of the sky. […] They come from American parents and American families. […]This is the best we can do folks. This is what we have to offer. It’s what our system produces: garbage in, garbage out. If you have selfish, ignorant citizens, you’re going to get selfish, ignorant leaders.
George Carlin
La politica siamo noi
I politici, quest’entità percepita come estranea, appartenente ad un altro mondo, non sono altro che i nostri vecchi compagni di banco, i nostri vecchi vicini, magari i nostri stessi famigliari. In essi è espressa l’etica e la cultura di un Paese. Si potrebbe dire che, se un dato personaggio arriva a ricoprire un certo ruolo, questo è dovuto ad un appoggio duraturo di una buona fetta della popolazione, o almeno di quella necessaria a soffocare eventuali rivolte.
Decenni dopo la caduta dei regimi che li opprimevano, molti paesi fanno ancora fatica a cambiare pelle, dimostrando che la rivoluzione concreta non è pensabile senza un radicale cambiamento nelle interazioni sociali, nei valori, nei nuclei famigliari. Che sia questo il caso nello specifico della Russia, è difficile stabilirlo; ma bisogna domandarsi se la stessa società russa non abbia delle responsabilità in tutta questa faccenda – in questa guerra.
Ma probabilmente no
Questa mia convinzione, però, ogni tanto vacilla. Mi è capitato leggendo Velimir Chlebnikov. Questo sfortunato poeta russo nei suoi versi ribadisce la sua radicale estraneità rispetto allo Stato, al potere politico:
Per me è molto più piacevole
guardare le stelle
che firmare una condanna a morte.
Per me è molto più piacevole
ascoltare la voce dei fiori,
che sussurrano «È lui»
chinando la testolina,
quando attraverso il giardino,
che vedere gli scuri fucili della guardia
uccidere quelli
che vogliono uccidere me.
Ecco perché io non sarò mai,
e poi mai, un Governante.
Velimir Chlebnikov
Dal sacco
per terra si son sparse le cose.
e io penso che il mondo
è solo un sogghigno
che brucia appena
sulle labbra di un impiccato.
Velimir Chlebnikov
Forse Platone si sbagliava; forse la nostra realtà politica è talmente complessa da diventare indecifrabile: un’astrazione senza regole, un sadico gioco col punteggio segnato sulla pelle della gente al fronte. La babushka del villaggio probabilmente non sa nemmeno chi sia Putin. Ma, se fosse davvero così, verrebbe da chiedersi se abbia senso proclamarsi una democrazia. Districarsi tra corruzione, favoreggiamenti, giochi di potere e crimini sottobanco pare ormai impossibile. Il mondo è troppo complesso, e noi troppo poco lungimiranti.
Jon Mucogllava
(In copertina immagine da Unsplash)
Per approfondire: Guida alla Guerra in Ucraina con gli articoli di Giovani Reporter, con tutti i nostri articoli sul tema.
Hot Topic! è una rubrica curata da Alessandro Bitondo, Camilla Galeri, Jon Mucogllava e Alessandro Sorrenti.